Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.27908 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 52/2014 proposto da:

F.J.L., C.L., F.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SABINA CICCOTTI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANNA MARIA MURARO;

– ricorrenti –

contro

F.E., F.O.B.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 658/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 25/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/01/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO che:

I ricorrenti – C.L., F.R. e F.J.L. – nel 1998 proponevano, quali successori di F.L., domanda di divisione ereditaria nei confronti di F.E., F.I. e F.O.B.. I convenuti, costituendosi, aderivano alla domanda, ma rilevavano di avere eseguito opere di ampliamento e ristrutturazione di due immobili e chiedevano che la formazione del progetto divisionale fosse posta in essere “previo rendiconto tra i coeredi, con assegnazione a ciascun condividente delle quote di spettanza”. Assunte le prove orali ammesse, è stata disposta ed esperita una consulenza tecnica, poi integrata a seguito del decesso di F.I., che aveva nominato eredi F.E. e O.B..

Il Tribunale di Bassano del Grappa, con sentenza del 2005, pronunciava lo scioglimento della comunione, assegnando le porzioni ai coeredi secondo l’allegato C/1bis della relazione suppletiva del consulente tecnico d’ufficio.

F.O.B. ed E. hanno appellato la sentenza chiedendo che, in sua riforma, la divisione fosse posta in essere seguendo il progetto di divisione elaborato dal consulente d’ufficio nell’allegato D/1bis della relazione suppletiva. C.L., F.R. e F.J.L., a loro volta, impugnavano la sentenza chiedendo che venisse accolto il primo progetto divisionale B3)b di cui all’allegato C/2bis, confermandosi nel resto la sentenza appellata.

La Corte d’appello di Venezia – con pronuncia 25 marzo 2013 n. 658 – ha accolto l’appello principale e ha disposto la divisione come previsto dalla relazione del consulente tecnico d’ufficio, allegato D/1bis: il Tribunale, ad avviso della Corte, è incorso in errore laddove ha escluso che gli apporti conferiti dagli appellanti sui beni comuni possano tradursi, in sede di divisione, in aumento delle porzioni loro spettanti; pertanto, “esclusa l’applicabilità dell’art. 934 c.c., essendo pacifico in causa che gli apporti compongono il compendio ed esclusa altresì l’applicabilità dell’art. 1150, comma 3, e in genere artt. 1158 c.c. e segg. (..) si deve rettamente affermare che quegli apporti devono essere considerati in sede di rendiconto”.

C.L., F.R. e F.J.L. ricorrono avverso la pronuncia, con atto notificato il 16 dicembre 2013.

Gli intimati F.E. e O.B. non si sono costituiti.

Con istanza datata 18 luglio 2015, l’avv. Frattallone, loro difensore nel giudizio di secondo grado, ha depositato un’istanza con cui ha dichiarato l’avvenuto decesso di F.B.O. e la nomina di un amministratore di sostegno per F.E.; ha poi affermato che il ricorso gli è stato notificato presso un domicilio “obsoleto” e ha così chiesto al Presidente della sezione di essere rimesso in termini per la costituzione in giudizio con controricorso.

CONSIDERATO

che:

Preliminarmente va respinta l’istanza di rimessione – istanza che va decisa non dal Presidente di sezione, ma dal Collegio – in quanto irricevibile: l’istanza proviene dal difensore costituito in appello, sprovvisto di procura speciale ai sensi dell’art. 365 c.p.c. e pertanto privo di ius postulandi nel giudizio di cassazione.

Il ricorso è articolato in un unico motivo che denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 934 c.c. e nullità della sentenza per mancanza di motivazione: la Corte d’appello ha erroneamente escluso l’applicabilità dell’art. 934 c.c., invece ritenuta correttamente applicabile dal giudice di primo grado, perdipiù senza motivare al riguardo, e ha riconosciuto l’aumento della porzione spettante a ogni coerede pur non essendo mai stata proposta domanda di rendiconto.

Il motivo è fondato laddove critica la mancata applicazione, al caso in esame, dell’art. 934 c.c.. Secondo l’orientamento di questa Corte cui il Collegio ritiene di aderire, il principio dell’accessione di cui all’art. 934, opera anche nel caso di comunione, per cui la costruzione su suolo comune, pur se eseguita da uno solo dei comunisti, diviene anch’essa comune, mano a mano che viene edificata, salvo contrario accordo scritto (cfr. Cass. 11120/1997, Cass. 1543/1999), così che “le migliorie apportate, nella vigenza del regime comunistico, da uno dei condividenti al bene comune, per il principio dell’accessione, vengono a far parte della massa da dividere, e di esse deve tenersi conto ai fini della stima della massa medesima, della determinazione delle porzioni e della liquidazione dei conguagli” (Cass. 857/1999, cfr. pure Cass. 13706/2011). Ciò però non significa che i ricorrenti non siano tenuti a rimborsare, in proporzione alle rispettive quote, le spese sopportate per le opere di ampliamento e ristrutturazione sopportate dalle controparti: F.E., I. e O.B., costituendosi in primo grado avevano – a differenza di quanto affermano i ricorrenti nel ricorso – chiesto il rendimento dei conti (cfr. la comparsa conclusionale in primo grado dei ricorrenti, ove questi affermano che F.E., I. e O.B. si erano costituiti in giudizio “non opponendosi alla divisione del compendio comune, previa resa del conto tra i condividenti”).

L’accoglimento del motivo, nei limiti appena individuati, determina la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa al giudice di merito che provvederà alla decisione della causa applicando il principio di diritto sopra ricordato.

Nulla si dispone circa le spese del giudizio di legittimità, non essendosi gli intimati difesi.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 18 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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