LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23405-2010 proposto da:
M.G.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA L.
CALAMATTA 16, presso lo studio dell’avvocato GUIDO BRUNO CRASTOLLA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO ENTRATE DI BRINDISI, in persona del Direttore pro tempore, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 61/2010 della COMM.TRIB.REG. DELLA PUGLIA SEZ.DIST. di LECCE, depositata il 25/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/10/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO FEDERICO, che ha chiesto l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.
FATTI DI CAUSA
M.G.A. propone ricorso per cassazione, con quattro motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, nel giudizio introdotto con l’impugnazione dell’avviso di accertamento con il quale, ai fini dell’IRPEF e dell’ILOR per l’anno 1993, veniva determinato un maggior reddito d’impresa, contestandosi la fittizietà dei rapporti commerciali intercorsi con le ditte riportate nel verbale di constatazione, “coinvolte in emissione di fatture per operazioni inesistenti”, ha confermato la fondatezza della pretesa.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, il contribuente eccepisce la tardività della costituzione dell’Agenzia delle entrate nel giudizio di secondo grado, con conseguente inammissibilità, rilevabile anche d’ufficio, dell’appello, essendo stato questo depositato nella segreteria della CTR il 19 giugno 2002, e quindi oltre i trenta giorni dall’8 maggio 2002, data nella quale al contribuente era stato notificato l’atto di appello.
Col secondo motivo, denunciando falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. c), e dell’art. 2729 c.c., lamenta che l’ufficio abbia proceduto alla rettifica del reddito d’impresa a seguito della sola semplice segnalazione della Guardia di finanza; col terzo motivo denuncia la violazione del principio dell’onere della prova, per avere la CTR ritenuto sufficienti semplici presunzioni e congetture addotte dall’ufficio; con il quarto motivo lamenta contraddittorietà e insufficienza della motivazione, con riguardo alla ritenuta idoneità della contabilità del contribuente a legittimare l’accertamento compiuto.
Il primo motivo del ricorso è fondato, con assorbimento dell’esame degli ulteriori motivi, attinenti al merito dell’accertamento.
Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, che regola la costituzione in giudizio del ricorrente ed è richiamato per l’appello dal successivo art. 53, comma 2, stabilisce che il ricorrente entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso a pena di inammissibilità deposita nella segreteria della commissione tributaria adita copia del ricorso spedito per posta.
Nella specie risulta che il piego senza busta, in atti, recante l’appello spedito all’appellato pervenne a quest’ultimo l’8 maggio 2002, ed il ricorso fu depositato presso la segreteria della CTR, come risulta anche dal frontespizio della sentenza impugnata, il 19 giugno 2002, e quindi oltre il termine prescritto di trenta giorni.
Questa Corte ha in proposito chiarito come “nel processo tributario, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente (o dell’appellante), che si avvalga per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a meno di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione) ” (Cass. sezioni unite, 29 maggio 2017, n. 13452; n. 12027 del 2014).
Il motivo deve essere pertanto accolto, con assorbimento dell’esame degli ulteriori motivi, e la sentenza deve essere cassata senza rinvio, a norma dell’art. 382 c.p.c., perchè il processo non poteva essere proseguito.
Le spese del grado d’appello possono essere compensate fra le parti, in considerazione del carattere controverso della questione.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, e cassa la sentenza impugnata senza rinvio.
Condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 5.000, oltre alle spese generali determinate forfetariamente nella misura del 15%, e dichiara compensate fra le parti le spese del grado di appello.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2017.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018