LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –
Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20693/2011 proposto da:
F.F.L., S.A.C., elettivamente domiciliati in ROMA VIALE IPPOCRATE 92, presso lo studio dell’avvocato ROSALBA GENOVESE, rappresentati e difesi dall’avvocato ROCCO ISOLA;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 727/2010 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di LATINA, depositata il 20/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/09/2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA p.. 1 F.F.L. e S.A.C. impugnavano l’avviso con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava, ai fini dell’imposta di registro per l’anno 2004, il valore dei terreni e dei fabbricati ereditati il ***** dal defunto F.F.O.M., aumentandolo ad euro 445.920,00, in forza della natura edificabile dei terreni inseriti nel P.R.G. del Comune di Aquino, sul presupposto dell’omessa adozione dei piani particolareggiati, nonchè dell’omessa valutazione dell’incidenza degli oneri di urbanizzazione e della ubicazione dei fondi; rilevavano ulteriormente l’inedificabilità in concreto dei terreni, nonchè l’incongruenza tra il valore attribuito ai fabbricati rurali e quello assegnato ai terreni sui quali i primi insistono, avendo l’ufficio omesso di considerare l’utilizzazione strumentale del fabbricato all’esercizio dell’attività agricola e la qualifica di coltivatore diretto dell’utilizzatore, comprovata dalla certificazione versata in atti.
La C.T.P. di Frosinone respingeva il ricorso con sentenza impugnata dai contribuenti.
La CTR di Roma respingeva l’appello, sul rilievo che le stime eseguite dall’Ufficio risultavano congrue in considerazione della valutazione della destinazione dei fabbricati e del valore attribuito ai fondi – compresi nel P.R.G.- in base a pregresse valutazioni relative alla medesima zona.
Avverso la sentenza indicata in epigrafe, ricorrono per cassazione i contribuenti svolgendo due motivi.
Resiste con memoria l’amministrazione finanziaria.
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO p.. 2. Col primo motivo, si lamenta falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, del D.Lgs 31 ottobre 1990, artt. 8, 14 e 35, nonchè del D.L. n. 557 del 1990, art. 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la pronuncia impugnata nella parte in cui ha ritenuto l’edificabilità dell’area – facente parte dell’asse ereditario -, pur in assenza dei piani particolareggiati nonchè la congruità delle stime, nonostante l’inedificabilità in concreto dei fondi e l’incidenza negativa degli oneri di urbanizzazione sulla valutazione medesima.
Sotto altro profilo, si lamenta l’omessa motivazione da parte del decidente relativamente alla censura secondo la quale è stato attribuito ai fabbricati rurali un valore distinto da quello dei terreni su cui insistono, mentre trattandosi di fabbricati rurali dovevano ritenersi improduttivi di reddito e non soggetti a rettifica ai sensi del cit. art. 52.
p.. 2 Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, lamentando che i giudici territoriali non hanno esaminato, alla stregua della documentazione prodotta, i valori attribuiti dall’ufficio ai terreni ed ai fabbricati.
p.. 3 Il primo motivo è parzialmente fondato.
Con un orientamento ormai consolidato, questa Suprema Corte ha affermato che, in tema di imposte di registro, occorre che sussista un effettivo strumento urbanistico di pianificazione territoriale generale, adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione degli strumenti attuativi del medesimo, e quindi che sia già intervenuta, quanto meno, l’approvazione di una variante al piano regolatore generale (Cass. nn. 13142/2014, 7909/2016). Per le aree ricomprese nel piano regolatore generale, l’edificabilità può essere esclusa solo da vincoli assoluti, mentre vincoli specifici possono incidere unicamente sul valore venale dell’immobile, da stimare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie(Cass. n. 4116 del 20/02/2014; Cass. nn 20517 e 14503 del 2016; Cass. n. 31048/2017).
Ne consegue che i giudici territoriali hanno correttamente riconosciuto l’edificabilità dell’area ricompresa nel PRG, indipendentemente dal rilascio della concessione edilizia.
Quanto all’attribuzione ai fabbricati definiti “rurali” di un valore diverso da quello assegnato ai fondi, va rilevato che i fabbricati rurali per essere considerati tali devono soddisfare una serie di requisiti definiti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9,comma 3, il quale prevede che “ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili agli effetti fiscali, i fabbricati o porzioni di fabbricati devono soddisfare le seguenti condizioni: a) il fabbricato deve essere posseduto dal soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul terreno, ovvero detenuto dall’affittuario del terreno stesso o dal soggetto che ad altro titolo conduce il terreno cui l’immobile viene dichiarato asservito o dai familiari conviventi a loro carico risultanti dalle certificazioni anagrafiche; b) l’immobile deve essere utilizzato, quale abitazione o per funzioni strumentali all’attività agricola, dai soggetti di cui alla lett. a), sulla base di un titolo idoneo, ovvero da dipendenti esercitanti attività agricole nella azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti nel rispetto della normativa in materia di collocamento….”(Cass. n. 25560/2014).
Qualora l’acquirente di un immobile rurale non eserciti un’attività agricola il bene perde le caratteristiche di ruralità nel momento in cui viene stipulata la vendita, per la mancanza delle condizioni soggettive dell’acquirente e, ai fini dell’imposta di registro, non può tenersi conto dell’originario carattere rurale del fabbricato. Ai fini dell’imposta di successione, difatti, i fabbricati rurali, come individuati ai sensi del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3-bis, devono essere dichiarati con indicazione della relativa rendita catastale; tuttavia, il valore imponibile da esporre è pari a zero.
Ebbene, il decidente, nel confermare la legittimità dell’avviso, non sembra aver considerato affatto la sussistenza o meno della ruralità dei fabbricati, con ciò violando l’art. 34 cit..
La C.T.R. si è limitata ad affermare che ” per i fabbricati è stata considerata la destinazione e la consistenza” senza specificare se si trattasse di immobili urbani o rurali e senza illustrare l’iter logico giuridico che ha condotto al rigetto del gravame.
p.. 6 La seconda censura è inammissibile.
E’ principio consolidato di questa Corte che “la decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia e neppure per motivazione “per relationem” resa in modo difforme da quello consentito, bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame; ne consegue che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 o 5, anzichè dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 112 codice cit., il ricorso è inammissibile” (Cass. nn 19882 e 11801/2013; n. 24247/2016).
La censura è inammissibile anche sotto altro profilo, atteso che qualora si lamenti, col ricorso per cassazione, la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, questi devono essere compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass. 21083 del 2014; n. 17049/2015).
Il ricorso va dunque parzialmente accolto con riferimento al primo motivo, sotto il profilo dell’omessa motivazione, dichiarato inammissibile il secondo, con conseguente cassazione parziale della pronuncia impugnata e rinvio alla CTR del Lazio in altra composizione per l’accertamento del carattere rurale dei fabbricati, nonchè per l’esame in ordine alla congruità delle stime.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso ai sensi di cui alla motivazione; dichiara inammissibile la seconda censura; cassa la sentenza impugnata, rinviando alla CTR del Lazio in altra composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018