Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27871 del 31/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO A. Maria – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

GM Corporation s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore M.R., rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’avv.to Gianni Emilio Iacobelli, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Roma, Via Panama n. 74;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Salerno, in persona del Direttore pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 235/12/2012, depositata il 30 marzo 2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 settembre 2018 dal Relatore Cons. Dr. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera.

RILEVATO IN FATTO

Che:

– con sentenza n. 235/12/2012, depositata il 30 marzo 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di G.M. Corporation s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 225/18/2010 della Commissione tributaria provinciale di Salerno, dichiarando, in riforma di quest’ultima, la legittimità – ad eccezione delle sanzioni per le quali veniva disposta la rideterminazione, a cura dell’Ufficio, in applicazione del principio del cumulo giuridico – dell’avviso di accertamento n. ***** con il quale, per l’anno 2006, ex D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, era stato contestato alla società un maggiore reddito di impresa, ai fini Ires, Irap e Iva, stante la ritenuta deducibilità parziale ex D.P.R. n. 917 del 1986, art. 164, comma 1, lett. b) del (TUIR) dei costi relativi a tre autovetture acquistate da quest’ultima in locazione finanziaria negli anni 2004/2005;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) le spese e gli altri componenti negativi relativi alle tre autovetture di lusso – una Maserati e una Ferrari acquistate dalla società contribuente nel 2004 e un’altra Ferrari nel 2005 – non erano deducibili per l’intero ammontare, in quanto non erano beni destinati ad essere utilizzati esclusivamente come strumentali all’attività di impresa; 2) in particolare, la società contribuente non aveva dimostrato la strumentalità di tali veicoli all’attività di noleggio di autovetture, con e senza autista, svolta da quest’ultima unitamente ad altre tra cui quella di consulenza e di amministrazione aziendale; 3) la giustificazione addotta dalla società contribuente circa la mancata utilizzazione di tali autovetture per l’elevato costo del noleggio delle stesse, sebbene probabile, era poco veritiera in quanto, se fosse stato constatato ciò con l’acquisto delle prime due autovetture, la contribuente non avrebbe rischiato di comprare una seconda Ferrari nel 2005, incorrendo, nonostante l’elevato costo, nell’alea nel mancato noleggio; 4) era infondata l’eccezione circa la mancata sottoscrizione dell’avviso di accertamento da parte del capo dell’Ufficio e l’omessa allegazione della delega, essendo stato quest’ultimo regolarmente sottoscritto dal Dirigente dell’Area controllo dell’Agenzia delle entrate di Pagani, la cui delega era una questione interna all’ufficio medesimo concessa dal Direttore con specifico ordine di servizio a seconda del valore della vertenza tributaria;

– avverso la sentenza della CTR, GM Corporation s.r.l. in liquidazione, propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la CTR, senza esporre l’iter logico-giuridico a fondamento della propria decisione, condiviso acriticamente le argomentazioni contenute nell’atto di appello, senza in alcun modo valutare le prove documentali (numerose fatture emesse a titolo di noleggio relative alle altre autovetture presenti nel parco auto della GM Corporation s.p.a. e diverse autorizzazioni amministrative e comunicazioni agli enti preposti etc.) prodotte dalla società contribuente ed esaminate dall’Ufficio nel corso dell’accertamento comprovanti la circostanza incontestata ex art. 115 c.p.c. della redditività dell’attività di noleggio posta in essere dalla GM Corporation s.p.a.;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. per avere la CTR fondato la propria decisione su presunzioni prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza, limitandosi ad affermare la mancanza di correlazione tra “costi e ricavi” delle tre autovetture in questione, senza argomentare alcunchè in ordine alla non contestata redditività dell’attività dì noleggio posta in essere dalla GM Corporation s.p.a., tanto più che quest’ultima aveva provveduto alla vendita degli autoveicoli assoggettando l’intero prezzo ad Iva;

– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per avere la CTR, disattendendo il criterio distributivo dell’onere della prova, erroneamente ritenuto legittimo l’accertamento fiscale, con recupero a tassazione dei costi di acquisto in leasing delle tre autovetture, ancorchè la società contribuente avesse provato, attraverso la documentazione prodotta in sede di accesso dell’Ufficio e richiamata in sede di primo grado e di controdeduzioni all’ atto di appello, il reale svolgimento dell’attività di noleggio, rientrante peraltro nell’oggetto sociale, e, dunque, l’inerenza delle spese per i tre autoveicoli all’attività imprenditoriale, senza fare ricadere sull’Amministrazione finanziaria la prova contraria (ovvero i “fatti” tendenti ad escludere l’inerenza dei costi sostenuti dalla GM Corporation per le proprie auto) e senza compiere una valutazione complessiva dell’attività di noleggio di tutte le altre auto di proprietà della società verificata;

– con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 5, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, per avere la CTR, nel ritenere legittimo l’accertamento fiscale, erroneamente raccordato il concetto di inerenza dei costi sostenuti per le tre autovetture al mancato ricavo proveniente da tali beni e dunque alla antieconomicità delle operazioni di acquisto, secondo un giudizio ex post, anzichè valutare la strumentalità di questi ultimi per il conseguimento dell’oggetto sociale attraverso un giudizio ex ante, come emergeva dalla documentazione prodotta dalla società in primo grado e in sede di controdeduzioni all’atto di appello;

– con il quinto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, per avere la CTR ritenuto erroneamente legittimo l’avviso di accertamento, ancorchè l’Amministrazione finanziaria non avesse provato, stante la contestazione anche in sede di controdeduzioni all’atto di appello, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega da parte del titolare dell’Ufficio;

– è fondato il quinto motivo di rilievo preliminare e assorbente;

– per consolidato orientamento di questa Corte, infatti, “l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato” e, nel caso in cui la sottoscrizione non sia “quella del capo dell’ufficio titolare”, ma di altro funzionario, “incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio.” (Cass. sez. 5 nn. 14626/00, 14195/00, 17044/13, 12781/16; cfr. Cass. sez. 6-5, nn. 19742/12, 332/16; 12781/16; 14877/16; 15781/17; 5200/18) poichè il solo possesso della qualifica non abilita il funzionario della carriera direttiva alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio (Cass. n. 17400 del 2012); infatti, la sottoscrizione dell’avviso di accertamento – atto della p.a. a rilevanza esterna da parte di funzionario diverso da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo, ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato, non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall’art. 42, commi 1 e 3, dinanzi citato (Cass. n. 14195 del 2000; 24492 del 2015);

– la previsione della tassativa sanzione legale della nullità dell’avviso di accertamento che trova giustificazione nel fatto che, come è stato osservato, gli avvisi di accertamento costituiscono la più complessa espressione de potere impositivo, ed incidono con particolare profondità nella realtà economica e sociale, discostandosi da e contestando le affermazioni del contribuente. Le qualità professionali di chi emana l’atto costituiscono quindi una essenziale garanzia per il contribuente (v. Cass. n. 1875 del 2014 e, da ultimo, Cass. n. 22800 del 2015);

– solo in diversi contesti fiscali – quali ad esempio la cartella esattoriale (Cass. 13461/12), il diniego di condono (Cass. 11458/12 e 220/14), l’avviso di mora (Cass. 4283/10), l’attribuzione di rendita (Cass. 8248/06) – e in mancanza di una sanzione espressa, opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato (cfr., in materia di lavoro e previdenza, Cass. 13375/09, ordinanza ingiunzione, e 4310/01, atto amministrativo); mentre, per i tributi locali, è valida anche la mera firma stampata, ex L. n. 549 del 1995, art. 3,comma 87 (Cass. 9627/12);

– nella specifica materia dell’IVA, il d.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, nel riferirsi, nel comma 1, ai modi stabiliti per le imposte dirette, richiama implicitamente il d.P.R. n. 600 del 1973 e, quindi, anche il ridetto art. 42 sulla nullità dell’avviso di accertamento, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato (cfr., in materia di IVA, Cass. 10513/08, 18514/10 e 19379/12);

– nella specie, la CTR non ha fatto buon governo dei suddetti principi, in quanto, in presenza di una specifica contestazione della sottoscrizione dell’avviso di accertamento da parte del “Dirigente dell’area controllo”, senza alcuna menzione di una formale delega del capo dell’ufficio, lungi dal fare gravare sull’amministrazione finanziaria l’onere di fornire la prova della esistenza della delega, si è limitato ad affermare che la “delega è una questione interna all’Ufficio” e che in linea di principio “viene data dal Direttore con specifico ordine di servizio a seconda del valore della vertenza tributaria”;

– in conclusione, va accolto il quinto motivo, assorbiti gli altri; con cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il quinto motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione;

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472