Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27625 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina Anna Rosaria – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DELL'ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 449-2012 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA VENTIQUATTRO MAGGIO 43, presso lo STUDIO LEGALE CHIOMENTI, rappresentato e difeso dall’avvocato CORRADO GRANDE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI MACERATA, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimati –

Nonchè da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente incidentale –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA XXIV MAGGIO 43, presso lo STUDIO LEGALE CHIOMENTI, rappresentato e difeso dall’avvocato CORRADO GRANDE;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI MACERATA, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 94/2011 della COMM.TRIB.REG. di ANCONA, depositata il 01/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/10/2018 dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

C.A., di professione avvocato, ricorreva avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate di Macerata in relazione all’anno di imposta 2004 disconosceva l’inerenza, ai fini della determinazione del reddito professionale, di talune spese sostenute per l’importo di Euro 12.644,38 e, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, assoggettava a tassazione separata ai fini IRPEF la plusvalenza (quantificata in Euro 1.360.000,00) conseguita quale interponente a seguito della compravendita di un terreno da parte della società Samotracia sas di I.D. (interposta) a beneficio della Tamoil s.p.a.. La CTP di Macerata, con sentenza in data 16/1/2010, accoglieva parzialmente il ricorso limitatamente alle modalità di quantificazione della plusvalenza che rideterminava in Euro 1.100.000,00 (pari alla somma che era stata rinvenuta nella disponibilità del ricorrente).

Proposto appello principale da parte del contribuente ed appello incidentale da parte dell’Ufficio, con sentenza n. 94/7/2011 la C.T.R. di Ancona – Sez. 7 rigettava l’impugnazione del C., nonchè quella incidentale proposta dall’Ufficio. Condannava il C. a rifondere in favore dell’Ufficio la metà della spese di lite del grado liquidate come in dispositivo.

Con sei motivi, C.A. ricorre per la cassazione della decisione di appello. Con vittoria di spese di giudizio.

Controricorre l’Agenzia delle entrate, la quale chiede il rigetto del ricorso in quanto infondato. Con ricorso incidentale chiede di dichiarare inammissibile l’appello proposto dal contribuente. Con vittoria di spese e compensi di difesa.

Il contribuente, a confutazione del motivo di inammissibilità proposto dall’Agenzia con il ricorso incidentale, ha presentato controricorso evidenziando l’infondatezza dei motivi addotti.

Con requisitoria depositata in data 28/8/2018, il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate.

Tanto premesso, occorre esaminare in via pregiudiziale la questione relativa alla fondatezza o meno dell’eccezione di inammissibilità dell’appello del contribuente sollevata dall’Ufficio, trattandosi di questione il cui accoglimento determinerebbe l’irrevocabilità della decisione di primo grado. Al riguardo, l’Agenzia resistente, articolando uno specifico motivo nel ricorso incidentale, ha denunziato la violazione o falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, artt. 12 e 53 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per mancata sottoscrizione dell’atto di appello da parte del difensore abilitato (il rag. M.A.M.) a cui non sarebbe stata rilasciata una procura valida anche ad esercitare lo ius postulandi nel giudizio di impugnazione, in quanto da ritenersi limitata, per il suo tenore letterale, al giudizio di primo grado.

Ritiene il Collegio che la censura non sia fondata. Invero, anche a voler ritenere che vi sia stata un’espressa ed inequivoca volontà del contribuente di limitare l’efficacia della procura al primo grado di giudizio, con conseguente non pertinenza dell’orientamento giurisprudenziale citato dalla sentenza impugnata (secondo cui il mero riferimento alla formula “per il presente giudizio” – peraltro non presente nel caso in esame – soddisferebbe l’intento di conferire il mandato per l’intero giudizio), risulta che il contribuente è avvocato ed ha sottoscritto l’atto di appello. Posto che l’Ufficio non ha contestato nè tali circostanze, nè l’autografia di tale sottoscrizione, ne consegue che essendo l’avv. C. un difensore abilitato ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12 ben poteva appellare personalmente la sentenza. Il che rende superflua ogni ulteriore considerazione sulla tematica sollevata dall’Agenzia con riguardo all’applicabilità anche al processo tributario dell’art. 83 c.p.c., u.c.

Venendo ai motivi di ricorso del contribuente si osserva quanto segue.

Il primo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 163 TUIR e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67, sul rilievo che lo stesso presupposto di imposta sarebbe stato oggetto di tassazione tanto nei confronti della Samotracia s.a.s. di I.D. (società interposta venditrice del terreno) che nei confronti del ricorrente, è infondato. La doppia imposizione, infatti, si verifica soltanto nell’ipotesi di due avvisi di accertamento che assoggettino a tassazione il medesimo presupposto, ma non quando l’imposta venga chiesta in pagamento a fronte di due diversi titoli quali l’autoliquidazione (operata dal soggetto interposto, ossia la Samotracia s.a.s. di I.D., la quale non ha poi proceduto al versamento di quanto dovuto) e l’accertamento relativo alla plusvalenza operato nei confronti del ricorrente, ritenuto quale percettore finale del corrispettivo di vendita (Cass., n. 18917/2015; Cass., n. 1168/2008). Di ciò ha dato conto con motivazione congrua e scevra da vizi logici la sentenza impugnata.

Inammissibile ed infondato è anche il secondo motivo di ricorso con cui il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3. L’evoluzione dell’assetto nomofilattico contraddice l’interpretazione restrittiva proposta in tesi dal ricorrente, non esaurendo l’ipotesi della simulazione relativa (nell’ambito della quale può comprendersi anche l’interposizione fittizia) il campo di applicazione della disposizione censurata, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali, quale nella specie quella relativa al contratto di compravendita concluso tra la Samotracia s.a.s. di I.D. e la Tamoil s.p.a., società quest’ultima che ha comprato il terreno dal soggetto formalmente proprietario, lo ha regolarmente pagato, ignorando gli accordi elusivi intercorsi tra lo I. ed il C.. Quanto ai presupposti che legittimano l’Ufficio al controllo delle dichiarazioni D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37, comma 3, questa Corte ha ampliato la portata applicativa della disposizione, anche recentemente affermando, con orientamento che il Collegio condivide, che è pienamente valido l’accertamento con il quale il Fisco imputa al contribuente i redditi che siano formalmente di un soggetto interposto, quando in base a presunzioni gravi, precise e concordanti risulti che il contribuente ne è l’effettivo titolare, senza che si debba distinguere tra interposizione fittizia o reale (Cass., n. 15830/2016). L’art. 37, comma 3 (“sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona”) è norma, infatti, che si riferisce a qualsiasi ipotesi di interposizione, anche a quella reale, nè presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta, potendo l’elusione attuarsi anche mediante operazioni effettive e reali (Cass. n. 449/2013, 25671/2013, 21794/2014, 21952/2015, 4966/2017). La disposizione, infatti, intende stigmatizzare quelle operazioni volte ad aggirare la normativa fiscale, a prescindere dalla natura simulata o reale della stessa, e ciò anche alla luce del più generale principio del divieto di abuso del diritto.

Peraltro, la doglianza è anche inammissibile poichè muove dall’errato presupposto che nella vicenda de qua sia stata ritenuta dai giudici di merito l’interposizione fittizia, essendosi, al contrario evidenziato come il contratto di vendita dei terreni alla Tamoil (soggetto terzo acquirente inconsapevole) fosse del tutto efficace e facesse parte di un più generale disegno elusivo perseguito dal ricorrente per incamerare il corrispettivo della cessione e scaricare gli oneri fiscali sullo I.D. (soggetto non solvibile e non escutibile coattivamente). Non è stata dunque asseverato alcun accordo simulatorio volto a svuotare di contenuto gli effetti di tutti i contratti conclusi nella vicenda, tanto che sulla plusvalenza si è detratto anche il relativo costo sostenuto dalla società venditrice per il pregresso acquisto del terreno dalla Be.Ca. Agrinvest s.r.l.

Infondato è anche il terzo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione degli artt. 2727-2729 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3 e dell’art. 2697 c.c., sul rilievo dell’assenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza degli elementi posti a fondamento della dimostrazione del possesso di redditi da parte del contribuente. Invero, la sentenza impugnata, anche facendo richiamo a quella di primo grado ed agli esiti dell’accertamento (v. Cass. n. 22801/2009 a termini della quale risponde al modello legale la motivazione “per relationem”), lungi dall’aver ricavato la prova della realizzazione della plusvalenza esclusivamente dall’avvenuta constatazione della disponibilità da parte dell’avv. C. della somma di Euro 1.100.00,00, quale gran parte del ricavato delle vendita dei terreni, ha valorizzato, con motivazione congrua e scevra da vizi logici, una serie di ulteriori elementi fattuali connessi alle modalità della compravendita ed alla qualità delle parti intervenute (anche con riguardo alla pregressa fase di acquisto del bene poi ceduto), la cui combinazione logica depone ragionevolmente nel senso dimostrativo dell’intento elusivo perseguito dal ricorrente, alla luce anche dell’assenza di giustificazioni probanti da questi rese. In materia di presunzione va, infatti, ribadito che la valutazione della ricorrenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e la scelta dei fatti che costituiscono la base della presunzione ed il giudizio con cui si risale o desume il fatto ignoto è riservato al giudice di merito ed è censurabile in questa sede se non sorretto da adeguata motivazione (Cass., n. 3830/2010).

Inammissibile è il quarto motivo di ricorso con cui si deduce la contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo, da individuarsi nella sussistenza o meno della interposizione fittizia. Si è già in precedenza evidenziato che il thema decidendum va individuato nelle interposizione del possesso di reddito da parte del ricorrente (interponente e reale percettore del reddito) per il tramite della Samotracia- I. (essendosi poi la società trasformata in ditta individuale), attraverso lo strumento negoziale costituito dal contratto di compravendita; anche i comportamenti negoziali che si sostanziano nell’uso di uno strumento giuridico per un fine elusivo rientrano nell’alveo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3. Di conseguenza il profilo relativo alla realità della prima parte dell’operazione (ossia l’acquisto del terreno da parte della Samotracia) non rileva ai fini della paventata illogicità della motivazione, non assumendo valenza decisiva ai fini dell’esclusione della natura elusiva dell’operazione posta in essere dal ricorrente (che, peraltro, è asseverata essere compiuta con negozi “reali”). La censura, peraltro, è anche inammissibile perchè generica e per carenza di interesse. Infatti, laddove anche l’acquisto del terreno da parte della Samotracia dalla Be.Ca. Agrinvest s.r.l. (per l’importo di Euro 60.000,00) non corrispondesse ad un’operazione negoziale reale – e trattasi comunque di un presupposto indimostrato al processo che, al contrario, appare deporre nel senso della realità di tutte le operazioni negoziali – il ricorrente non avrebbe da lamentarsi, in quanto l’errores in cui sarebbe incorso dell’Ufficio che gli ha riconosciuto il relativo costo sulla plusvalenza, finisce per giovargli (la misura della plusvalenza risulta infatti determinata con riguardo all’importo dichiarato da Samotracia nell’atto di cessione, pari ad Euro 1.360.000,00, decurtato dell’importo dichiarato nell’atto di acquisto del terreno pari ad Euro 60.000,00, per un importo complessivo di Euro 1.360.000,00, attribuito al ricorrente nella misura di Euro 1.100.000,00 quale somma allo stesso pervenuta).

In parte inammissibile e in parte infondato è il quinto motivo di ricorso con cui si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3 e dell’art. 68, comma 1 TUIR. E’ infondato in quanto muove dall’indimostrato presupposto che la prima operazione di acquisto del terreno fosse simulata. E’ inammissibile quanto alla censura di violazione dell’art. 68 TUIR poichè sollevata per la prima volta in sede di legittimità.

Infondato è infine il sesto motivo di ricorso con cui il contribuente deduce l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da ravvisarsi nella prova della riconducibilità del negozio di compravendita del terreno (e dunque della plusvalenza) nella sfera giuridica del ricorrente. Al riguardo, si è fatto motivatamente riferimento alla disponibilità della somma da parte del ricorrente, relazione di fatto che, in assenza di elementi certi di carattere giustificativo, non assume solo rilievo finanziario, ma dimostrativo del collegamento causale a fini elusivi con il negozio giuridico di provenienza della stessa. Nè vi sono, nè tantomeno sono stati indicati, specifici elementi per ritenere che l’unico artefice dell’operazione negoziale fosse in realtà altro soggetto distinto sia dal ricorrente che dalla stessa Samotracia, ossia, in ipotesi, la Be.Ca Aginvest s.r.l., alla quale si deve l’iniziale vendita del terreno alla Samotracia, a fronte invece di palmari elementi di logica congiunzione tra tali soggetti, per come asseverato in sede di accertamento con riguardo al profilo della composizione della compagine sociale di tali persone giuridiche, alla qualità dei diversi soci e dei soggetti muniti dei poteri di rappresentanza legale (vedi sul punto pag. 18 e pagg. 5-10, relativamente alle suddette circostanze di fatto, del controricorso dell’Agenzia delle entrate).

In conclusione, vanno rigettati il ricorso del contribuente ed il ricorso incidentale dell’Agenzia, confermandosi la sentenza impugnata. Quanto alle spese del presente giudizio ritiene il Collegio di disporne la compensazione tra le parti per la complessità delle questioni trattate e la soccombenza reciproca.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso del contribuente e il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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