Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.12334 del 09/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23560-2012 proposto da:

D.M.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA TACITO 41, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE LUCIO PATTI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI SALERNO UFFICIO CONTROLLI in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 81/2012 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il 27/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/02/2019 dal Consigliere Dott. LOCATELLI GIUSEPPE.

RITENUTO IN FATTO

In data 6 giugno 2009 l’Agenzia delle Entrate notificava a D.M.A., in qualità di amministratore pro tempore della s.r.l. GD Costruzioni nonchè in proprio quale autore delle violazioni, un avviso di accertamento per omesso versamento Iva oltre a sanzioni, relativamente all’anno di imposta 2004.

Il contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Salerno che lo rigettava con sentenza n. 73 del 2010.

D.M. proponeva appello alla Commissione tributaria regionale della Campania che lo rigettava con sentenza n. 81 del 27.2.2012.

Contro la sentenza di appello D.M. propone tre motivi di ricorso per cassazione.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso chiedendo di dichiarare inammissibile o rigettare il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Primo motivo: “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; art. 160 c.p.c.; art. 2700 c.c.)”, nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto la competenza territoriale della Agenzia delle Entrate Ufficio di Eboli alla emissione dell’avviso di accertamento, nonostante la società avesse spostato la propria sede legale in Agropoli.

Il motivo è inammissibile. La C.T.R. ha rigettato l’eccezione di nullità dell’avviso per incompetenza territoriale dell’Ufficio emittente osservando che, dalla dichiarazione dei redditi trasmessa alla Agenzia delle Entrate di Eboli e da questa prodotta nel giudizio, non risultava che la società G.D. Costruzioni avesse comunicato il cambiamento del domicilio fiscale (da Battipaglia ad Agropoli), con la conseguenza che l’avviso di accertamento risultava legittimamente emesso dalla Agenzia delle Entrate di Eboli quale Ufficio territorialmente competente ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 31, comma 2; il giudice di appello inoltre riteneva che il documento costituito dalla dichiarazione dei redditi certamente spedita dalla società alla Agenzia delle Entrate avesse valore probatorio prevalente sulle semplici copie meccanografiche della dichiarazione stampate dal consulente fiscale della società (recanti la variazione del comune di ubicazione della sede legale), non risultando che dette copie fossero state effettivamente spedite all’Ufficio tributario.

Il ricorrente reitera la propria eccezione di incompetenza territoriale senza confrontarsi con la ratio decidendi espressa nella sentenza impugnata, ma chiedendo inammissibilmente a questa Corte di sostituirsi al giudice di merito nella valutazione comparata della rilevanza probatoria dei documenti prodotti dalle parti in giudizio.

2. Secondo motivo: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge: D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11; art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto che D.M.A., nella veste di autore materiale delle violazioni, fosse tenuto al pagamento dell’imposta evasa dalla società, la quale, in quanto dotata di autonoma personalità giuridica, doveva essere ritenuta l’unico soggetto passivo della imposta.

Il motivo è infondato. Il giudice di appello ha rilevato che l’avviso di accertamento per il pagamento dell’Iva dovuta dalla società di capitali G.D. Costruzioni è stato notificato al ricorrente nella qualità di legale rappresentante della società nonchè socio unico e amministratore della stessa, mentre le sanzioni gli sono state richieste “in proprio” quale autore delle violazioni.

3. Terzo motivo:”Invalidità dell’avviso di accertamento per avere, l’Ufficio accertatore, richiesto al ricorrente il pagamento di imposte e sanzioni non dovute (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto la responsabilità personale di D.M. per il pagamento delle sanzioni in violazione del D.Lgs. n. 269 del 2003, art. 7, secondo cui le sanzioni relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica.

Il motivo è infondato. In materia di sanzioni amministrative tributarie vige il principio (mutuato dal diritto penale) della responsabilità personale dell’autore della violazione stabilito dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2, comma 2, secondo cui “la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso la violazione”. In deroga a tale principio, nonchè in deroga al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11, che prevede la responsabilità solidale delle società (con o senza personalità giuridica) nel cui interesse ha agito la persona fisica autrice della violazione, il D.L. n. 269 del 2003, art. 7, convertito nella L. 326 del 2003, ha stabilito che “le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società od enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”. L’applicazione della norma eccezionale introdotta dal citato D.L. n. 269 del 2003, art. 7 presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata, dotata di personalità giuridica, poichè solo la ricorrenza di tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l’autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico del diverso soggetto giuridico (società dotata di personalità giuridica) quale effettivo beneficiario delle violazioni tributarie commesse dal proprio rappresentante o amministratore; viceversa, qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio, viene meno la ratio che giustifica l’applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 7, diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito. Conferma tale conclusione il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11, il quale prevede la responsabilità solidale delle società senza personalità giuridica per le sanzioni amministrative irrogate a carico della persona fisica autrice della violazione, qualora la violazione sia stata commessa “nell’interesse” della società rappresentata o amministrata; ciò significa, a contrariis, che qualora la persona fisica autrice della violazione non abbia agito nell’interesse della società, ma abbia perseguito un interesse proprio o comunque diverso da quello sociale, non sussiste la responsabilità solidale per le sanzioni amministrative della società priva di personalità giuridica, ed allo stesso modo non sussiste la responsabilità esclusiva della società dotata di personalità giuridica D.L. n. 269 del 2003, ex art. 7, ma trova applicazione la regola generale sulla responsabilità personale dell’autore della violazione commessa nell’interesse esclusivamente roprio. (conformi le conclusioni di Sez. 5 n. 28331/2018; Sez. 5 n. 5924/2017; Sez. 5 19716/2013).

A tale principio si è attenuto il giudice di appello, il quale, con accertamento in fatto insindacabile in questa sede, ha rilevato che “la quasi totalità degli acquirenti di immobili avevano evidenziato di avere effettuato pagamenti superiori a quelli dichiarati, non a favore della società venditrice G.D Costruzioni s.r.l. ma a favore di D.M.A….il quale incassava parte delle somme scaturenti dalla vendita degli appartamenti invece di farli incassare dalla Società”.

Spese liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate liquidate in Euro 5.600,00 oltre eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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