LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Paolo – rel. est. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;
– ricorrente –
contro
G.P. e B.M., ambedue rappresentati e difesi, in virtù delle procure speciali apposte in calce al controricorso, dagli Avv.ti Pasquale Russo e Guglielmo Fransoni, anche disgiuntamente fra di loro, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo, al viale Bruno Buozzi n. 102 in Roma;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Firenze il 10.11.2010, e pubblicata il 05.01.2011;
raccolte le conclusioni rassegnate dal P.M. di udienza, dott.ssa ZENO Immacolata, che ha domandato l’accoglimento del ricorso;
ascoltate le discussioni proposte rispettivamente, dal difensore della ricorrente, Avv. Camassa Maria Pia e dal procuratore dei controricorrenti, Avv. Guglielmo Fransoni;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere Dott. Paolo Di Marzio;
la Corte osserva:
FATTI DI CAUSA
l’Agenzia delle Entrate, Ufficio locale di Prato, notificava in data 15.05.2008 a G.P., ed il 10.09.2008 a B.M., distinti avvisi di accertamento al fine di recuperare a tassazione l’IRPEF, con relative addizionali, somme ritenute dovute dai contribuenti per il periodo d’imposta 2004, in conseguenza della percezione di redditi da partecipazione societaria, per maggiori imponibili pari ad Euro 933.571,00 in riferimento al G. ed a Euro 466.786,00, in riferimento a B..
Gli avvisi trovavano fondamento nelle risultanze formalizzate nel Processo Verbale di Constatazione (PVC) del 12.09.2007, redatto dal Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Prato, nei confronti della società ***** S.r.l. Mediante il suddetto PVC, i verbalizzanti contestavano alla società la contabilizzazione di fatture d’acquisto emesse dalla società DUEGI INERTI S.r.l., afferenti ad operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, per un ammontare complessivo pari ad Euro 4.662.751,00.
Nella specie, essendo la ***** S.r.l. una società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria, l’Agenzia delle Entrate perveniva alla conclusione che tutti i soci avessero una effettiva partecipazione nella vita societaria e riteneva, pertanto, sussistenti tutte le condizioni di operatività della presunzione – di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, – di intervenuta distribuzione ai soci dei maggiori utili accertati a carico della società, che i contribuenti avrebbero percepito e non dichiarato per il periodo d’imposta 2004.
Gli odierni comparenti adivano, con distinti ricorsi, la Commissione Tributaria Provinciale di Prato, lamentando il vizio di motivazione degli avvisi, argomentati per relationem rispetto al PVC emesso nei confronti di un soggetto diverso, nonchè censurando l’infondatezza nel merito delle pretese sollevate nei loro confronti, sul presupposto dell’illegittima applicazione della presunzione semplice di distribuzione degli utili.
L’Ufficio si costituiva in entrambi i giudizi di primo grado, difendendo la correttezza e legittimità del proprio operato ed evidenziando la sopravvenuta definitività dell’avviso di accertamento n. *****, notificato in data 16.05.2008, in conseguenza della mancata impugnazione da parte della ***** S.r.l.
La Commissione Tributaria Provinciale di Prato, previa riunione dei procedimenti incardinati dalla G. e dal B., decidendo nel merito con sentenza n. 26.6.2009, accoglieva il ricorso proposto dalla prima e rigettava invece quello presentato dal secondo, a motivo delle distinte posizioni rivestite dai due soci, in seno alla società G. e C., all’epoca dei fatti accertati.
Nello specifico, i giudici di primo grado ritenevano che la veste di amministratore unico della ***** S.r.l., nonchè di socio di maggioranza della Duegi Inerti S.r.l., costituisse un serio e non contestabile indizio della effettiva partecipazione di B.M. al disegno elusivo della imposizione intercorso fra le due società. La Commissione Tributaria Provinciale concludeva invece in senso opposto in relazione alla G., circa la possibilità di vederle attribuita una quota-parte dei redditi non dichiarati, in quanto soltanto socia delle due società di capitali, nella misura del 50°h in riferimento alla ***** Srl (fino al 29.9.2004), e del 33,3 % in riferimento alla Duegi Inerti Srl, oltre ad essere il coniuge di R.B., che dal 22.9.2004 diveniva legale rappresentante della Duegi Inerti. La G. non risultava aver ricoperto incarichi di amministrazione in nessuna delle due società.
Avverso tale pronuncia proponevano appello, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, tanto l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate in relazione al capo della sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento nei confronti della G., quanto il B. in ordine della decisione che lo aveva visto soccombente.
Il giudice dell’appello pronunciandosi, con le sentenze n. 1/13/2011 e 2/13/2011, entrambe depositate il giorno 05.01.2011, accoglieva il ricorso introdotto dal B. e respingeva quello promosso dall’Ufficio ritenendo che, sebbene i fatti dedotti nella motivazione degli avvisi controversi potessero in astratto giustificare l’applicazione della regula juris, di matrice giurisprudenziale, circa l’operatività della presunzione di distribuzione fra i soci dei maggiori ricavi della società, nel caso di specie siffatta distribuzione risultava smentita dagli stessi atti su cui si fondavano le pretese dell’Amministrazione Finanziaria, ovvero il PVC redatto dalla Guardia di Finanza.
Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale ricorre per cassazione l’Ente impositore, l’Agenzia delle Entrare, assistita e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, affidandosi a due motivi di impugnazione. G.P. e B.M. resistono con unico controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. – L’Agenzia delle Entrate contesta, con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 3, e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 44, lett. e), nonchè degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c.. La ricorrente censura la Commissione Tributaria Regionale impugnata per aver illegittimamente omesso di rilevare il mancato assolvimento, da parte dei contribuenti, dell’onere della prova incombente sui medesimi, circa la destinazione diversa dalla distribuzione – dei maggiori ricavi accertati e conseguiti dalla società.
1.2. – La ricorrente critica, mediante il secondo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di motivazione della decisione impugnata, in conseguenza dell’insufficienza ed apoditticità delle argomentazioni con cui la Commissione Tributaria Regionale impugnata ha ritenuto assolta, da parte dei contribuenti, la prova liberatoria relativa alla distribuzione di utili extrabilancio.
2.1. – 2.2. – I due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, perchè domandano di rivalutare le emergenze di causa in considerazione dei medesimi elementi, da esaminarsi in relazione ai profili della violazione di legge e del vizio di motivazione.
Le circostanze di fatto che occorre esaminare ai fini del decidere, secondo la prospettazione della ricorrente, sono innanzitutto l’avvenuta definitività dell’accertamento compiuto nei confronti della ***** S.r.l. per effetto della mancata impugnazione da parte della stessa società, che consente di ritenere acquisito il dato relativo all’illecito contabile commesso ed al reddito evaso dalla medesima. In proposito, i controricorrenti affermano di non essere stati in condizione di contestare l’accertamento relativo alla fatturazione di operazioni inesistenti da parte della società G. & C., perchè dichiarata fallita il 13 febbraio 2008, essendo stato in conseguenza l’amministratore sostituito dal curatore, che non ha ritenuto di impugnare l’avviso di accertamento ricevuto il 15.5.2008. In proposito deve peraltro osservarsi che gli odierni controricorrenti non hanno contestato, in questa sede, le risultanze dell’accertamento compiuto nei confronti della società. Occorre inoltre tener conto dello stretto legame soggettivo fra le due società coinvolte nelle fittizie fatturazioni, che vede il B. amministratore di una società e, al contempo, socio dell’altra, e G.R. socia tanto della ***** quanto della DUEGI INERTI, nonchè coniuge del legale rappresentante della seconda società, emittente delle fatture false.
La ricorrente afferma che, alla luce di quanto emerso dall’incartamento processuale, l’Agenzia delle Entrate ha legittimamente fatto ricorso all’applicazione della presunzione di distribuzione degli utili, trattandosi di una società a ristretta base proprietaria composta da soli tre soci.
L’Agenzia ricorda quindi i dati che sono stati esaminati dalla Commissione Regionale impugnata e che si riferiscono alle attestazioni rese dalla Guardia di Finanza nel corpo del PVC, richiamato dai giudici regionali e puntualmente invocato dai contribuenti in tutti gli atti difensivi depositati nei rispettivi giudizi di merito, per affermare come tali elementi non siano stati adeguatamente valutati, e come sia stato immotivatamente attribuito loro un significato diverso, quale risultato di un’opera di estrapolazione dal contesto.
La Commissione fiorentina ha, infatti, ritenuto che dall’esame del PVC della Guardia di Finanza si evince che sono stati sottoposti ad un attento controllo tutti i conti correnti a loro intestati senza che emergessero contestazioni da far presumere una percezione degli utili de quo. Pertanto, atteso che tale verifica non è stata in alcun modo negata dall’Ufficio, è da ritenere che essa corrisponda al vero per cui costituisce un elemento determinante per escludere una distribuzione degli utili in capo ai ricorrenti, tenuto conto del loro importo sensibilmente elevato e quindi difficilmente occultabilè (sent. CTR, p. 3).
In definitiva la ricorrente sostiene che la Commissione Regionale, valorizzando determinate emergenze processuali – ovvero l’esito delle verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza sui conti bancari – a preferenza di altre, non solo abbia omesso di verificare se i contribuenti avessero effettivamente fornito la prova contraria idonea a vincere la presunzione di distribuzione degli utili conseguiti da una società di capitale a ristretta base proprietaria, ma neppure abbia avuto cura di spiegare, anche in sintesi, le ragioni le quali inducono a ritenere che il mancato rinvenimento di disponibilità finanziare sui conti correnti dei soci, di per sè, escluda l’avvenuta distribuzione di utili extrabilancio.
In relazione a tali profili, i proposti motivi di ricorso devono valutarsi fondati.
In proposito questa Suprema Corte, proponendo un indirizzo interpretativo condivisibile ed al quale si intende pertanto assicurare continuità, ha già avuto ripetutamente occasione di affermare che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base par-tecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione, ai soci, degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, per essere stati, invece, accantonati dalla società ovvero da essa reinvestiti”, Cass. sez. 5, sent. 8.7.2008, n. 18640 (conf., tra le altre, Cass., sez. 6-5, ord. 18.10.2012, n. 17928).
Decisivo nel giudizio appare, pertanto, l’onere che incombe sul socio contribuente di fornire la prova positiva della reale destinazione dei maggiori ricavi conseguiti dalla società a ristretta base proprietaria, e dunque la dimostrazione del reinvestimento o dell’accantonamento dei proventi, che sola può vincere la presunzione della distribuzione dei redditi tra i soci. Secondo la Commissione Tributaria Regionale di Firenze gli odierni controricorrenti avrebbero assolto l’onere probatorio gravante nei loro confronti limitandosi a richiamare i ricordati esiti del PVC redatto dalla Guardia di Finanza.
Diversamente, appare condivisibile quanto osservato nel proprio ricorso dall’Ente impositore, secondo cui l’assenza di tracce degli utili sui conti bancari dei soci non assicura prova della effettiva destinazione dei fondi, atteso che la distribuzione potrebbe essere stata attuata tramite contanti, oppure gli utili, al momento delle verifiche, avrebbero potuto essere stati già spesi o risultare immobilizzati in altri investimenti o confluiti in conti non rinvenuti dai verificatori, perchè intestati ad altri familiari o prestanomi. Si osservi che neppure nei rapporti tra le due società interessate nella vicenda dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti, la ***** e la Duegi Inerti, i verificatori hanno rinvenuto alcuna prova di movimentazioni bancarie, sebbene risultino trasferite elevate somme di denaro.
Nel caso di specie, non emerge dalla decisione impugnata che i contribuenti abbiano in concreto assolto all’onore probatorio posto a loro carico, ragion per cui il ricorso deve essere accolto, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, perchè provveda a rinnovare il giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Firenze che, in diversa composizione, provvederà alla rinnovazione del giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e disciplinerà anche le spese di lite del presente ricorso per cassazione.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018