LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14697/2013 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO e LELIO MARITATO, giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
EURO COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BUCCARI 11, presso lo studio dell’avvocato MARIA CRISTINA CALAMANI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANGELO LORENZON, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 154/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 01/06/2012, R.G.N. 570/2009.
RITENUTO IN FATTO
che con sentenza n. 154/2012 la Corte d’Appello di Venezia rigettava l’impugnazione dell’Inps avverso la sentenza che aveva accolto i ricorsi proposti da Eurocostruzioni srl e dichiarato che non era dovuto all’INPS l’importo di Euro 33.864,00 richiesto con verbale di accertamento a seguito della ritenuta illegittimità di un rapporto di lavoro a progetto, intercorso tra essa società e M.S., e di conseguenza ritenuta la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato; che a fondamento della sentenza la Corte territoriale sosteneva che, come affermato dal giudice di primo grado, nella fattispecie sussisteva anzitutto ed in via assorbente f un progetto specifico ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69,comma 1, posto che l’attività di cui al progetto allegato al contratto (consistente in mansioni di controllo contemporaneo di più cantieri) era sufficientemente precisa, mentre doveva respingersi la tesi secondo cui non sarebbe stato legittimo instaurare un lavoro a progetto in attività coincidente con quella della committente; in secondo luogo la Corte aggiungeva che, peraltro, per quanto superfluo, era pure infondato il motivo di gravame del D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 69, comma 1, relativo alla natura della presunzione di subordinazione, dovendo affermarsi la tesi della sua natura relativa; che contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inps con un motivo nel quale denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, art. 69, commi 1, 2 e 3 e degli artt. 2728 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto poichè mancava il progetto (era pacifico tra le parti e così era stato rilevato sia in primo che in secondo grado) per effetto della previsione normativa di cui all’art. 69, comma 1 cit. operava una conversione automatica del contatto di collaborazione in contratto di lavoro subordinato, posto che dell’art. 69, comma 1, a differenza del secondo conteneva una presunzione assoluta di subordinazione che non ammetteva prova contraria; perchè in buona sostanza la ratio della norma era quella di prevedere una sanzione in funzione antifraudolenta, sicchè non vi era spazio per la prova che in concreto ricorresse una fattispecie di subordinazione; che Eurocostruzioni srl ha resistito con controricorso e l’INPS ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il ricorso dell’INPS è infondato posto che, al contrario di quanto affermato nel motivo, la sentenza impugnata si fonda su una prima assorbente ratio decidendi non censurata in ricorso, avendo la Corte di merito sostenuto che, come affermato dal giudice di primo grado, nella fattispecie sussisteva anzitutto ed in via assorbente un progetto specifico ai sensi dell’art. 69, comma 1, posto che l’attività di cui al progetto (consistente in mansioni di controllo contemporaneo di più cantieri) ed allegato al contratto era sufficientemente precisa, mentre doveva respingersi la tesi secondo cui non sarebbe stato legittimo instaurare un lavoro a progetto in attività coincidente con quella della committente; che pertanto, rientrando l’attività svolta dal collaboratore all’interno della nozione di progetto, la cui definizione legale è fornita dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61 (abrogato dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 61, di attuazione del c.d. Jobs Act), non vi è alcuna ragione di discutere attorno alla natura della presunzione di cui allo stesso comma, la quale postula la mancanza a monte di uno specifico progetto; che le considerazioni svolte impongono di rigettare il ricorso con condanna dell’INPS al pagamento delle spese processuali; dandosi atto che sussistono le condizioni richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4200,00, di cui Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre 15% di spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma delle stesso art. 13, comma 1 bis. Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 20 giugno 2018. Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018