LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15418/2014 proposto da:
V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALFREDO CASELLA 31, presso lo studio dell’avvocato MARCO MASTRACCI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
L.G.P., L.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 44, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DE FAZI, rappresentato e difeso dall’avvocato PIER SALVATORE MARUCCIO;
S.R., C.G., C.P., elettivamente domiciliati in ROMA, V.COSTANTINO 41, presso io studio dell’avvocato CLAUDIO BARGIACCHI, rappresentati e difesi dall’avvocato SANDRO LUNGARINI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 6687/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/05/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO;
Lette le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, conclude per il rigetto del 1 motivo e l’accoglimento del 2.
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
1. Con sentenza depositata il 25/05/2006 il tribunale di Civitavecchia ha accertato, in accoglimento di domanda riconvenzionale; l’esistenza di una servitù di passaggio pedonale e carraio costituita per destinazione del padre di famiglia a favore del fondo di V.G. in località *****, e a carico del fondo di C.P., C.G. e S.R., i primi due dei quali avevano agito in negatoria, disattesa, con l’intervento del terzo. Il tribunale ha rigettato la domanda di garanzia e riduzione del prezzo avanzata dai signori C. e S. nei confronti dei chiamati danti causa L.G.P. e L.D..
2. Adita da C.P., C.G. e S.R., la corte d’appello di Roma ha – in riforma della sentenza del tribunale accolto la domanda in negatoria con sentenza depositata il 09/12/2013, dichiarando il fondo degli appellanti esente da servitù nei confronti di quello di proprietà di V.G.; ha rigettato la domanda di quest’ultimo di accertamento di servitù per destinazione del padre di famiglia, ritenendo che dagli accertamenti di c.t.u. emergesse una generalizzata transitabilità ma non opere divisibili e permanenti idonee alla costituzione per destinazione del padre di famiglia; ha dichiarato non richiamate in appello le deduzioni fondate sull’interclusione del fondo; ha rigettato la domanda di risarcimento formulata dai signori C. e ha dichiarato non doversi provvedere conseguenzialmente sulla domanda in garanzia nei confronti di L.G.P. e L.D..
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso V.G., sulla base di due motivi, cui hanno resistito C.P., Gianiuca C. e S.R., da un lato, e L.G.P. e L.D., dall’altro, con separati controricorsi. Ha rassegnato conclusioni. scritte il procuratore generale presso questa corte, in persona del sost. dott. Ce.Al., nel senso del rigetto del primo motivo e dell’accoglimento del secondo. Sia il ricorrente sia i controricorrenti C.P., C.G. e S.R. hanno depositato memorie.
Considerato che:
1. Il primo motivo è inammissibile.
1.1. Con esso si deducono violazione degli artt. 1061 e 1062 c.c., e omessa o insufficiente motivazione per avere la corte d’appello, travisando lo stato dei luoghi, erroneamente ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’esistenza di una servitù costituita per destinazione del padre di famiglia. La corte d’appello, secondo i ricorrenti, non avrebbe considerato gli atti nè valutato l’esistenza di un cancello, di pavimentazione, di due colonne costituenti ingresso alla strada pubblica e altro. La corte d’appello avrebbe anche equivocato in ordine al significato attribuito all’esistenza di una locazione.
1.2. Sotto la veste di denunce di vizi sia di violazione di legge sia di omesso esame, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la parte ricorrente invoca in effetti una inesigibile revisione delle valutazioni e dei convincimenti espressi dal giudice di merito, tesa a conseguire una nuova pronuncia sul fatto, non concessa perchè estranea alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità. 1.3. Se, infatti, il vizio di “violazione e falsa applicazione di norme di diritto” consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, nel caso di specie la parte ricorrente allega piuttosto un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, dato questo esterno all’esatta interpretazione della norma di legge e che inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito (in particolare, si sostiene un erroneo apprezzamento circa il sussistere di opere visibili e permanenti ai fini del requisito dell’apparenza necessario per la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia). In tal senso, il motivo inammissibilmente neppure riporta le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina.
1.4. Quanto, poi, al vizio motivazionale, esso – dedotto come di motivazione omessa o insufficiente ò – avrebbe dovuto essere formulato come di “omesso esame circa un fatto decisivo”, secondo l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo applicabile ratione temporis nella riformulazione della norma disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134. Tale vizio presuppone la totale pretermissione nell’ambito della motivazione di uno specifico fatto storico, principale o secondario; l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Nel caso di specie,.a prescindere dalla formulaziorie della doglianza, il fatto storico di cui sarebbe omesso l’esame non è indicato, essendo stata peraltro sicuramente presa inò esame la situazione dei luoghi (e, del resto, sarebbe una valutazione e non un fatto storico il qualificare come visibili e permanenti determinate opere ai fini anzidetti). Il vizio di cui innanzi non sussiste d’altronde quando la sentenza impugnata sia censurata, come nel caso di specie, per mere difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti agli elementi delibati dal giudicante di merito.
2. E’ inammissibile anche il secondo motivo di ricorso, con cui si è denunciata violazione dell’art. 346 c.p.c., per essere asseritamente erronea la statuizione con cui la corte d’appello ha dichiarato non richiamate in appello le deduzioni dell’odierno ricorrente fondate sull’interclusione del fondo, in tesi dedotta in via subordinata a sostegno di una domanda riconvenzionale di costituzione di servitù coattiva.
2.1. L’inammissibilità discende dalla circostanza che, nell’ambito del motivo, la parte ricorrente non ha adeguatamente trascritto o richiamato in maniera specifica e testuale i luoghi processuali del primo grado e del secondo grado di giudizio, onde far constare a questa corte in qual modo la domanda subordinata in questione sia stata proposta e sia stata coltivata in sede di impugnazione. Per ferma giurisprudenza di questa corte (v. ad es. Cass. n. 9888 del 13/05/2016e n. 2771 del 02/02/2017), infatti, la corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale.
2.2. Nel caso di specie, comunque, a prescindere dalla questione in ordine al se la domanda sia stata effettivamente proposta in primo grado (ciò che i controricorrenti C. e S. pongono in dubbio con la memoria – p. 3), non risulta che il signor V. abbia richiamato nell’ambito della comparsa di costituzione in appello un petitum volto alla costituzione di servitù coattiva per interclusione del fondo. Invero, alla p. 4 della comparsa di costituzione in appello si dice – in occasione della confutazione dell’avverso secondo motivo d’appello – che “colui che vende un fondo intercluso si obbliga a dare all’acquirente il diritto di passare sul fondo del venditore per accedere nel proprio”, richiamando l’art. 1062 c.c., comma 2, in tema di destinazione del padre di famiglia, citato poi testualmente; si conclude che non esiste alcuna “norma che obbliga il vicino terzo rispetto al contratto di vendita del fondo intercluso” a dare tale passaggio. Tralasciando ogni considerazione in ordine a sè realmente la destinazione del padre di famiglia (art. 1062 c.c.) sia istituto teso a consentire il passaggio a favore dei fondi interclusi a seguito di alienazione (o se piuttosto tale finalità non sia perseguita, in presenza di determinati presupposti, da altra disciplina: cfr. art. 1054 c.c.), quel che rileva è che – come si deduce con la citata memoria dei controricorrenti C. e S. – la menzione dell’interclusione nella comparsa di risposta in appello è effettuata al fine di tentare di paralizzare le argomentazioni giuridiche altrui, senza in alcun modo far riferimento a un petitum avanzato in primo grado e non esaminato per assorbimento rispetto all’accoglimento della domanda di dichiarazione dell’esistenza della servitù per destinazione del padre di famiglia.
3. Il ricorso va dunque rigettato, con statuizione secondo soccombenza sulle spese che si liquidano in dispositivo nei due rapporti processuali tra la parte ricorrente e i controricorrenti che si sono separatamente difesi. Sussistono i presupposti perchè si dia atto di debenza di somma pari al contributo unificato a carico della parte ricorrente D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
la corte rigetta il ricorso e condannaò il ricorrente alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida a favore di C.P., C.G. e S.R. in Euro 200 per esborsi ed Euro 3.500 per compensi e a favore di L.G.P. e L.D. in Euro 200 per esborsi ed Euro 3.000 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 16 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018