LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –
Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. PERINU Renato – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16977/2011 R.G. proposto da:
S.A.M., vedova di Sa.An., rappresentata e difesa dall’Avv. Ferdinando Maria De Matteis, come da procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, Via di Porta Pinciana n. 4;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 81/37/2010, depositata il 12 maggio 2010;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 settembre 2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio.
RITENUTO IN FATTO
1. S.A.M., vedova di Sa.An., presentava istanza di rimborso alla Agenzia delle entrate, precisando che questi era un dipendente Enel, dirigente in quiescenza, che era un (“vecchio”) iscritto al fondo pensione già prima del 1993, che aveva ricevuto la liquidazione delle somme nell’anno 2000, che su tali somme era stata applicata la ritenuta Irpef dal Fondo pensione con l’aliquota del 32,99 % per l’importo di Lire 466.127.194, come tassazione separata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), che, invece, le somme dovevano essere gravate da una ritenuta del 12,5 sulla differenza tra il capitale corrisposto e l’importo dei premi riscossi e ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4), che le spettava la somma di Lire 289.510.343, pari ad Euro 149.519,61 (Lire 466.127.194 Irpef trattenuta – Lire 176.616.851 Irpef con aliquota al 12,5 %), poi ridotta nel corso del giudizio di primo grado ad Euro 138.692,38.
2. A fronte del diniego espresso di rimborso al contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, che lo rigettava.
3. La Commissione tributaria regionale respingeva l’appello della contribuente ravvisando la natura retributiva delle somme liquidate, in quanto il fondo era costituito con prevalenti versamenti dell’Enel ed una ridotta contribuzione del dipendente. L’aliquota del 12,5 % poteva applicarsi solo per i capitali derivanti da polizze assicurative. Si trattava di un trattamento di fine rapporto con “tutte le caratteristiche di una donazione indiretta”, quale “reddito aggiuntivo ai dipendenti”.
4. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la contribuente.
5. Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.
6. La contribuente depositava memoria scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “violazione o falsa applicazione della L. n. 482 del 1985, art. 6, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, lett. a, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17 e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4, del D.P.R. n. 449 del 1959, artt. 33, 36 e 75, nonchè del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 14 quater, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1366 c.c. e dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, nonchè ancora violazione o falsa degli artt. 1882,1883 e 1919 c.c., il tutto con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto l’accordo Enel/FNDAI del 16-4-1986 rappresenta un contratto assicurativo ai sensi dell’art. 1882 c.c. o, comunque, un contratto di capitalizzazione, assumendo particolare valore la certificazione rilasciata dall’Enel in data 7-12-2006.
2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5”, in quanto la motivazione della sentenza della Commissione regionale risulta “un confuso coacervo di asserzioni e richiami, certamente insufficiente a rispettare il generale obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali”. In particolare, in motivazione si fa riferimento all’esistenza di una “donazione indiretta”, in assenza dell’animus donandi, si menziona il contenuto di articoli pubblicati su una rivista in relazione ai valori fissati dal Tfr sin dal 1982, si evidenzia che il compenso erogato non è assimilato ad una polizza assicurativa, si menziona il mutamento normativo intervenuto negli anni in modo del tutto generico, si conclude per la qualificazione della erogazione quale “ulteriore retribuzione” di reddito da lavoro dipendente.
2. I motivi primo e secondo, che vanno trattati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono fondati.
3.1. Invero, deve partirsi dalla premessa che il coniuge della ricorrente è un “vecchio iscritto” al fondo, quindi prima del 1993, ed ha conseguito la liquidazione della prestazione entro l’anno 2000, sicchè a lui non può applicarsi la normativa successiva al 1 gennaio 2001.
3.2. Occorre dunque anzitutto rammentare che, a decorrere dal 1 gennaio 1986 (in base all’art. 12 CCNL del 16 maggio 1985, comma 4, recepito dall’Enel), venne prevista a favore dei dirigenti Enel la stipula di un’assicurazione sulla vita con la previsione contrattuale dell’erogazione di una prestazione al momento del collocamento a riposo.
Successivamente, sempre nel 1986 (16-4-1986), a seguito di apposita richiesta delle rappresentanze sindacali dei dirigenti, tale previsione venne modificata con l’accordo tra l’Enel e la Federazione nazionale dirigenti di aziende industriali (Fndai), in virtù del quale venne sostituito il trattamento assicurativo di cui sopra con un rapporto di previdenza pensionistica integrativa (c.d. P.I.A., ovvero Previdenza Integrativa Aziendale) con prestazioni da erogare in forma di trattamento periodico (ciò peraltro con efficacia retroattiva al 1 gennaio 1986, da ciò potendosi desumere che la disposizione che prevedeva la stipula di polizze vita di fatto non venne mai applicata).
Tale forma di previdenza venne però dismessa nel 1998 e i fondi accumulati trasferiti a Fondenel, Fondo di Previdenza integrativa esterno, chiamato a gestire una forma di previdenza complementare a capitalizzazione individuale, con diritto degli aderenti alla liquidazione dell’intero capitale in luogo della rendita vitalizia.
3.3. La Suprema Corte, a Sezioni Unite (22 giugno 2011, n. 13642), ha poi ritenuto che, in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dall’1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 cit., art. 16, comma 1, lett. a) e D.P.R. n. 917 cit., art. 17.
Il trattamento tributario dei “vecchi” iscritti, quindi prima del 21 aprile 1993, dipende dalla “composizione strutturale delle prestazioni”, che sono appunto composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole misura dal lavoratore) e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato.
4. Sul punto la successiva giurisprudenza di questa Corte (Cass. Civ., 26 aprile 2017 n. 10285 e Cass. Civ., 18 ottobre 2017, n. 24525; Cass. Civ., 7 marzo 2018, n. 5436) si è già attestata, con numerosi arresti, di gran lunga prevalenti su quelli di segno diverso, su una lettura del principio affermato dalle Sezioni Unite secondo la quale il predetto più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento, da parte del fondo, sul mercato finanziario, del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento.
Pertanto, l’applicazione del più favorevole meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (con aliquota del 12,5%), si giustifica in ragione della “equiparazione” tra i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e (quelli corrisposti in dipendenza di contratti) di capitalizzazione posta dall’art. 41 T.U.I.R. (ora art. 44), comma 1, lett. g-quater), e art. 42 T.U.I.R. (ora art. 45), comma 4, con applicazione analogica dell’art. 6 suddetto ai capitali corrisposti in dipendenza di contratti di capitalizzazione.
Solo se e in quanto, dunque, nei capitali corrisposti possano identificarsi “redditi di capitali derivanti da contratti di capitalizzazione” può giustificarsi l’applicazione del meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6, senza possibilità di operare alcuna distinzione tra PIA e Fondenel.
4.1.Resta dunque confermato che sono tassabili con l’aliquota del 12,5% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, i capitali maturati anteriormente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti al fondo di previdenza integrativa di che trattasi (P.I.A., poi Fondenel) prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, limitatamente a quella parte di essi costituita dal rendimento netto, derivante dalla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato.
Se da un lato, per quanto detto, tale requisito andrà ricercato anche per i capitali maturati e gli accantonamenti effettuati anteriormente alla trasformazione del fondo da P.I.A. a Fondenel, dall’altro, però, non v’è ragione di ulteriormente circoscrivere tale requisito ai soli (eventuali) investimenti nel mercato finanziario (strumenti finanziari, valori immobiliari), potendo assumere rilievo in tal senso anche altri tipi di mercato (es. mercato immobiliare).
4.2. E’ però certo da escludere che tale requisito possa considerarsi soddisfatto dall’essere il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività ottenuta sul mercato dell’intero patrimonio dell’Enel, poichè tale coerenza costituisce il risultato di una mera operazione matematica e non effettivamente il frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato.
5. La Commissione tributaria, quindi, non solo non ha applicato in modo corretto le norme richiamate nei motivi di ricorso per cassazione, ma non ha tenuto conto, nella sua motivazione, che dunque si palesa insufficiente, della circostanza che il contribuente era già iscritto al fondo prima del 21 aprile del 1993 (circostanza in atti pacifica) e che aveva ricevuto la liquidazione delle somme nell’anno 2000, prima del 1 gennaio 2001.
Inoltre, la motivazione è del tutto insufficiente, in quanto nella stessa s procede alla qualificazione delle somme erogate dall’Enel quale donazione indiretta, senza alcun approfondimento degli elementi costitutivi della stessa, si menzionano articoli di stampa, e si conclude per la natura di tali somme quale “ulteriore retribuzione” di reddito da lavoro autonomo, senza l’indicazione di un chiaro ed adeguato profilo argomentativo.
6. Può in conclusione enunciarsi, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, il seguente principio di diritto: “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 17 (nel testo vigente ratione temporis); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6, alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento. Sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato – non necessariamente finanziario – non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate”.
7. La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Commissione regionale del Lazio, in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto suindicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione regionale del Lazio, in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto suindicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018
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