LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4489-2015 proposto da:
R.V., elettivamente domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE DI PIETRA PAPA 21, presso lo studio dell’avvocato MAURO LONGO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE DOGANE CIRCOSCRIZIONE DOGANALE DI ROMA ***** in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4112/2014 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 19/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/03/2019 dal Consigliere Dott. MELE FRANCESCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO FEDERICO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato DEL MONTE per delega orale dell’Avvocato LONGO che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato PALASCIANO che si riporta agli atti.
FATTI DI CAUSA
R.V. impugnava, dinanzi alla commissione tributaria provinciale di Roma provvedimento n. 10255 del 10.2.2009 con cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nel disattendere la diffida alla restituzione, confermava la legittimità della confisca disposta, ai sensi del T.U.L.D., artt. 295 bis e 301, nei confronti di autoveicolo di proprietà del contribuente recante targa estera (USA); in sede di conclusioni rassegnate nel ricorso, chiedeva l’annullamento dell’atto di contestazione della sanzione e di confisca prot. n. ***** adottato dalla Agenzia delle Dogane il 30.7.2007.
Il giudice di prime cure dichiarava il ricorso inammissibile in quanto avente ad oggetto un provvedimento non impugnabile.
Proponeva appello il R.; resisteva l’ufficio.
La CTR di Roma rigettava il gravame secondo il quale il primo giudice avrebbe erroneamente qualificato il ricorso – con la conseguente ritenuta inammissibilità – come proposto avverso l’atto prot. n. 10225 del 10.2.2009, mentre – a dire del contribuente – si evince dalle “conclusioni” del ricorso medesimo che oggetto di questo è l’atto di contestazione della sanzione e confisca prot. n. ***** del 30.7.2007.
Il giudice dell’appello rilevava come la CTP avesse ritenuto che oggetto del giudizio fosse la nota del 10.2.2009 con cui l’ufficio -nel riscontrare l’atto di diffida teso ad ottenere la restituzione del veicolo confiscato- confermava la legittimità della confisca, facente seguito ad un illecito amministrativo (depenalizzato), concludendo per la inammissibilità del ricorso in quanto avente ad oggetto un provvedimento non suscettibile di impugnazione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 (“l’atto di rigetto degli scritti difensivi non può essere considerato atto impositivo, impugnabile dinanzi alla commissione tributaria, come stabilito dal predetto art. 19. Impugnabile è l’atto di contestazione cui si riferiscono gli scritti difensivi”: così – per quanto di interesse nella presente sede-la sentenza di primo grado).
La CTR riteneva infine che la pronuncia di inammissibilità fosse comunque da confermarsi, anche a volere accedere alla tesi del contribuente secondo la quale oggetto del ricorso fosse l’atto di contestazione della sanzione e di confisca n. ***** del 30.7.2007, atteso che il R. aveva presentato scritti difensivi a due riprese (23.1.2009 e 6.2.2009), quando il termine previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16 era spirato, fermo restando che la nota del 10.2.2009 che tali scritti ha rigettato non figura tra gli atti impugnabili elencati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.
Per la cassazione della predetta sentenza propone ricorso -affidato a due motivi-il R..
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
RAGIONI IN DIRITTO 1- Con il primo motivo il ricorrente denuncia “Falsa applicazione del del D.Lgs. n. 546 del 1997, art. 19 e s.s. c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.
Il motivo è inammissibile perchè è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c. comma 1; in tal modo, da un lato viene negata la regola della chiarezza del motivo di ricorso per cassazione e dall’altro viene inammissibilmente richiesto alla Corte di dare essa forma e contenuto giuridici al ricorso, enucleando dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (cass. 14.9.2016 n. 18021); in secondo luogo il motivo è privo di autosufficienza in quanto i documenti intorno ai quali il ricorrente sviluppa le proprie considerazioni sono solo citati con la indicazione del numero che li distingue come allegati.
La sentenza ha correttamente applicato la norma di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 – secondo cui non sono impugnabili dinanzi alla commissione tributaria gli atti di rigetto di deduzioni- giudicando come irricevibile il ricorso quanto all’atto di contestazione prot. ***** del 30.7.2007 (con termini per la impugnazione inutilmente decorsi) e inammissibile, se inteso quale atto di impugnazione della nota 10255.
2- Il secondo motivo reca: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.). Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.
Anche tale motivo va rigettato. Invero, in sede di giudizio di legittimità, non è ammissibile la doglianza avente ad oggetto la insufficiente motivazione sul capo relativo alle spese, atteso che il sindacato della Corte di Cassazione in tema di spese processuali è limitato ad accertare che non risulti violato il principio per cui le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa (il che, nella specie, non si è verificato), mentre rientra nel potere discrezionale del giudice del merito la valutazione in merito alla compensazione (totale o parziale) delle spese di lite.
Il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 1.800,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019