Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.13750 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14735-2013 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA SALLUSTIO 3, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MARIA GAZZONI, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO MOLINARA;

– ricorrente –

contro

G.P., AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI *****;

– intimati –

avverso la sentenza n. 599/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di SALERNO, depositata il 27/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/10/2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

FATTI DI CAUSA

1. G.P. impugnava l’iscrizione ipotecaria disposta D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, sostenendo l’omessa notifica delle cartelle sottese. Nessuno si costituiva in primo grado.

La CTP accoglieva il ricorso con sentenza che veniva impugnata dalla società Equitalia Polis spa.

La CTR della Campania rigettava l’appello sul rilievo che, consentita la produzione in appello di nuova documentazione, non rientrando detta attività nel divieto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, la società appellante non aveva prodotto gli originali delle cartelle e della restante documentazione, ed assumendo che, ai sensi dell’art. 2712 c.c., le riproduzioni fotografiche fanno prova dei fatti solo se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o agli originali.

Avverso la sentenza n. 27/11/ 12, la concessionario ricorre per cassazione affidato a tre motivi.

Il contribuente non si è costituito.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con i primi due motivi, la concessionaria denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, nonchè del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 2 quinquies (ex art. 360 c.p.c., n. 1, e violazione delle medesime norme in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la CTR omesso di pronunciarsi sul difetto di giurisdizione con riferimento alle cartelle &relative alle violazioni del C.d.S. e per aver omesso di pronunciarsi sull’eccezione di difetto di giurisdizione relativa alle medesime cartelle, proposta con il gravame.

3. Con la terza censura, lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 10 e 25, e art. 26, comma, nonchè dell’art. 2712 c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, censurando l’impugnata sentenza per aver ritenuto l’assenza di carattere probatorio delle copie delle cartelle e relative relate prodotte, in presenza del disconoscimento della controparte, benchè la relata di notifica abbia efficacia probatoria privilegiata propria degli atti pubblici, facente fede fino a querela di falso e non essendo sufficiente il disconoscimento di stile, non accompagnata dalla contestazione specifica delle difformità delle copie rispetto agli originali.

4. Le prime due censure vanno esaminate congiuntamente per la loro intima connessione.

5. L’interpretazione dell’art. 37 c.p.c., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. All’esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l’ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, ne consegue che: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 38 c.p.c. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito “per saltum”, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito.

Il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo, sicchè non può validamente prospettarsi l’insorgenza sopravvenuta di una questione di giurisdizione all’esito del giudizio di secondo grado, perchè tale questione non dipende dall’esito della lite, ma da due invarianti primigenie, costituite dal “petitum” sostanziale della domanda e dal tipo di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice. (S.U. n. 10265/2018; S.U. N. 28503 del 2017; S.U. n. N. 4109 del 2007; Cass. n. 24483/2008; n. 6966/2013;S. U. n. 29/2016; n. 28503/2017; n. 10265/2018).

Pertanto, non avendo la ricorrente trascritto i motivi di appello con cui avrebbe proposto l’eccezione di carenza di giurisdizione e non risultando dalla pronuncia impugnata le doglianze sollevate con il gravame, le censure soggiacciono alla declaratoria di inammissibilità.

6. La terza censura è inammissibile per difetto di autosufficienza.

La questione relativa alle modalità con cui si contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., sul presupposto che la parte non può limitarsi a negare efficacia probatoria alle copie prodotte, ma deve contestare le specifiche difformità (Cass. n. 23902/2017; 16998 del 2015 Rv. 636377 – 01, N. 21003 del 2017), esige la trascrizione delle eccezioni di disconoscimento dedotta dal contribuente, al fine di consentire al giudice di legittimità di verificare la sussistenza della violazione di legge dedotta e, dunque, la correttezza delle argomentazioni del decidente.

Conclusivamente va dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

In assenza di costituzione del contribuente, le spese anticipate dalla ricorrente restano a suo carico.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del e ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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