LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5067/2015 proposto da:
S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato DANIELE MANCA BITTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONELLO LINETTI;
– ricorrente –
contro
B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA NUOVA 96, presso lo studio dell’avvocato PAOLO ROLFO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1252/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 22/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/02/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
FATTI DI CAUSA
1. B.G. citava in giudizio S.L. con due atti, il primo notificato in data 12 maggio e, il secondo, il 24 maggio 2006. I giudizi venivano riuniti.
Oggetto della prima controversia era la domanda volta alla pronuncia di risoluzione del contratto preliminare di compravendita di un terreno sito in *****, stipulato il 13 gennaio 2004, che prevedeva la corresponsione del prezzo di Euro 105.000 con contestuale versamento della somma di Euro 50.000 ed impegno a stipulare il definitivo entro il 31 dicembre 2005, data entro la quale il promittente venditore avrebbe dovuto procurare la partecipazione del comproprietario della quota di un mezzo del terreno. L’attore affermava di aver notificato al convenuto diffida ad adempiere in data 15 dicembre 2005, seguita da altra per la data del 19 aprile 2006, entrambe rimaste senza esito.
Il convenuto aveva proposto domanda riconvenzionale,chiedendo la risoluzione del preliminare per l’inadempimento del promittente venditore e il risarcimento del danno.
Oggetto della seconda controversia era la domanda dell’attore volta alla pronuncia di cui all’art. 2932 c.c., previa offerta di pagamento della somma dovuta a saldo, relativamente al contratto preliminare, stipulato il 9 marzo 2004, di compravendita di un appartamento con autorimessa, sito in *****, contratto che prevedeva la corresponsione da parte del promissario acquirente, B., del prezzo di Euro 105.000" con contestuale versamento della somma di Euro 50.000 ed impegno a stipulare il definitivo entro il 31 dicembre 2008. Il convenuto, il 30 marzo 2005, aveva comunicato di non essere più intenzionato a perfezionare la vendita, supportando tale decisione con l’aggravio di ulteriori ipoteche a carico del bene in oggetto e motivando la stessa con la risoluzione del preliminare del 13 gennaio 2004 di cui sopra.
2. Il Tribunale respingeva la domanda dell’attore e quella riconvenzionale relativamente alla prima citazione, avente ad oggetto il preliminare di vendita del terreno, e accoglieva quella relativaalla seconda citazione, avente ad oggetto il preliminare di vendita dell’appartamento, pronunciando sentenza ai sensi dell’art. 2932 c.c., in relazione alla seconda citazione.
3. S.L. proponeva appello.
4. La Corte d’Appello rigettava l’impugnazione affermando, in primo luogo, l’infondatezza del motivo di appello relativo alla sussistenza di un collegamento negoziale tra i due contratti preliminari, il cui trasferimento era fissato entro limiti temporali diversi e relativamente ai quali l’unico elemento unificatore era costituito dalle identità delle parti sia pure in posizioni inverse, a nulla rilevando la corrispondenza dei prezzi pattuiti in ciascuno di detti contratti.
Il giudice del gravame affermava che, se pure in astratto era possibile ipotizzare un nesso teleologico dei negozi, mancava nella specie la prova che la comune volontà delle parti si fosse orientata nel senso di finalizzare le due distinte pattuizioni alla realizzazione degli effetti di un contratto di permuta.
In particolare, deponevano in senso contrario alla sussistenza del suddetto collegamento la diversità delle date della sottoscrizione dei due preliminari e i termini entro i quali le parti dovevano sottoscrivere i contratti definitivi.
In ogni caso non era plausibile che le parti avessero seguito l’iter di una simulazione di due differenti contratti preliminari di compravendita, anzichè addivenire alla stipula di un unico contratto di permuta.
Infine, nonostante l’appellante chiedesse la restituzione di quanto versato in acconto, lo stesso nell’atto di appello aveva affermato che al momento della stipula dei due contratti non vi era stato alcuno scambio di denaro. Sicchè, secondo la Corte, il contratto doveva essere qualificato come preliminare di compravendita del terreno e non era compatibile con lo schema del contratto di permuta che prescinde dal pagamento di un prezzo quale corrispettivo.
Nemmeno era possibile qualificare il versamento come conguaglio nell’ambito di una permuta parziale, in quanto lo stesso appellante affermava che lo scambio tra il terreno e l’appartamento era avvenuto alla pari.
Con riferimento alle richieste di prova testimoniale sulla circostanza della garanzia data dall’appellato dell’edificabilità del terreno, il giudice di primo grado aveva correttamente qualificato tale elemento come interno alla fattispecie e aveva escluso la rilevanza della presupposizione invocata dall’appeillante, ritenendo piuttosto che si trattasse di un elemento attinente alla qualità del bene e, quindi, all’oggetto del contratto.
In relazione alla richiesta di risarcimento del danno a causa della risoluzione per l’inadempimento del B., la Corte d’Appello riportava la motivazione della sentenza di primo grado che aveva ravvisato l’inadempimento di entrambe le parti.
5. S.L. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di 6 motivi di ricorso.
6. B.G. si è costituito con controricorso.
7. Il ricorrente con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in riferimento alla natura subordinata della domanda di restituzione dell’acconto, e motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il ricorrente evidenzia che oggetto della causa era l’accertamento se la comune volontà delle parti fosse stata quella di pervenire ad uno scambio tra l’appartamento di ***** e il terreno di *****, oppure di sottoscrivere due distinti ed autonomi contratti di compravendita.
Nel senso della permuta ricorrevano numerosi elementi tra i quali, oltre alle testimonianze, il fatto che i contratti preliminari avessero medesimo prezzo e identico acconto. Inoltre, S.L. aveva pagato l’appartamento di ***** un prezzo superiore a quello poi stabilito nel preliminare di vendita con il B.. Anche dalla perizia di stima del terreno di ***** per un valore di Euro 40000 emergeva chiaramente che il S. non aveva alcun interesse a vendere l’appartamento acquistato a un prezzo inferiore di oltre Euro 30000 e ad acquistare un terreno quasi al triplo del suo valore. Vi erano pertanto sufficienti elementi indiziari per far ritenere che vi fosse una prevalente volontà di scambio tra i due beni e che, risolto il contratto preliminare di compravendita del terreno, identica sorte avrebbe dovuto seguire il contratto preliminare di compravendita dell’appartamento.
Non vi era, peraltro, alcuna contraddizione tra l’affermazione che non c’era stato alcun passaggio di denaro e la domanda subordinata con la quale si chiedeva la restituzione dell’acconto indicato in contratto. Sul punto il ricorrente ritiene che la motivazione sia perplessa ed obiettivamente incomprensibile, e lamenta anche l’omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio relativo al fatto che il S. non aveva affermato di aver materialmente versato l’acconto di Euro 50000, e ne aveva chiesto la restituzione solo in via subordinata, facendo leva sul pagamento avvenuto per compensazione, perchè i due pagamenti non erano stati mai eseguiti ma erano stati reciprocamente imputati in conto prezzo.
La tesi della domanda subordinata, quindi, era che l’estinzione dell’obbligazione dell’acconto relativo al primo contratto comportava l’obbligo di restituzione dell’altro acconto. Il ricorrente riporta ampi stralci dei propri atti, al fine di supportare quanto dedotto con il motivo.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in riferimento agli elementi indicati dalla Corte per negare il collegamento funzionale e l’interdipendenza dei due contratti preliminari di compravendita e all’omesso riferimento a quelli di senso opposto, motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il ricorrente contesta la ricostruzione della Corte d’Appello circa il fatto che, se pure in astratto si poteva ricondurre due preliminari in un’unica operazione negoziale di contratto di permuta, era comunque inspiegabile perchè non si fosse stipulato un unico contratto.
Il collegamento negoziale, al contrario, implica proprio l’esistenza di due contratti, ciascuno con una propria autonoma causa e non inseriti in un unico negozio, ma distinti pur interdipendenti soggettivamente e funzionalmente per il raggiungimento di un fine ulteriore.
Il ricorrente contesta anche il rilievo che i due contratti prevedessero termini diversi per la stipula del definitivo, circostanza irrilevante per escludere la permuta, essendo comunque il doppio trasferimento della proprietà secondo tempistiche differenti compatibile con quello schema contrattuale.
Il ricorrente rileva, inoltre, l’omesso esame sulle circostanze favorevoli alla ricostruzione della comune volontà dei contraenti nel senso della permuta, prima fra tutte quella relativa all’affermazione della controparte del pagamento eseguito in contanti, incompatibile con il testo contrattuale che diceva “Salvo buon fine dei titoli avuti”. Inoltre, lamenta l’omessa considerazione delle prove testimoniali circa il fatto che B. aveva preparato i due contratti ed aveva convinto il ricorrente a sottoscriverli entrambi, senza dazione di denaro e parlando apertamente di permuta.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: motivazione apparente o quantomeno perplessa ed obiettivamente incomprensibile ex art. 360, comma 1, n. 5, in relazione all’affermata inattendibilità dei testi escussi.
Il ricorrente lamenta che l’erroneità della decisione in relazione alla affermazione della responsabilità concorrente delle parti, con riferimento alla vendita del terreno, essendo invece prevalente quella della promittente venditore con ogni conseguenza in tema di risarcimento del danno. Il contratto preliminare del terreno era stato dichiarato risolto per reciproco inadempimento e, secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe dovuto valutare il collegamento negoziale per decidere sulla risoluzione automatica anche del secondo contratto relativo all’appartamento di *****. Le prove testimoniali andavano lette sotto questo profilo e non in relazione alla garanzia dell’edificabilità che non aveva svolto nessun ruolo in tema di collegamento negoziale. Il ricorrente riporta il contenuto delle testimonianze e trascrive anche i capitolo di prova e ritiene che il vizio di motivazione anche dopo la riforma del 360 c.p.c., ricorra tutte le volte in cui il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero pur individuando tali elementi non abbia proceduto ad un approfondito esame logico giuridico rendendo impossibile ogni controllo sulla esattezza e logicità del ragionamento. La Corte d’appello di Brescia avrebbe dovuto prendere in considerazione tutte le risultanze delle prove testimoniali per accertare la comune volontà delle parti di addivenire nel concreto ad un contratto di permuta e, quindi, per convincersi del collegamento negoziale tra i due contratti preliminari sottoscritti.
3.1 I primi tre motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro connessione, sono inammissibili.
Le censure del ricorrente, proposte sotto il profilo dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, e per la motivazione perplessa e incomprensibile, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, si risolvono tutte, in una diversa lettura della vicenda contrattuale, senza, peraltro, invocare la violazione di un criterio di interpretazione del contratto e proponendo, piuttosto, una diversa lettura degli elementi fattuali che caratterizzavano la vicenda.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che: “In tema di ricorso per cassazione, l’omesso esame di una questione riguardante l’interpretazione del contratto, non costituendo “fatto decisivo” del giudizio, non è riconducibile al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, atteso che rientrano in tale nozione gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi” (Sez. 2, Ord. n. 20718 del 2018).
Peraltro, tutte le circostanze dedotte dal ricorrente sono state attentamente esaminate dalla Corte di merito, e dunque non si riscontra nella fattispecie alcun omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
In particolare, quanto alla riscontrata contraddittorietà del motivo di appello relativo alla richiesta di pagamento dell’acconto con l’affermazione del ricorrente circa il fatto che, nella specie non era stato versato alcun acconto, anche questo aspetto è stato valutato dal giudice sia pure in senso contrario a quanto auspicato dal ricorrente. Peraltro, il punto non assume neanche una sua decisività nella motivazione della Corte d’Appello sull’insussistenza del collegamento negoziale tra i due contratti preliminari.
Anche con riferimento alla motivazione perplessa e incomprensibile, i motivi sono manifestamente inammissibili. Infatti alla luce del sopra richiamato consolidato indirizzo giurisprudenziale relativo alla più stretta latitudine della configurazione del vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo – le censure mosse dalla ricorrente in riferimento al parametro di cui dell’art. 360 c.p.c., nuovo n. 5, si risolvono, in buona sostanza, nella richiesta generale e generica di una inammissibile (ri)valutazione alternativa delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, con riguardo alla interpretazione della vicenda contrattuale come risultante dalle risultanze probatorie acquisite, in senso antagonista rispetto a quella compiuta dalla Corte d’appello (Cass. n. 1885 del 2018). Lo stesso deve dirsi con riferimento alla valutazione delle testimonianze rese, che proverebbero la sussistenza del collegamento negoziale.
4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: motivazione apparente o quantomeno perplessa e incomprensibile, motivo previsto dall’art. 160 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento alla domanda di risarcimento dei danni.
5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 1453,1460, e 2734 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il ricorrente ripropone il motivo relativo all’erronea valutazione della reciproca inadempienze relazione alla promessa di acquisto del terreno di ***** sotto il profilo della violazione di legge.
Nella specie non vi era alcuna inadempienza reciproca tale da giustificare la risoluzione del contratto per colpa di entrambe le parti. In particolare, il ricorrente evidenzia di aver dichiarato in sede di interrogatorio formale di non essere andato davanti al notaio per la stipula del definitivo perchè i terreni di quel preliminare non erano di proprietà del promittente venditore e l’area non era edificabile. Su questi punti non vi era stata contestazione e dunque si era formata piena prova sul fatto che il rifiuto era legittimato dal fatto che B. non aveva ottenuto la proprietà dei terreni oltre che per la mancata edificabilità dei terreni medesimi. La Corte d’Appello aveva completamente trascurato tali risultanze istruttorie violando la norma processuale indicata in rubrica, nonchè l’art. 1460 c.c., che legittima la parte non inadempiente a rifiutare l’adempimento della propria obbligazione e l’art. 1453 c.c..
5.-1. Il quinto motivo di ricorso è fondato e determina l’assorbimento del quarto.
Costituisce orientamento consolidato quello secondo il quale: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia di inadempienze reciproche, è necessario comparare il comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti ed abbia causato il comportamento della controparte, nonchè della conseguente alterazione del sinallagma” (Sez. 2, Sent. n. 13627 del 2017).
Peraltro con specifico riferimento al contratto preliminare di vendita questa Corte ha affermato che: “Nei contratti con prestazioni corrispettive (nella specie, preliminare di vendita), il giudice di merito, nel valutare la fondatezza della domanda di risoluzione per inadempimento, deve tener conto, anche in difetto di una formale eccezione “ex” art. 1460 c.c., delle difese con cui il convenuto opponga a sua volta l’inadempienza della parte attrice, posto che la gravità dell’inadempimento, che ai sensi dell’art. 1455 c.c., legittima la risoluzione, deve essere accertata sulla base di un criterio relativo, nel quadro complessivo del rapporto e dei reciproci interessi dei contraenti”.
Nella specie, il S. aveva anche proposto domanda riconvenzionale di risoluzione per inadempimento del B.. Inoltre il rifiuto del S. alla stipula del definitivo era motivato dal fatto che B. non aveva ottenuto l’intera proprietà dei terreni promessi in vendita. A tal proposito deve richiamarsi il seguente principio di diritto: “A norma dell’art. 1481 c.c. – disposizione applicabile per analogia anche al contratto preliminare di compravendita – il compratore può sospendere il pagamento del prezzo quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possano essere rivendicate da terzi. Ne consegue che, quando, in relazione al bene promesso in vendita, sussista il pericolo attuale e concreto di evizione, è concessa al promittente acquirente la facoltà di rifiutarsi di concludere il contratto definitivo fino a quando non venga eliminato tale pericolo” (Sez. 2, Sent. n. 24340 del 2011).
La Corte d’Appello, dunque, ha omesso di procedere ad una valutazione comparativa degli opposti inadempimenti avuto riguardo anche alla loro proporzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del contratto stipulato tra le parti e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse.
Nell’esame della questione, pertanto, il giudice del rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, ai fini della pronuncia di risoluzione per inadempimento in caso di inadempienze reciproche deve procedersi ad un esame del comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi ed all’oggettiva entità degli inadempimenti), si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del sinallagma contrattuale, con la conseguenza che” qualora l’inadempimento di una delle parti sia valutato come prevalente deve considerarsi legittimo il rifiuto di adempiere alla propria obbligazione dell’altra, e alla risoluzione del contratto deve conseguire l’esame della eventuale richiesta di risarcimento del danno della parte non inadempiente”.
6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in riferimento alla condanna alle spese del giudizio in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè motivazione inesistente o apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
La Corte d’Appello di Brescia non aveva motivato sul perchè non era stata riconosciuta la reciproca soccombenza con compensazione integrale delle spese e non solo la riduzione al 50%.
6.1 Il motivo è assorbito dall’accoglimento dei motivi quarto e quinto.
7. La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, dichiara assorbiti il quarto e il sesto, dichiara inammissibili i primi tre, cassa e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di brescia che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, dichiara assorbiti il quarto e il sesto, dichiara inammissibili i primi tre, cassa e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di brescia che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 27 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019
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