LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2696/2015 proposto da:
A.L.M., rappresentato e difeso dall’Avvocato PIERPAOLO SALINETTI presso il cui studio a Roma, viale dell’Umanesimo 308, elettivamente domicilia per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
LABORATORIO ANALISI CLINICHE E MICROBIOLOGICHE SANTACROCE S.R.L., rappresentata e difesa dall’Avvocato FRANCESCO VENDITTI ed elettivamente domiciliata a Roma, via Ludovisi 35, presso lo studio dell’Avvocato MASSIMO LAURO per procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5863/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/9/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/11/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica, Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La s.r.l. Laboratorio Analisi Cliniche e Microbiologiche Santacroce, con citazione notificata il 21/9/2005, dopo aver premesso di essere proprietaria dell’immobile sito in *****, ha dedotto di aver scoperto che dal superiore immobile di proprietà del Dott. A.L.M., adibito a studio dentistico, si dipartiva una condotta di scarico in PVC attraverso la quale venivano smaltiti reflui altamente inquinanti che attraversava la parete di accesso frontale dell’immobile di proprietà della società attrice, ed ha, quindi, convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Tivoli, A.L.M. chiedendo che, previa conferma dell’ordinanza emessa all’esito del procedimento cautelare, fosse dichiarata l’inesistenza di qualsivoglia servitù di scarico gravante sul proprio immobile e che il convenuto fosse condannato alla rimozione della condotta di scarico ed al risarcimento dei danni.
A.L.M. si è costituito in giudizio ed ha eccepito che la condotta di scarico esisteva sin dalla realizzazione del fabbricato, che nessuna modifica era stata apportata negli anni da lui o dal suo dante causa ed ha, quindi, chiesto il rigetto dell’azione di negatoria della servitù, con declaratoria della sua costituzione per destinazione del padre di famiglia o per usucapione.
Il tribunale di Tivoli, con sentenza del 3/12/2009, ha accolto la domanda, dichiarando l’inesistenza della servitù di scarico sull’immobile di proprietà della società attrice ed a favore di quello del convenuto, ed ha condannato quest’ultimo alla rimozione della condotta di scarico, rigettando, invece, la domanda di risarcimento dei danni e le domande riconvenzionali proposte dall’ A..
A.L.M., con citazione notificata il 7/5/2010, ha proposto appello, assumendo l’erroneità della sentenza e chiedendone la modifica nel senso che, in accoglimento della domanda spiegata in primo grado, fosse dichiarata costituita per destinazione per padre di famiglia ovvero per usucapione la servitù di conduttura e/o di passaggio di tubazione all’interno ed a carico dell’immobile di proprietà della società attrice, quale fondo servente, ed a favore del proprio immobile, quale fondo dominante.
La s.r.l. Laboratorio Analisi Cliniche e Microbiologiche Santacroce si è costituita in giudizio ed ha eccepito l’infondatezza del gravame, chiedendone il rigetto.
La corte d’appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l’appello ed ha, per l’effetto, confermato l’impugnata sentenza.
A.L.M., con ricorso spedito per la notifica il 21/1/2015, ha chiesto, per un motivo, la cassazione della sentenza resa dalla corte d’appello, dichiaratamente non notificata.
La s.r.l. Laboratorio Analisi Cliniche e Microbiologiche Santacroce ha resistito con controricorso notificato in data 3/3/2015.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo articolato, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 102 e 354 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la nullità del procedimento e della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ha censurato la sentenza impugnata per violazione del litisconsorzio necessario, posto che, da un lato, la società attrice non ha provveduto a convenire in giudizio la sig.ra K.S., comproprietaria, per una quota pari al 50%, dell’immobile che ne costituisce l’oggetto, e, dall’altro lato, il contraddittorio con la stessa non è stato integrato nè in primo grado nè in appello, laddove, al contrario, tanto nell’actio negatoria servitutis, ove sia stato chiesto il mutamento dello stato di fatto con la demolizione delle opere mediante le quali la servitù è esercitata, quanto nelle azioni di accertamento della costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, tutti i comproprietari dell’immobile che costituisce il fondo dominante sono litisconsorti necessari nel conseguente giudizio.
2. Il motivo, che è ammissibile limitatamente al denunciato vizio di nullità della sentenza e del procedimento, è fondato. Gli atti del giudizio di merito, al quale, per la natura processuale del vizio dedotto, la Corte accede direttamente, dimostrano che l’immobile sito a *****, è stato acquistato, con atto dell’8/5/1978, per una quota pari alla metà, da A.L. e, per una quota pari all’altra metà, da K.S.. Ciò comporta che, a seguito dell’incontestato decesso di A.L. in data *****, la quota appartenente a quest’ultimo è stata attribuita, per testamento, al ricorrente con la conseguenza che, già al momento dell’introduzione del giudizio, l’immobile costituente – in ipotesi – il fondo dominante apparteneva al convenuto A.L.M. solo per la quota già appartenente al padre: per l’altra metà, invece, l’immobile apparteneva a K.S.. Ora, come affermato più volte da questa Corte, l’actio confessoria o negatoria servitutis, nel caso in cui il fondo dominante o servente, od anche entrambi, appartengano pro indiviso a più proprietari, comporta un litisconsorzio necessario tra tutti i comproprietari quando, come nel caso di specie, non si risolva in un mero accertamento del diritto, essendo diretta anche ad una modificazione della cosa comune, mediante la demolizione di manufatti o di costruzioni comuni, che non può essere disposta od attuata pro quota, in assenza di uno dei contitolari del diritto dominicale (Cass. n. 6622 del 2016, in motiv.; Cass. n. 17663 del 2018). Gli stessi principi valgono per le azioni possessorie e nunciatorie: ed infatti, qualora il ripristino della situazione anteriore allo spoglio o alla turbativa debba avvenire con la demolizione di un’opera appartenente a più proprietari, sussiste il litisconsorzio necessario nei confronti non soltanto degli autori dello spoglio o della turbativa ma anche dei comproprietari che per effetto dell’abbattimento del bene subirebbero gli effetti della condanna (Cass. n. 7412 del 2003; Cass. n. 22833 del 2005; Cass. n. 921 del 2010; Cass. n. 3933 del 2010). Peraltro, il vizio processuale derivante dall’omessa citazione di alcuni litisconsorti necessari può essere dedotto per la prima volta anche in sede di legittimità ed, in ogni caso, rilevato d’ufficio dalla Corte di cassazione, alla duplice condizione che gli elementi che rivelano la necessità del contraddittorio emergano, con ogni evidenza, dagli atti già ritualmente acquisiti nel giudizio di merito (senza la necessità di svolgimento di ulteriori attività istruttorie) e che sulla questione non si sia formato il giudicato (Cass. n. 3024 del 2012; Cass. n. 26388 del 2008). Nel caso di specie, gli atti del giudizio di merito dimostrano, per un verso, che l’atto di compravendita dell’8/5/1978, dal quale emerge l’acquisto per una quota pari alla metà da parte di K.S., era stato depositato già in primo grado, e, per altro verso, che il tribunale non aveva operato alcun accertamento, rimasto in ipotesi inoppugnato e divenuto quindi definitivo, in ordine alla insussistenza del litisconsorzio necessario tra il convenuto e K.S.. Del resto, la parte che eccepisce la non integrità del contraddittorio ha solo l’onere di indicare nominativamente le persone che devono partecipare al giudizio quali litisconsorti necessari, di provarne l’esistenza e di documentare i presupposti di fatto che giustificano l’integrazione (Cass. n. 13571 del 2006; Cass. n. 12740 del 2001; Cass. n. 3975 del 1997), senza avere, peraltro, l’onere di dimostrarne l’esistenza in vita ovvero la loro residenza, domicilio o dimora abituale (Cass. n. 12740 del 2001). Il tribunale, quindi, a fronte delle evidenziate emergenze, avrebbe dovuto disporre, a norma dell’art. 102 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario, nello stesso modo in cui la corte d’appello avrebbe dovuto provvedere, a norma dell’art. 354 c.p.c., comma 1, a rimettere la causa al primo giudice. Ed è noto che quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata nè dal giudice di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, nè da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 1, resta viziato l’intero processo e s’impone, in sede di giudizio per cassazione, l’annullamento – anche d’ufficio – delle pronunce emesse (se, come nella specie, sfavorevoli agli interessi del litisconsorte pretermesso) ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure a norma dell’art. 383 c.p.c., comma 3 (Cass. n. 8825 del 2007; conf. Cass. n. 6644 del 2018; Cass. n. 18127 del 2013; Cass. n. 3678 del 2009).
3. Il ricorso dev’essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3, con rinvio al tribunale di Tivoli che, in diversa composizione, si pronuncerà anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Tivoli che, in diversa composizione, si pronuncerà anche sulle spese del presente procedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2019
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