Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.27661 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8958-2014 proposto da:

AUTOSTRADE PER L’ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio degli avvocati MAURIZIO MARAZZA, MARCO MARAZZA, DOMENICO DE FEO, che la rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FONTANA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FABIO RUSCONI, CARLO VOCE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 92/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 10/04/2013 R.G.N. 437/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/06/2018 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DOMENICO DE FEO;

udito l’Avvocato CRISTIANO GIUSTINI per delega Avvocato FABIO RUSCONI.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 92 depositata il 10.4.13, ha respinto l’impugnazione proposta da Autostrade Per L’Italia s.p.a. (d’ora in avanti Autostrade) confermando la sentenza di primo grado che, in accoglimento della domanda del sig. G., aveva condannato la società datoriale a riconoscere al dipendente, in regime di part time verticale e addetto al *****, l’indennità di turno sfalsato e i permessi retribuiti di cui all’art. 15 del c.c.n.l., al pari dei colleghi in regime full time. 2. La Corte territoriale ha dato atto di come per gli addetti al *****, aperto al pubblico sette giorni su sette, l’accordo collettivo aziendale del luglio 2002 prevedesse una articolazione oraria, organizzata su base mensile, che imponeva una presenza in servizio giornaliera di otto ore sfalsate nell’arco delle fasce orarie: 7.15 – 19.45 dal lunedì al venerdì e 8.15 – 17.15 il sabato. L’orario sfalsato era articolato in fasce non omogenee nei singoli giorni della settimana, con conseguenti turni giornalieri spezzati e variabili. 3. Ha precisato come l’indennità contrattuale connessa all’orario sfalsato trovasse fondamento nella maggiore elasticità richiesta al lavoratore, con conseguente maggiore disagio connesso alla variabilità giornaliera dell’orario di lavoro e quindi alla più complessa e difficoltosa gestione del tempo di non lavoro. 4. Ha ritenuto come le implicazioni derivanti dall’orario sfalsato fossero comuni per i dipendenti in regime full time e part time, anche verticale. 5. Quanto ai permessi retribuiti, la Corte di merito ha sostenuto come l’art. 15 del c.c.n.l., che regola i permessi per il “personale non turnista” (e tale doveva considerarsi il G. dopo l’assegnazione al *****), non consentisse alcuna distinzione tra personale in servizio a tempo pieno o a tempo parziale e tanto meno a seconda del carattere orizzontale o verticale del part time. 6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società Autostrade, affidato a quattro motivi, illustrati da successiva memoria, cui ha resistito con controricorso il lavoratore.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di ricorso la società Autostrade ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione dell’accordo collettivo del 20 luglio 2002 e della ratio ad esso sottesa in ordine ai presupposti e alle finalità dell’erogazione dell’indennità turni sfalsati. 2. Ha sostenuto come l’indennità in oggetto, prevista dall’accordo sindacale del 20.7.02, compensasse il disagio derivante ai dipendenti a tempo pieno dalla collocazione della prestazione in orari di lavoro diversi nelle singole giornate, all’interno della fascia oraria di 12 ore (e 9 ore nella giornata di sabato), sulla base della programmazione mensile aziendale. 3. Ha argomentato la diversità della condizione del sig. G., in part time verticale, i cui giorni ed orari di lavoro erano stabilmente predeterminati già nella lettera di assegnazione al *****, il cui contenuto è riportato alle pagine 22 e ss. del ricorso. 4. Ha escluso che potesse ravvisarsi una violazione del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4 poichè il trattamento diversificato trovava giustificazione nel diverso sistema di articolazione oraria del lavoro, variabile nell’ambito di una determinata fascia oraria per i dipendenti full time e predeterminato nei giorni, settimane e mesi per i dipendenti part time. 5. Le medesime censure sono state formulate dalla società, col secondo motivo di ricorso, sotto forma di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. 6. Col terzo motivo di ricorso la società Autostrade ha dedotto violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., mancata ammissione della prova su un punto decisivo della controversia. 7. Ha censurato la sentenza d’appello per non aver adeguatamente valutato le prove documentali e orali offerte dalla società, in particolare il doc. 4 allegato alla memoria difensiva, trascritto al punto 5 del ricorso in esame, idoneo a dimostrare il diverso regime orario dei lavoratori a tempo pieno, soggetti al mutamento dei giorni e delle fasce orarie della prestazione, secondo la programmazione mensile datoriale. 8. Col quarto motivo la società ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e art. 15 del c.c.n.l. con riguardo al diritto del lavoratore ai permessi di cui all’art. 15 citato, nn. 5, 9, 10 e 13. 9. Ha sostenuto come la natura e la causa dei permessi riconosciuti dal c.c.n.l. ai lavoratori full time (e a quelli in part time orizzontale), in quanto attinenti a riduzioni di orario ed ex festività, non potessero estendersi al rapporto di lavoro in regime di part time verticale, non essendovi certezza, ad esempio, sulla coincidenza di una festività soppressa col turno di lavoro. 10. Ha aggiunto come la disomogeneità e non comparabilità tra le due categorie di lavoratori trovasse conferma nel principio di riproporzionamento della retribuzione per i lavoratori part time, di cui al D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4, lett. b). 11. Il primo e il secondo motivo di ricorso involgono la medesima questione della erronea interpretazione da parte del giudice di appello delle norme contenute nell’accordo collettivo aziendale del 20 luglio 2002, riguardata ora sotto il profilo della violazione di norme di legge, ora sotto il profilo del vizio motivazionale. Si ritiene pertanto di trattarli congiuntamente, come peraltro fatto dalla medesima parte ricorrente. 12. Prescindendo dai profili di inammissibilità che pure esistono (non è indicata la collocazione negli atti processuali dell’accordo aziendale del 20.7.02), deve richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte secondo cui “E’ riservata al giudice di merito l’interpretazione dell’accordo aziendale, in ragione della sua efficacia limitata (diversa da quella propria degli accordi e contratti collettivi nazionali, oggetto di esegesi diretta da parte della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006), ed essa non è censurabile in cassazione se non per vizio di motivazione o per violazione di canoni ermeneutici”, (Cass. n. 2625 del 2010; Cass. n. 19367 del 2007; Cass. n. 15923 del 2004). 13. La disposizione dell’accordo aziendale rilevante ai fini di causa ha il seguente contenuto, trascritto nel ricorso: il personale addetto al ***** “articolerà la propria prestazione attraverso uno schema di orari giornalieri sfalsati di otto ore (di norma con 15 minuti di anticipo o di posticipo rispetto agli orari di apertura al pubblico), con intervallo di 1 ora e di riposi settimanali secondo una cadenza sabato/domenica – domenica/lunedì. A fronte di tale articolazione, verrà corrisposta, su base mensile, l’indennità orario sfalsato per il personale non turnista con gli stessi criteri di erogazione previsti per la corresponsione dell’indennità lavoro complementari”. 14. La Corte d’appello ha rilevato come l’orario sfalsato è “l’orario di lavoro articolato in fasce non omogenee fra i vari giorni della settimana”; ha spiegato come il sig. G., prima dell’assegnazione al *****, godesse di un regime part time verticale organizzato su tre giorni settimanali sempre uguali (lunedì, mercoledì e venerdì, a cui si aggiungeva una volta la mese, il sabato) che si ripetevano in quattro sequenze, corrispondenti a quattro settimane, con identico orario giornaliero nell’ambito di ciascuna sequenza; ha aggiunto come, per effetto dell’orario sfalsato, il predetto lavora tre giorni a settimana con combinazioni diverse per ogni settimana (1 sequenza: lunedì, venerdì, sabato; 2 sequenza: lunedì, mercoledì, sabato; 3 sequenza: lunedì, venerdì, sabato; quarta sequenza: lunedì, martedì, giovedì, sabato) e con orari differenti per ciascuna giornata. 15. La sentenza impugnata ha rilevato come “l’indennità contrattuale… trova il suo fondamento proprio nella maggiore elasticità richiesta al lavoratore e, quindi, nel disagio maggiore arrecato al lavoratore chiamato a rendere il proprio servizio…in ragione della variabilità anche giornaliera dell’orario di lavoro”, con conseguente “più complessa gestione del proprio tempo libero” e come tali effetti negativi si verificassero in modo analogo per i lavoratori pur nel diverso regime full time e part time verticale. 16. L’interpretazione adottata dalla Corte di merito appare in tutto coerente con la lettera e la ratio della norma contrattuale in esame, oltre che la sola compatibile col divieto di discriminazione posto dal D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4. 17. Le osservazioni critiche svolte in ricorso mirano, sostanzialmente, a supportare un diverso risultato interpretativo dell’accordo aziendale, considerato preferibile rispetto a quello accolto nella sentenza censurata. 18. Una simile censura è, anzitutto, inammissibile alla stregua della funzione del giudizio di legittimità, limitata, per accordi collettivi del tipo in esame, al controllo della motivazione e alla verifica dell’impiego corretto dei canoni ermeneutici, secondo le censure proposte dal ricorrente. 19. La censura è, inoltre, infondata. 20. La società Autostrade ha censurato la sentenza d’appello evidenziando una mancanza di comparabilità, rispetto al sistema di orario sfalsato, tra i lavoratori a tempo pieno a quelli a tempo parziale verticale. In particolare, ha sostenuto, facendo riferimento alla lettere di inserimento del G. nell’organico del ***** (lettera del 27.12.02 trascritta a pag. 22 e ss. e di cui è indicata la collocazione negli atti di causa), come i lavoratori in regime part time verticale hanno sì un orario sfalsato, nel senso che la prestazione è distribuita, nell’arco mensile, in quattro sequenze corrispondenti a quattro settimane, con giorni di lavoro e orari di lavoro diversi all’interno di ciascuna sequenza e di ciascun giorno; tuttavia, tale ciclo di sequenze viene ripetuto in modo continuativo, come espressamente stabilito nella citata lettera, sicchè all’esito della quarta settimana, i giorni di lavoro e gli orari saranno di nuovo i medesimi della prima sequenza e cosi via. 21. Al contrario, ha sostenuto la società, per i dipendenti full time esiste una programmazione mensile che individua, per ogni mese, giorni e orari delle prestazioni variabili all’interno della fascia oraria giornaliera di dodici ore (dalle 7.45 alle 19.45 dal lunedì al venerdì) e di nove ore (dalle 8.15 alle 17.15 il sabato). 22. La società datoriale, nell’argomentare le censure, ha utilizzato il termine variabilità in una duplice accezione: la prima, come variabilità nell’articolazione dell’orario lavorativo cioè come diversità di orario di lavoro in ciascun giorno lavorativo rispetto a quello precedente e a quello successivo; la seconda, nel senso di facoltà datoriale di collocazione della prestazione oraria giornaliera nell’arco dell’orario di apertura del *****, secondo una programmazione mensile in base a sequenze non ripetute in modo identico. Secondo la tesi esposta dalla società, l’indennità di orario sfalsato dovrebbe essere corrisposta solo nella seconda ipotesi appena descritta. 23. Una simile lettura non trova tuttavia supporto, nè letterale nè logico, nella previsione dell’accordo aziendale che introduce l’indennità in questione a fronte di una prestazione articolata “attraverso uno schema di orari giornalieri sfalsati di otto ore”. Ciò che rileva, ai fini della disposizione contrattuale, è quindi che il lavoro sia prestato secondo orari giornalieri sfalsati, cioè non ripetitivi ma diversi di giorno in giorno. Nessun rilievo assume, nella previsione dell’accordo, la predeterminazione mensile della sequenza degli orari sfalsati. 24. E’ proprio la diversità di orario in ciascun giorno di lavoro, rispetto al giorno precedente e a quello successivo, in ogni singola settimana o sequenza, che rende complesso e meno agevole l’utilizzo del tempo di non lavoro, ad esempio per la difficoltà nell’assunzione di impegni che richiedano uno svolgimento cadenzato in giorni e orari fissi, ed è a fronte di tale disagio che è corrisposta l’indennità in oggetto. 25. La comparabilità, rispetto all’orario sfalsato, tra le condizioni dei dipendenti in regime full time e part time verticale, correttamente accertata dalla Corte di merito, rivela come l’interpretazione proposta da parte ricorrente si porrebbe in contrasto col divieto di discriminazione di cui al D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4. Difatti, la negazione dell’indennità in questione al controricorrente non troverebbe altra ragione se non nella condizione di lavoratore a tempo parziale del predetto. 26. La censura oggetto del secondo motivo di ricorso risulta inammissibile in quanto formulata senza alcun riferimento all’omesso esame di un fatto storico, inteso in senso fenomenico, e quindi non sovrapponibile allo schema legale di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel nuovo testo ratione temporis applicabile (cfr. Cass., S.U., n. 8053 del 2014). 27. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso atteso che non è rinvenibile la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., che presuppone, come più volte precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 11892 del 2016; Cass. n. 25029 del 2015; Cass. n. 25216 del 2014), il mancato rispetto delle regole di formazione della prova e ricorre nell’ipotesi in cui il giudice utilizzi prove non acquisite in atti (art. 115 c.p.c.) o valuti le prove secondo un criterio diverso da quello indicato dall’art. 116 c.p.c., cioè una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale. 28. Deve anche ricordarsi che la valutazione e la scelta degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, al quale solo compete, nell’esercizio del suo potere discrezionale, individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione e tale potere non è sindacabile in cassazione se non attraverso il vizio di motivazione (Cass. n. 23073 del 2015; Cass. 10847 del 2007), nel caso di specie secondo il filtro del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 di cui difettano i requisiti. 29. Il quarto motivo di ricorso, con cui si denuncia la violazione del c.c.n.l., è inammissibile per omesso deposito del testo del contratto collettivo, di cui è trascritta nel corpo del ricorso solo la disposizione di cui all’art. 15. 30. Secondo la costante giurisprudenza (cfr. Cass. n. 1374 del 2018; Cass. n. 4350 del 1015; Cass. n. 2143 del 2011; Cass. n. 21358 del 2010; Cass. S.U. n. 20075 del 2010), nel giudizio di cassazione l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, – è soddisfatto solo con la produzione del testo integrale della fonte convenzionale, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c.. 31. Le considerazioni svolte portano al rigetto del ricorso e alla condanna della società ricorrente, secondo il criterio di soccombenza, al pagamento delle spese del processo di legittimità, liquidate come in dispositivo. 32. Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali e in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis. Così deciso in Roma, il 7 giugno 2018. Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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