LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25648/2017 proposto da:
P.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI, 44, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PACE, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
L.M.;
– intimato –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 12/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/02/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Roma in composizione monocratica accoglieva la domanda dell’Avvocato L.M. avente ad oggetto la richiesta di pagamento delle proprie competenze professionali relative alla rappresentanza e difesa di P.T. in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
2. Preliminarmente il Tribunale rigettava l’eccezione riconvenzionale di compensazione sollevata dalla convenuta in quanto avente ad oggetto un credito di natura risarcitoria consistente, ove accertato, nella perdita di chance derivante da un presunto inadempimento ascritto alla responsabilità dell’avvocato L., credito che non poteva ritenersi liquido, esigibile o di facile e pronta liquidazione, non essendo stato neanche quantificato dalla convenuta.
Il Tribunale rigettava anche l’eccezione relativa alla vincolatività di una prima parcella di importo inferiore inviata dall’avvocato L., in quanto in mancanza di un pregresso accordo e dell’accettazione da parte del cliente, il professionista poteva ritenere che il venir meno dei rapporti amichevoli che lo avevano indotto ad usare un trattamento di favore giustificasse la maggiore richiesta, visto anche il mancato tempestivo pagamento e la mancata accettazione della prima parcella.
Infine, il Tribunale rigettava l’eccezione della difesa della P. circa la mancanza di legittimazione passiva, perchè il rapporto professionale intercorreva tra l’avvocato L. e il marito ing. D.G.. Infatti la firma sulla procura giustificava la presunzione di identità del firmatario con l’assistito o cliente del professionista e, nella specie la P. non aveva fornito alcuna prova che giustificasse il superamento di tale presunzione.
3. P.T. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta ordinanza sulla base di sei motivi.
4. L’Avvocato L.M. intimato non si è costituito.
5. Con memoria depositata in prossimità dell’udienza il ricorrente ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 3 e 14.
Il ricorrente lamenta che, in violazione delle norme citate, la causa sia stata decisa dal Tribunale in composizione monocratica, mentre doveva essere giudicata dal collegio, ai sensi dell’art. 161 c.p.c., comma 1.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1411 e 2697 c.c., dell’art. 100c.p.c. e dell’art. 24 Cost..
La ricorrente ribadisce la tesi difensiva svolta nel precedente grado circa il fatto che la controparte contrattuale dell’avvocato L. era il marito ingegner D.G.G.. Il rapporto professionale aveva ad oggetto questioni riguardante il D.G., o sue società ed era il suddetto D.G. l’unico destinatario delle richieste economiche e delle comunicazioni del legale, mentre la ricorrente era una mera beneficiaria della prestazione. Pertanto, la ricorrente lamenta che nonostante avesse documentato i numerosi pagamenti effettuati dal d.G. a favore dell’avvocato L. il giudice aveva ritenuto non assolto l’onere probatorio circa l’estraneità della ricorrente al rapporto contrattuale.
Inoltre, la ricorrente contesta la decisione del giudice in merito alle richieste istruttorie, allorchè questi non ha ammesso la prova per testi e l’interrogatorio formale dell’avvocato L. senza fornire le ragioni della mancata ammissione.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 1243 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per violazione falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..
La ricorrente lamenta il rigetto della propria eccezione riconvenzionale di compensazione sulla base dell’assunto che si trattava di un credito di non facile e pronta liquidazione, nonostante nelle proprie conclusioni avesse fatto una descrizione minuziosa e puntuale dei fatti posti a fondamento della domanda che dimostravano le evidenti negligenze professionali dell’avvocato L. e che rendevano di facile e pronta liquidazione il credito risarcitorio in capo alla P..
In particolare, la ricorrente aveva lamentato la mancata proposizione di un appello avverso una sentenza del Tribunale di Roma in una causa nella quale la ricorrente si era opposta un decreto ingiuntivo della Banca di Roma emesso nei suoi confronti, con conseguente irrimediabile pregiudizio, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza.
La ricorrente richiama la giurisprudenza secondo la quale per il risarcimento del danno del legale non c’è bisogno di una prova certa del pregiudizio arrecato alla cliente, essendo sufficiente provare il danno mediante il criterio del “più probabile che non”. Pertanto, se il legale omette di impugnare una sentenza, lasciando scadere i termini, l’assistito ha diritto di essere risarcito anche se non è sicuro l’esito del giudizio di secondo grado.
Di tali affermazioni non veniva effettuata alcuna considerazione nell’ordinanza impugnata che, dunque, ometteva di pronunciarsi sull’eccezione della P. che chiedeva di opporre in compensazione il danno subito, come emergente sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente documentate.
Infine, la ricorrente richiama anche la violazione del dovere d’informazione del professionista.
4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..
La ricorrente contesta che il giudice di primo grado abbia omesso l’esame del fatto decisivo per il giudizio relativo all’intervenuto pagamento effettuato dall’ingegner D.G. di tutto quanto era dovuto all’avvocato L.
5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione falsa applicazione dell’art. 702 ter c.p.c., comma 4.
Secondo la ricorrente il giudice di primo grado nel ritenere necessario un giudizio di istruzione sommaria ex art. 702 bis, avrebbe dovuto, ai sensi dell’art. 702 ter citato, comma 4, disporre la separazione della questione sulla responsabilità professionale dell’avvocato L. rispetto a quella relativa ai compensi professionali. Dunque, il giudice del Tribunale di Roma non solo avrebbe omesso di pronunciarsi sul merito dell’eccezione riconvenzionale volta a paralizzare la domanda del ricorrente, ma non avrebbe proceduto alla separazione dei giudizi in violazione della norma citata.
6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..
La ricorrente lamenta l’erroneo governo delle spese processuali, in quanto nonostante la soccombenza dell’avvocato L. rispetto alla propria ingiustificata richiesta di aumento del 25% dell’onorario per la particolare complessità ed importanza della controversia dovevano essere compensate le spese del giudizio, quantomeno, nella misura del 25%.
7. Il primo motivo è fondato e i restanti sono assorbiti.
Le Sez. Unite di Questa Corte, risolvendo questioni di massima di particolare importanza ex art. 374 c.p.c., concernenti i crediti per spese giudiziali dell’avvocato, hanno affermato che: 1) a seguito dell’introduzione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28, come sostituito dal citato D.Lgs., può essere introdotta con un ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., che dà luogo ad un procedimento sommario “speciale” disciplinato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 3,4 e 14, o con il procedimento per decreto ingiuntivo ex artt. 633 c.p.c. e segg. (e l’eventuale opposizione si dovrebbe proporre ai sensi degli artt. 702 bis c.p.c. e segg. e nel relativo procedimento troverebbero applicazione gli artt. 648,649,653 e 654 c.p.c.), essendo, invece, esclusa la possibilità di introdurre l’azione sia con il rito di cognizione ordinaria e sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico, di cui agli artt. 702 bis c.p.c. e segg. (Sez. U, Sent. n. 4485 del 2018).
Il D.Lgs. n. 150 del 2011, citato art. 14, dispone che per le suddette controversie aventi ad oggetto la liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato è competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera e che il tribunale decide in composizione collegiale.
L’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del Tribunale costituisce, per effetto del rinvio operato dall’art. 50 quater c.p.c., al successivo art. 161, comma 1, causa di nullità della decisione.
La nullità del provvedimento ne determina quindi la cassazione, e l’accoglimento del primo motivo di ricorso implica altresì l’assorbimento degli altri motivi.
8. Il giudice del rinvio che si designa in altro magistrato del Tribunale di Roma, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso ed assorbiti gli altri, cassa il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 8 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2019
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