LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10997/2014 proposto da:
S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato LUIGI BIAMONTI, che la rappresenta difende unitamente agli avvocati PIER LUIGI LANZA, ANGELO CARLO PELOSI;
– ricorrente e controricorrente all’incidentale –
contro
S.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 19, presso e studio dell’avvocato CATTANEO LEONARDO, che a rappresenta e difende;
– controricorrente –
FLORES VIVAGNA SRL IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 19, presso lo studio dell’avvocato LEONARDO CATTANEO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente incidentale –
e contro
SA.MA., S.P.;
– intimate –
avverso la sentenza n. 4720/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 30/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/05/2018 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il ricorso principale:
accoglimento, per il ricorso incidentale: rigetto;
uditi gli Avvocati Nicolò GALLITTO con delega depositata in udienza dell’Avvocato BIAMONTI Luigi, Francesca PELOSI con delega depositata in udienza dell’Avvocato Angelo Carlo PELOSI, difensori della ricorrente che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso e delle memorie.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione spiccato nel giugno 2007 S.M. ebbe a convenire avanti il Tribunale di Milano S.P. – sua zia – e la srl Flores Vivagna, deducendo che la zia, quale mandataria della madre B.A., ebbe a vendere alla srl Flores Vivagna, il cui legale rappresentate era il marito, la quota indivisa di un terzo di un immobile sito in *****, benchè detta quota fosse in sua esclusiva titolarità, quale unica erede del padre naturale S.C..
Di conseguenza l’attrice richiedeva la declaratoria di inopponibilità a sè della sentenza di rettificazione dell’atto di morte del padre – fu cambiata la data del decesso -; la declaratoria di inefficacia del contratto di vendita del suo bene e d’inopponibilità del verbale di conciliazione del 12.2.1994, con il quale la quota citata era attribuita alla nonna B., nonchè il ristoro dei danni patiti per la privazione del suo bene ed il rendiconto, da parte della zia S.P., circa la gestione dei mandato a vendere conferitogli dalla madre B.A..
Resisteva S.P. contestando la pretesa attorea e svolgendo domanda riconvenzionale tesa al riconoscimento della sua qualità di erede del germano S.C. e della madre B.A. con l’ordine a S.M. di rilasciare i beni goduti, già appartenenti ai detti de cujus,con rendiconto dei frutti percetti medio tempore.
Resisteva anche la srl Flores Vivagna e contestava la pretesa articolata da S.M..
In causa era citata anche l’altra sorella di S.C., Sa.Ma. che rimaneva contumace, in relazione alla richiesta avanzata da S.M. di esser riconosciuta – se eventualmente necessario – unica erede del padre naturale S.C..
Il Tribunale di Milano, ad esito della trattazione,accolse tutte le domande spiegate dall’attrice, eccetto quella di rendiconto,avanzata contro S.P., relativa al mandato ricevuto dalla madre B.A., poichè ritenuta tardivamente mossa.
Interpose appello principale solamente la srl Flores Vivagna, mentre anche S.M. proponeva gravame incidentale relativamente alla domanda di rendiconto nei riguardi della zia S.P., respinta dal primo Giudice.
Ad esito del procedimento di gravame, la Corte ambrosiana ebbe a rigettare l’appello incidentale di S.M., osservando come la domanda di rendiconto non era correlata ad alcun diritto che la giustificasse e come, al più, l’appellante incidentale doveva esporre domanda di avere i frutti generati dal suo bene nel periodo di gestione da parte della zia quale mandataria di B.A..
La Corte lombarda ebbe invece ad accogliere parzialmente l’impugnazione spiegata dalla srl Flores Vivagna ritenendo non concorrente,nemmeno in potenza, il pregiudizio per il mancato godimento del proprio bene, rispetto al quale la S. chiedeva il ristoro del danno, mentre rigettò gli altri motivi di gravame.
Osservavano i Giudici del gravame come la declaratoria di non opponibilità al litis consorte non evocato, della sentenza di rettificazione di atto dello stato civile, poteva esser proposta anche in via d’eccezione in procedimento diverso da quello disciplinato ex art. 455 c.c.;
come la decisione della Corte milanese di rigetto delle pretese delle germane S., relativamente all’eredità del fratello C., passata in giudicato esplicasse i suoi effetti anche verso la srl Flores Vivagna, in quanto avente causa da S.P..
Avverso la sentenza resa dalla Corte ambrosiana ha proposto impugnazione per cassazione S.M. articolando tre motivi.
Ha resistito con controricorso la srl Flores Vivagna, che ha pure proposto impugnazione incidentale supportata da quattro motivi.
Ha resistito con controricorso anche S.P..
S.M. ha depositato controricorso avverso l’impugnazione incidentale spiegata dalla società, nonchè memoria difensiva ex art. 378 c.p.c.. All’odierna udienza pubblica,sentite le parti presenti ed il P.G., la Corte adottava decisione siccome illustrato in presente sentenza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale proposto da S.M. ha pregio giuridico con relazione ai motivi primo e terzo e va accolto in detta misura, mentre il secondo motivo va rigettato.
Va integralmente rigettata invece l’impugnazione incidentale mossa dalla srl Flores Vivagna poichè priva di pregio giuridico.
In effetti,stante il carattere pregiudiziale delle doglianze avanzate dalla società impugnante incidentale, detta impugnazione va esaminata per prima.
Con il primo mezzo d’impugnazione la srl Flores Vivagna deduce vizio per violazione di norme giuridiche, segnatamente le disposizioni in art. 455 c.c. e le disposizioni in tema di rettificazione degli atti di stato civile, poichè la Corte ambrosiana ha ritenuto che la sentenza di rettificazione – nella specie dell’atto di morte di S.C. quanto alla data del suo decesso – potesse essere oggetto, non solo di apposita opposizione di terzo – con relativa dimostrazione della diversa data di mote del S. – da parte del soggetto litis consorte non evocato nel relativo giudizio, ma pure che detto litis consorte pretermesso potesse ottenere, in via d’eccezione, in altro procedimento la declaratoria di inopponibilità a sè di detta sentenza.
Inoltre, rileva la società ricorrente, al momento del procedimento di rettificazione avviato dal Procuratore della Repubblica, S.M. non era stata ancora riconosciuta figlia naturale del defunto S.C. ed in questa lite non ha contestato la correttezza della data di morte del padre, provandone una diversa, sicchè non poteva esser superata la valenza erga omnes delle attestazioni portate negli atti di Stato Civile.
L’argomentazione critica elaborata dalla società appellante non supera la corretta motivazione esposta al riguardo dalla Corte ambrosiana, fondata su puntuale richiamo ad arresto di questo Supremo Collegio al riguardo – Cass. n 2214/93Cass. n. 8316/97.
Inoltre i Giudici dell’appello hanno anche puntualmente evidenziato l’interesse specifico della S. a rilevare, in questo procedimento, l’inopponibilità a sè della sentenza di rettificazione, poichè incidente sui suoi diritti ereditari, oggetto specifico di questa lite fondata sulla petitio hereditatis relativamente ad un bene ereditario.
Quindi, se in linea generale, la figlia naturale può non aver interesse a procedere ad autonomo giudizio di opposizione di terzo avverso la sentenza di rettificazione, alla cui pronuncia era rimasta estranea, tuttavia nel presente procedimento ha specifico interesse a tutelare suo diritto – esser erede unica del padre ovvero concorrere con la nonna B..
E’ poi asserzione difensiva, contrastante con le acquisizioni di causa, richiamate nelle sentenze dei Giudici di merito, che al momento della pronunzia della sentenza n 505/1991 di rettificazione dell’atto di morte di S.C. da parte del P.M., non fosse noto che S.M. era figlia naturale del defunto, posto che – come ricordato in ricorso con puntuale riferimento ai documenti versati in causa – un tanto fu oggetto di accertamento mediante sentenza del 1977 e l’impugnazione successiva della stessa da parte delle zie Sa.Ma. e P. fu rigettata dal Tribunale di Milano nel 1994, prima, e dalla Corte d’Appello nel 1997, poi, sicchè detta decisione risulta passata in giudicato.
Inoltre S.M. risulta aver trascritto sui Registri Immobiliari il suo acquisto dell’eredità del padre il 17.6.1987 e le pretese ereditarie delle zie – quali eredi della madre B. asseritamente coerede del figlio defunto – furono respinte dai Giudici di Milano con sentenza divenuta definitiva nel 2008.
La statuizione adottata nella sentenza di prime cure in questo procedimento di accoglimento dell’eccezione d’inesistenza della sentenza resa nel 1977 d’accertamento della paternità e contestuale accertamento di detto status, pertanto non assume il rilievo enfatizzato dalla parte impugnante incidentale, poichè statuizione avente mero rilievo endo processuale.
Non assume, inoltre, rilievo l’osservazione che era onere di S.M. dar prova di una diversa data di morte del padre naturale rispetto a quella accertata in sede di rettificazione, poichè l’inopponibilità a sè di detta sentenza la esime da tale onere, per altro implicante un nuovo procedimento di rettificazione dell’atto di stato civile nelle forme e con le presenze in causa prescritte dalla specifica normativa al riguardo.
Con il secondo mezzo d’impugnazione incidentale la società resistente deduce violazione della disciplina in tema di rinunzia dell’eredità, in ispecie la mancata considerazione del disposto ex art 522 c.c., in quanto, a seguito della rinunzia della madre B.A. delle eredità del figlio C. premorto, il diritto a succedere s’era devoluto alle figlie.
La questione sollevata non assume rilievo in relazione all’effettiva statuizione sul punto adottata dalla Corte ambrosiana, la quale ha rilevato la dirimente presenza del giudicato portato nella sentenza della Corte d’Appello di Milano, che appunto aveva rigettata ogni pretesa sull’eredità, devoluta morendo da S.C., delle sorelle quali appunto eredi della madre B.A..
La società impugnante nell’argomentare la sua doglianza non opera cenno alcuno a detta ratio decidendi pur illustrata compiutamente dalla Corte di merito.
Con la terza ragione di censura la srl Flores Vivagna lamenta la falsa applicazione della norma in art. 2909 c.c., in quanto la sentenza, resa nel 2008 dalla Corte d’Appello di Milano,non poteva esser ad essa opposta quale giudicato in quanto il suo acquisto da B.A. intervenne ben prima della pronunzia di detta decisione.
In effetti sul punto la sentenza impugnata se giunge a statuizione corretta, tuttavia espone ragionamento che non può esser condiviso, ma che va corretto da parte di questa Corte.
Nella specie S.M. ha esposto azione di petitio hereditatis, ex art. 533 c.c., in quanto ha chiesto la restituzione di bene ereditario a lei devoluto quale erede del padre, ma goduto dalla società resistente, sicchè trova applicazione puntuale la norma in art. 534 c.c., che regola appunto i diritti degli aventi causa dall’erede apparente, ossia lo specifico caso sottoposto alla Corte nel presente giudizio.
L’acquisto fatto dalla srl Flores Vivagna non può esser fatto salvo in relazione all’azione esperita da S.M., non solo, perchè detta società non ha dedotto e provato il suo acquisto in buona fede ex art. 534 c.c., comma 2 – per altro di difficile prospettazione stante il legame di coniugio tra la mandataria ed il legale rappresentante la società acquirente – ma soprattutto ai sensi del comma 3 citato articolo.
Difatti,come sopra già cennato, S.M. ebbe a trascrivere la sua accettazione dell’eredità del padre presso i Registri Immobiliari di Cagliari nel 1987, specificatamente a peso dell’immobile oggetto di vendita.
Di conseguenza anche se non opponibile, ex art. 2909 c.c., alla società la sentenza che accertava l’inesistenza di diritti ereditari di B.A. sull’eredità devoluta dal figlio premorto,tuttavia l’acquisto della srl Flores Vivagna non era opponibile all’erede, agente ex art. 533 c.c., non concorrendo le condizioni che regolano appunto la salvezza dei diritti acquistati dai terzi dall’erede apparente, quale appunto era da qualificarsi B.A..
Con il quarto ed ultimo mezzo d’impugnazione la società resistente denunzia omesso esame di fatto decisivo e violazione della norma in art. 132 c.p.c., poichè la Corte ambrosiana non ha considerato che la data di morte di S.C., fissata ad esito del procedimento di rettificazione dell’atto di Stato Civile, non era contestata da S.M. ed accertata con valenza erga omnes, stante la disciplina normativa che regola l’efficacia degli atti di Stato Civile.
La questione non assume rilevanza, come dianzi illustrato,poichè nel presente procedimento i Giudici milanesi si sono limitati a rilevare l’inopponibiità della sentenza al litis consorte pretermesso in quanto incidente sui suoi diritti.
Quindi non anche avevano l’onere di operare accertamenti ai fini di appurare l’effettiva data di morte di S.C. ai fini di un’ulteriore rettificazione dell’atto di Stato Civile, poichè una volta rilevata l’inopponibilità della rettificazione comunque nei riguardi della S. – litis consorte pretermessa – manteneva valenza l’originario atto di morte.
Passando dunque all’esame dell’impugnazione principale mossa da S.M., il primo ed il terzo motivo risultano fondati mente va rigettato il secondo motivo d’impugnazione.
Difatti con il secondo mezzo di doglianza la ricorrente principale lamenta il vizio di violazione di legge in relazione alla disciplina dell’obbligo di rendiconto gravante sul mandatario, in quanto la Corte ambrosiana ha rigettato la sua domanda di rendiconto,esposta verso la zia S.P., per assenza del diritto presupposto, non rilevando che detta richiesta era da lei stata avanzata, quale erede della nonna mandante, verso la zia quale, mandataria, in relazione non già alla gestione del bene, bensì alla vendita alla srl Flores Vivagna della quota dell’immobile in *****, apparentemente, in signoria della mandante.
Viceversa la Corte territoriale aveva esaminata la questione ritenendo la domanda di rendiconto correlata al godimento da parte di altri del suo bene, posto che aveva evocato la questione dei frutti, ex art. 745 c.c., istituto correlato propriamente alla collazione in ambito ereditario.
Parte impugnante principale deduce violazione di legge ma, in effetti, lamenta omessa pronuncia sulla domanda di rendiconto siccome effettivamente proposta – specifico affare di vendita alla srl Flores del bene asseritamente in signoria pro quota di B.A..
Al riguardo in effetti la Corte ambrosiana esamina la questione ma ricollega la domanda alla gestione del bene da parte della zia quale mandataria della madre, dopo aver ricordato il tenore del motivo d’appello che affrontava la statuizione del primo Giudice, il quale aveva ritenuto tardiva detta prospettazione della ragione giuridica fondante la richiesta di rendiconto.
Inoltre, il cenno operato dalla Corte ai frutti non appare principalmente collegato alla domanda di rendiconto, bensì a quella di ristoro danni, posto che solo in relazione alla gestione dei frutti, resi dal bene non goduto, la proprietaria poteva pretendere i rendiconto, altrimenti detta pretesa non risultava collegata alle specifiche situazioni, in cui la legge riconosce detto diritto.
In effetti la Corte ambrosiana non ha specificatamente esaminato la questione della domanda di rendiconto, siccome precisata in sede d’appello dalla S. ritenendo errata la qualifica di domanda nuova adottata dal Tribunale, ma ha rilevato comunque la carenza di interesse della impugnante per mancanza della situazione fattuale e giuridica, cui la legge correla l’obbligo di render il conto.
Ma sotto tale profilo, la declaratoria di inefficacia ed inopponibilità a S.M., per la sua quota di immobile, del contratto di vendita da parte di B.A. a mezzo della mandataria S.P., ottenuta dall’impugnante principale, comporta necessariamente che anche il prezzo pagato debba esser restituito alla società acquirente, che ha perso il bene.
Dunque la mandataria avrebbe dovuto render il conto circa la sorte del prezzo ottenuto dalla vendita, ossia il medesimo prezzo che deve esser restituito alla società acquirente privato del bene a seguito della petitio hereditatis azionata dal medesimo soggetto, che agisce in rendiconto.
Evidente appare la – rilevata anche dalla Corte ambrosiana – carenza d’interesse a sostegno di detta domanda ad esito di questa lite afferente la restituzione del bene all’erede.
Interesse che ovviamente risulterà presente quando la società acquirente dovesse richiedere alle eredi della B. la restituzione del prezzo eventualmente – pagato, poichè in tal momento S.M. avrà interesse ad accertare se la mandataria ebbe a riversare effettivamente alla B. venditrice il prezzo della vendita ovvero no.
Con la prima doglianza S.M. deduce omesso esame di fatto decisivo, nullità della sentenza, ex art. 132 c.p.c. e violazione degli artt. 2043 e 2697 c.c., in quanto la Corte milanese – accogliendo l’appello della società resistente – ebbe a rigettare la sua domanda di risarcimento del danno in dipendenza del mancato godimento della sua quota del l’immobile in ***** a seguito dell’intervenuta vendita, anche della sua quota, alla srl Flores Vivagna.
In particolare la ricorrente rileva come la Corte territoriale abbia negato l’esistenza e dell’evento lesivo e della condotta iliecita,omettendo di considerare che ella, prima della vendita illecita della sua quota, era nel godimento della stessa quale contitolare dell’immobile, siccome comprovato dalla intervenuta trascrizione a peso di detto bene della sua accettazione dell’eredità, devolutale morendo dal padre naturale.
Inoltre, osserva la S., la Corte di merito non ha considerato il fatto che l’immobile era bene fruttifero, sicchè il pregiudizio si configurava in re ipsa, ed inoltre ella aveva proposto domanda di condanna generica poichè la vendita di bene altrui è condotta potenzialmente produttiva di pregiudizio per il titolare offeso.
In effetti concorrono i vizi denunziati posto che la Corte ambrosiana non ha rilevato che a peso dell’immobile in ***** sui registri Immobiliari risultava iscritta l’accettazione dell’eredità da parte di S.M. sin dal 1987, pur risultando detto fatto documentato in causa.
Inoltre non ha considerato come il pregiudizio risulta configurato esattamente dal mancato godimento del proprio bene e dalla mancata percezione dei frutti in conseguenza dell’illecita vendita del proprio bene, cui pure la Corte territoriale opera cenno per individuare la domanda ritenuta più corretta da proporre invece che quella di ristoro danni.
Con il terzo mezzo d’impugnazione la S. denunzia violazione delle norme in artt. 2909 e 1292 c.c., nonchè artt. 102 e 324 c.p.c., in quanto la Corte ambrosiana ha riformato la statuizione di condanna, in solido fra loro, della srl Flores Vivagna e S.P. al ristoro dei danni, da liquidarsi in separata sede, assunta dal Tribunale di Milano benchè detta statuizione impugnata solamente dalla società e non anche da S.P..
Fondata è pure detta censura, posto che è tradizionale insegnamento di questa Suprema Corte che la condanna solidale non origina una situazione di litis consortio necessario tra i debitori, sicchè l’impugnazione da parte di uno solo di questi non attinge anche la posizione dell’altro debitore, relativamente alla quale viene a formarsi il giudicato – Cass. sez. 2 n 5084/1990, Cass. sez. 1 n 13585/06 -.
Nella specie la Corte milanese ha modificato pure la statuizione di condanna emessa contro S.P. non appellante,quindi divenuta cosa giudicata, posto che il gravame avverso detta statuizione risultava proposto esclusivamente dalla società srl Flores Vivagna.
All’accoglimento dell’impugnazione principale mossa da S.M., nei limiti precisati in questa sentenza,segue l’annullamento in parte qua della sentenza resa dalla Corte d’Appello di Milano con rinvio a detta Corte, altra sezione, del procedimento per nuovo esame dei punti attinti dai rilievi accolti e disciplina delle spese di lite anche per questo giudizio di legittimità.
Concorrono in capo alla srl Flores Vivagna – la cui impugnazione incidentale è stata integralmente rigettata – le condizioni per il pagamento dell’ulteriore contributo unificato.
P.Q.M.
Accoglie il primo e terzo motivo del ricorso principale,rigettato il secondo motivo ed il ricorso incidentale, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Milano, altra sezione, che provvederà anche a disciplinare le spese di questo giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della società ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 10 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018
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