Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27870 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21342/2012 R.G. proposto da:

A.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Monti Parioli n. 8/10 presso lo studio dell’Avv. Adriana Boscagli, unitamente all’Avv. David Pellegrino, da cui è rappresentato e difeso nel presente giudizio, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate,

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 75/17/2012, depositata il 2 marzo 2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre 2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

RITENUTO IN FATTO

1.L’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti di A.P., con riferimento all’anno 2003, accertando un maggior reddito di Euro 44.059,00, originato per Euro 42.800,00 da utilizzo di fatture emesse dalla Essegi srl nei confronti dell’ A., a fronte di acquisti ritenuti inesistenti, attinenti alla fornitura di confezioni natalizie, non oggetto di commercio da parte della Essegi srl, che aveva ad oggetto mobili usati presso una sede e ferramenta presso un’altra. Trattavasi, quindi, di costi non deducibili perchè relativi a fatture emesse per operazioni inesistenti.

2.Proponeva ricorso il contribuente evidenziando il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, l’assenza di presunzioni con le caratteristiche di cui all’art. 2729 c.c., in quanto l’Agenzia aveva tenuto conto delle semplici dichiarazioni di un testimone, N.P., già dipendente della Essegi s.r.I., in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7,comma 4, che non ammetteva la prova testimoniale, la violazione dell’art. 2697 c.c., non avendo l’ufficio provato i fatti posti a fondamento dell’avviso.

3.La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso.

4.Proponeva appello il contribuente in quanto la Commissione provinciale aveva attribuito valore di prova testimoniale alle dichiarazioni del terzo N., in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, mentre l’ A. aveva acquistato i cesti natalizi da D.L.A., socio di un supermercato alimentare.

5. La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello, evidenziando che erano utilizzabili le dichiarazioni rilasciate da terzi, che N.P. era dipendente della ESSEGI s.r.l., che tale società non aveva mai venduto cesti natalizi all’ A., che tale società commerciava mobili usati e ferramenta, che il contribuente non aveva fornito la prova del pagamento dei beni asseritamente compravenduti, che il D.L. era estraneo alla società Essegi s.r.l., che non vi era prova alcuna dei rapporti intercorsi con il D.L..

6. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’ A..

7. L’Agenzia delle entrate restava intimata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con un unico motivo di impugnazione il contribuente deduceva che non aveva alcuna contezza della falsità delle fatture emesse, che l’Ufficio avrebbe dovuto fornire la prova della conoscenza dell’illecito da parte dell’ A. ai sensi dell’art. 2697 c.c., che era stato, quindi, disatteso tale principio (onere della prova) da parte del giudice di seconde cure.

1.1. Tale motivo è infondato.

Invero, le dichiarazioni rese dal N., dipendente della Essegi s.r.l., società che ha emesso le fatture false, possono essere utilizzate ai fini del giudizio, con valore indiziario, senza incorrere nel divieto di prova testimoniale, concorrendo a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice (Cass. Civ., 7 aprile 2017, n. 9080).

Il N., come evidenziato dalla sentenza della Commissione regionale con esaustiva motivazione, ha dichiarato che la Essegi s.r.l. non ha mai venduto cesti natalizi all’ A., anche perchè tale società commercializzava mobili usati presso la sede di ***** e prodotti di ferramenta presso la sede di Sesto Campano.

Tali dichiarazioni, quindi, per la loro precisazione ed analiticità, costituiscono elementi indiziari della insistenza delle operazioni oggetto di falsa fatturazione. Trattasi, quindi, di fatture emesse per operazioni oggettivamente inesistenti (cfr. Cass. Civ., 15 maggio 2018, n. 11873 e Cass. Civ., 5 luglio 2018, n. 17619, entrambe con riferimento all’onere della prova in tema di Iva con riguardo ad operazioni oggettivamente inesistenti).

Il contribuente non ha fornito prova idonea a superare tali presunzioni, in quanto la Commissione regionale, sempre con motivazione analitica e completa, ha chiarito che l’acquisto dei cesti tramite il D.L. non era credibile, in quanto il D.L. è un terzo estraneo alla Essegi s.r.l. e non vi era prova dei rapporti eventualmente intercorsi tra l’ A. ed il D.L..

2. Non deve pronunciarsi sulle spese in assenza di attività difensiva da parte della Agenzia delle entrate.

PQM

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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