LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende per legge;
– ricorrente –
contro
F.M.P., D.L.G., M.C., G.P., D.S.S., A.P., GI.GI., MINISTERO DELLA SALUTE *****, MINISTERO ECONOMIA FINANZE *****, MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA *****;
– intimati –
nonchè da:
F.M.P., D.S.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato CONTALDI MARIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GAMMAROTA MARIAGRAZIA giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrenti incidentali –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA *****;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1009/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/07/2018 dal Consigliere Dott. DELL’UTRI MARCO.
RILEVATO
che, con sentenza resa in data 6/8/2015, la Corte d’appello di Genova, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e in parziale riforma della sentenza di primo grado, per quel che ancora rileva in questa sede, ha confermato la condanna emessa dal giudice di primo grado nei confronti dello Stato italiano, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, per il risarcimento dei danni subiti, tra gli altri, da F.M.P. a seguito del mancato recepimento, da parte dello Stato italiano, delle direttive comunitarie 75/363/CEE e 82/76/CEE, avendo la F., dopo il conseguimento della laurea in medicina, frequentato il corso di specializzazione in radiodiagnostica (dall’anno accademico 1980/81 all’anno accademico 1983/84), senza percepire l’equa remunerazione al riguardo prevista dalla disciplina comunitaria a carico di ciascuno Stato nazionale;
che, con la medesima decisione, la corte territoriale, in riforma della sentenza del primo giudice, ha rigettato la domanda di analogo tenore proposta da D.S.S.;
che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale, disattesa ogni altra eccezione sollevata dalla difesa erariale, ha sottolineato il carattere incontestato dell’inadempimento dello Stato italiano, rispetto all’obbligazione dedotta in giudizio dalla F., conseguentemente provvedendo alla liquidazione in termini monetari di quanto a quest’ultima dovuto;
che, viceversa, con riguardo alla domanda proposta da D.S.S., il giudice a quo ha escluso i presupposti per il relativo accoglimento, essendosi la D.S. iscritta alla scuola di specializzazione prima del 31/12/1982, e quindi prima della data fissata dalla normativa comunitaria per il recepimento delle direttive dedotte in giudizio;
che, avverso la sentenza d’appello, la Presidenza del Consiglio dei Ministri propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;
che F.M.P. resiste con controricorso, mentre, con il medesimo atto, D.S.S. propone ricorso incidentale affidato a due motivi d’impugnazione;
che nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;
che le parti costituite hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
che, con l’unico motivo d’impugnazione proposto, la Presidenza del Consiglio dei Ministri censura la sentenza impugnata per violazione della direttiva CEE 75/362, 75/363, 82/76, 93-16; nonchè per violazione della L. n. 370 del 1999 e dell’art. 2043 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente riconosciuto il diritto di F.M.P. al conseguimento del beneficio dalla stessa rivendicato, essendosi quest’ultima iscritta alla scuola di specializzazione in radiodiagnostica nell’anno accademico 1980/81, e, pertanto, prima della scadenza del termine stabilito per il recepimento, da parte dello Stato italiano, della disciplina comunitaria dedotta in giudizio a fondamento della remunera-zione oggetto d’esame;
che il motivo è fondato;
che, al riguardo, osserva il Collegio come secondo la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea emessa in data 24/1/2018, “l’art. 2, paragrafo 1, lett. c), l’art. 3, paragrafi 1 e 2, nonchè l’allegato della direttiva 75/363/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico, come modificata dalla direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982, devono essere interpretati nel senso che qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, a condizione che tale formazione riguardi una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri ovvero a due o più di essi e menzionata negli artt. 5 o 7 della direttiva 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi”;
che, in particolare, detta sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea precisa che “l’art. 2, paragrafo 1, lett. c), l’art. 3, paragrafi 1 e 2, nonchè l’allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che l’esistenza dell’obbligo, per uno Stato membro, di prevedere una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 non dipende dall’adozione, da parte di tale Stato, di misure di trasposizione della direttiva 82/76. Il giudice nazionale è tenuto, quando applica disposizioni di diritto nazionale, precedenti o successive ad una direttiva, ad interpretarle, quanto più possibile, alla luce del tenore letterale e della finalità di queste direttive. Nel caso in cui, a motivo dell’assenza di misure nazionali di trasposizione della direttiva 82/76, il risultato prescritto da quest’ultima non possa essere raggiunto per via interpretativa prendendo in considerazione il diritto interno nella sua globalità e applicando i metodi di interpretazione da questo riconosciuti, il diritto dell’Unione impone allo Stato membro in questione di risarcire i danni che esso abbia causato ai singoli in ragione della mancata trasposizione della direttiva sopra citata. Spetta al giudice del rinvio verificare se l’insieme delle condizioni enunciate in proposito dalla giurisprudenza della Corte sia soddisfatto affinchè, in forza del diritto dell’Unione, sorga la responsabilità di tale Stato membro”;
che, infine, “l’art. 2, paragrafo 1, lett. c), l’art. 3, paragrafi 1 e 2, nonchè l’allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per la formazione a tempo pieno e a tempo ridotto dei medici specialisti iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa”;
che, in forza di tale pronuncia, le Sezioni Unite di questa Corte di cassazione hanno affermato come la doverosa ottemperanza all’interpretazione delle disposizioni delle direttive richiamate offerta dalla Corte di Giustizia imponga il riconoscimento, in favore dei medici iscritti ai corsi di specializzazione per l’anno accademico 1982-1983 del risarcimento del danno subito, a seguito del mancato recepimento della disciplina comunitaria, a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa (Sez. U, Sentenza n. 19107 del 2018);
che, sotto altro profilo, secondo il più recente insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, il richiamato dictum della Corte di Giustizia dell’Unione Europea è valso a confermare il principio in forza del quale il diritto all’adeguata remunerazione – spettante per “qualsiasi formazione a tempo pieno iniziata nel corso dell’anno 1982” non può essere riconosciuto in relazione alle specializzazioni iniziate negli anni precedenti (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 13763 del 2018);
che, infatti, come noto, la (allora) Comunità Europea nel 1975 volle dettare norme uniformi per “agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di medico”, e lo fece con due direttive coeve: la direttiva 75/362/CEE e la direttiva 75/363/CEE, ambedue del 16.6.1975;
che la prima di tali direttive sancì l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere l’efficacia giuridica dei diplomi rilasciati dagli altri Stati membri per l’esercizio della professione di medico, mentre la seconda dettò i requisiti minimi necessari affinchè il suddetto riconoscimento potesse avvenire, tra i quali la durata minima del corso di laurea e la frequentazione a tempo pieno di una “formazione specializzata”;
che l’una e l’altra di tali direttive vennero modificate qualche anno dopo dalla Direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982;
che l’art. 13 di tale ultima direttiva aggiunse alla Direttiva 75/363/CEE un “Allegato”, contenente le “caratteristiche della formazione a tempo pieno (…) dei medici specialisti”;
che l’art. 1, comma terzo, ultimo periodo, di tale allegato sancì il principio per cui la formazione professionale “forma oggetto di una adeguata rimunerazione”;
che la direttiva 82/76/CEE venne approvata dal Consiglio il 26.1.1982, venne notificata agli Stati membri (e quindi entrò in vigore) il 29.1.1982, e venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. L43 del 15.2.1982;
che l’art. 16 della medesima direttiva imponeva agli Stati membri di conformarvisi “entro e non oltre il 31 dicembre 1982”;
che, pertanto:
(a) l’ordinamento comunitario attribuì ai medici specializzandi il diritto alla retribuzione a far data dal 29.1.1982;
(b) gli stati membri avevano tempo sino al 31.12.1982 dello stesso anno per dare attuazione al precetto comunitario;
che da tali premesse consegue che “qualsiasi formazione a tempo pieno come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata”, così come stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, con sentenza 24 gennaio 2018, in causa C-616/16, Presidenza del Consiglio c. Pantuso;
che, come precedentemente indicato, la medesima sentenza ha precisato che, per coloro che hanno iniziato i corsi di specializzazione durante l’anno 1982, la remunerazione adeguata deve essere corrisposta per il periodo di formazione a partire dal 1^ gennaio 1983 fino alla conclusione, dal momento che prima di tale data gli Stati membri avevano la facoltà di dare o non dare attuazione alla direttiva;
che la Corte di giustizia, nella sentenza appena ricordata, ha dunque distinto tre categorie di specializzandi:
1) quelli che hanno iniziato la specializzazione prima del 29 gennaio 1982 (data di entrata in vigore della direttiva 82 del 1976), i quali non hanno diritto ad alcuna remunerazione;
2) quelli che hanno iniziato la specializzazione nel corso dell’anno 1982, i quali hanno diritto alla remunerazione a partire dal 1^ gennaio 1983;
3) quelli che hanno iniziato la specializzazione dopo il 1^ gennaio 1983, i quali hanno diritto alla remunerazione per l’intera durata del ricorso;
che, nel caso di specie, risalendo l’iscrizione (e dunque l’inizio) del corso di specializzazione dedotto in giudizio dalla F. a un’epoca anteriore al 1982 (trattandosi della dedotta frequentazione del corso di specializzazione in radiodiagnostica iniziato nell’anno accademico 1980/81), deve escludersi la sussistenza di alcun inadempimento, in capo allo Stato italiano, all’obbligo di recepimento delle direttive comunitarie dedotte in giudizio;
che, pertanto, in accoglimento del ricorso principale proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dev’essere disposta la conseguente cassazione della sentenza impugnata;
che, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, ritiene il Collegio di poter decidere nel merito, disponendo il rigetto della domanda proposta da F.M.P.;
che, in ragione della complessità delle questioni giuridiche trattate in relazione alla lite tra le Presidenza del Consiglio e F.M.P., devono ritenersi sussistenti i presupposti per la compensazione, tra le ridette parti, delle spese di tutti i gradi del giudizio di merito e del presente giudizio di legittimità;
che, con il primo motivo del ricorso incidentale, D.S.S. censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., per avere la corte territoriale erroneamente rilevato d’ufficio l’eccezione relativa alla carenza, in capo alla D.S., della titolarità del rapporto giuridico dalla stessa dedotto in giudizio, trattandosi di circostanza mai tempestivamente contestata dalla controparte;
che il motivo è infondato;
che, sul punto, osserva il Collegio come la corte d’appello abbia riconosciuto la (ritenuta) carenza, in capo alla D.S., della titolarità del rapporto giuridico dalla stessa dedotto in giudizio, in conformità al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa (risultanza nella specie rilevata, sia pure implicitamente, dallo stessa giudice a quo) (v. Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016, Rv. 638373 – 01);
che, pertanto, deve escludersi che detto rilievo, ad opera del giudice d’appello, sia avvenuto in violazione dei parametri normativi in questa sede dedotti dalla ricorrente incidentale;
che, con il secondo motivo, la ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione delle direttive CEE 75/362, 75/363, 82/76, nonchè per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, per avere la corte territoriale erroneamente respinto la domanda proposta dalla D.S., avendo quest’ultima completato il proprio corso di specializzazione nel 1987 (iniziato nell’anno accademico 1982/83), conseguentemente maturando il diritto al riconoscimento dell’equa remunerazione dedotta in giudizio;
che il motivo è fondato;
che, infatti, secondo quanto in precedenza indicato in relazione alla decisione del ricorso principale proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea emessa in data 24/1/2018, il diritto all’adeguata remunerazione prevista dalla disciplina comunitaria a carico di ciascuno Stato nazionale deve ritenersi spettante per “qualsiasi formazione a tempo pieno iniziata nel corso dell’anno 1982”, benchè la stessa sia destinata ad “essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa” (cfr. Sez. U, Sentenza n. 19107 del 2018 cit.);
che, nel caso di specie, il giudice a quo ha confermato il rigetto della domanda della D.S. sul presupposto dell’avvenuta immatricolazione della stessa “prima del 31/12/1982”;
che, l’odierna ricorrente incidentale ha dedotto di aver iniziato il corso di specializzazione in relazione al quale ha rivendicato l’inadempimento dello Stato italiano nel corso del 1982 (dopo aver conseguito la laurea in data 10/11/1982), per terminarlo nel 1987;
che, pertanto, in accoglimento della censura sul punto sollevata dalla ricorrente incidentale, occorre procedere alla cassazione della sentenza impugnata su tale specifico punto, affinchè il giudice del rinvio provveda all’accertamento dell’effettivo inizio, nel corso del 1982, del corso di specializzazione in relazione al quale la D.S. ha rivendicato l’inadempimento dello Stato italiano, con l’eventuale liquidazione del risarcimento alla stessa spettante per il periodo di frequenza del corso successivo al 1 gennaio 1983;
che, sulla base di tale premessa, in accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale (disatteso il primo), dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità tra la D.S. e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri; cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da F.M.P..
Dichiara integralmente compensate, tra F.M.P. e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, le spese di tutti i gradi del giudizio di merito e del presente giudizio di legittimità.
Accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale proposto da D.S.S. e, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche ai fini della regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018