LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20313-2015 proposto ELECTROLUX ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA GIUSEPPE MAZZINI 27, presso lo studio legale Trifirò & Partners Avvocati, rappresentata e difesa dagli avvocati GIACINTO FAVALLI, ROMEO BIANCHIN, PAOLO ZUCCHINALI, MARINA TONA;
– ricorrente –
contro
F.A.I.L.M.S. – FEDERAZIONE AUTONOMA ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI;
– intimata –
avverso la sentenza n. 440/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 19/02/2015 R.G.N. 393/2013.
RILEVATO
CHE:
con sentenza n. 279 del 19.2.2015 la Corte d’Appello di Trieste, in riforma della pronuncia di prime cure, ritenendo, preliminarmente, dotata di legittimità attiva ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 28 la Federazione Autonoma Italiana Lavoratori Metalmeccanici (nel prosieguo FAILMS) – in quando dotata di sedi nazionali e locali, impegnata presso grandi gruppi industriali nel settore metalmeccanico, aderente dal 2004 al 2008 al CCNL stipulato dalle altre organizzazioni sindacali con Federmeccanica ed invitata dal Ministero dello Sviluppo Economico a partecipare a riunioni riguardanti grandi gruppi industriali – ha riconosciuto valenza antisindacale al rifiuto di Electtrolux Italia s.p.a. di far accedere il segretario provinciale di FAILMS (in qualità di dirigente sindacale esterno) all’assemblea indetta dalla R.S.U. il giorno 7.11.2012 non essendo richiesto, dalla L. n. 300 del 1970, art. 20 una delibera autorizzativa (a maggioranza) da parte della r.s.u. ed avendo, l’azienda, esercitato un diritto che non le competeva;
avverso l’anzidetta sentenza, Electrolux Italia s.pa.a. ha proposto ricorso per cassazione fondato su sei motivi illustrati da memoria;
che il sindacato è rimasto intimato.
CONSIDERATO
CHE:
con i primi quattro motivi il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 28 nonchè vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) avendo, la Corte distrettuale, trascurato che, ai fini del riconoscimento della legittimazione attiva per la procedura L. n. 300 del 1970, ex art. 28 assume rilievo non già la diffusione nazionale dell’articolazione territoriale delle strutture dell’associazione sindacale bensì la capacità di contrarre con la parte datoriale accordi o contratti collettivi che trovino applicazione su tutto il territorio nazionale, unico criterio idoneo a dimostrare un generale collegamento del sindacato con il contesto socio-economico dell’intero paese; nel caso di specie, lo svolgimento a livello nazionale di attività sindacale non è provato nè dalla presenza di sedi in diverse regioni e province, nè dalla presenza di r.s.u. in alcune società, nè dall’adesione a contratti collettivi stipulati da altri sindacati, a fronte della mancata partecipazione (e sottoscrizione) alle trattative per la sottoscrizione di CCNL con la controparte sindacale (Federmeccanica);
con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 20 1, Sez. II CCNL Metalmeccanici nonchè dell’Accordo Interconfederale 20.12.1993 e degli artt. 1362 e ss. c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, trascurato i molteplici elementi che concorrono a riconoscere natura collegiale alla r.s.u., non ultimo la L. n. 300 del 1970, art. 20 che incardina il diritto di indire l’assemblea non in capo ai singoli dirigenti ma alla r.s.a. cioè ad un organo collegiale e gli artt. 4 e 5 dell’Accordo Interconfederale che, correttamente interpretato, consente di ritenere la r.s.u. quale soggetto collegiale subentrato alla RSA nei diritti esercitabili da quest’ultima, mentre i singoli componenti della RSU subentrano nelle prerogative spettanti ai singoli dirigenti della RSA;
con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 28 e dell’art. 100 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, trascurato l’assenza di attualità della condotta ritenuta antisindacale;
con riguardo ai primi quattro motivi, che per stretta connessione possono essere trattati congiuntamente, – rilevato che l’accertamento di fatto relativo al detto requisito costituisce indagine demandata al giudice del merito come tale incensurabile in sede di legittimità ove risulti sufficientemente motivata – ritiene il Collegio di non doversi discostare dall’orientamento consolidato di questa Corte che, a più riprese, ha ritenuto sussistente la legittimazione attiva di organismi locali di sindacati non maggiormente rappresentativi sul piano nazionale, nè intercategoriali o aderenti a confederazioni, essendo invece determinante il requisito della diffusione del sindacato (anche monocategoriale) sul territorio nazionale, dovendosi però intendere tale diffusione nel senso che basta lo svolgimento di effettiva azione sindacale (non su tutto ma) su gran parte del detto territorio ((v., fra le altre, Cass. n. 15262 del 2002; Cass. SS.UU. n. 28269 del 2005; Cass. n. 16383 del 2006; Cass. n. 13240 del 2009; Cass. 5321 del 2017; Cass. n. 2375 del 2015; Cass. n. 6322 del 2018) in particolare, questa Corte (Cass. n. 6322 del 2018; Cass. 5209 del 2010; Cass. n. 13240 del 2009) ha anche precisato che non devono confondersi i requisiti di cui alla L. n. 300 del 1970, n. 300, art. 19 per la costituzione di rappresentanze sindacali, titolari dei diritti di cui al titolo III, con la legittimazione prevista ai fini dell’art. 28 stessa legge: in quanto l’art. 19 richiede la sottoscrizione di contratti collettivi nazionali (o anche provinciali o aziendali, purchè applicati in azienda), oppure, a seguito dell’intervento additivo della Corte Costituzionale con sentenza n. 231/13, la partecipazione del sindacato alla negoziazione relativa agli stessi contratti, quali rappresentanti dei lavoratori, mentre l’art. 28 richiede, invece, solo che l’associazione sia nazionale;
il quinto motivo, del pari, non merita accoglimento, avendo, le Sezioni Unite di questa Corte, sottolineato che, nell’ottica dell’Accordo Interconfederale 20.12.1993, una data associazione sindacale, malgrado la sua presenza all’interno della r.s.u., può anche singolarmente indire l’assemblea, ovvero che non tutti i diritti attribuiti dalla legge alla singola r.s.a. sono stati attratti e si sono disgregati all’interno delle r.s.u. (Cass. Sez. Un. 13978 del 2017; in senso conforme, Cass. n. 26011 del 2018; Cass. n. 26210 del 2018);
invero, le Sezioni Unite, premesso che il profilo elettivo di un organismo come la r.s.u. e il principio di maggioranza possono convivere con limitate prerogative di singole componenti dell’organismo medesimo, hanno riconosciuto il diritto di indire assemblee, di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 20, non solo alla r.s.u. considerata collegialmente, ma anche a ciascun suo componente purchè eletto nelle liste di un sindacato che, nell’azienda di riferimento, sia di fatto munito di rappresentatività ai sensi della L. n. 300 citata, art. 19 quale risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 2013;
il potere, del singolo componente della r.s.u., di indire assemblee comprende senz’altro, quale corollario ineludibile al momento organizzativo dell’evento partecipativo, anche il potere di invitare il dirigente esterno dell’associazione sindacale di cui il componente della r.s.u. è espressione, senza che sia necessaria la deliberazione autorizzativa (con espressione a maggioranza) dell’organo sindacale interno;
il sesto motivo non è fondato, posto che sussiste attualità della condotta datoriale a fronte della situazione di incertezza che consegue, suscettibile di determinare in qualche misura una restrizione o un ostacolo al libero esercizio dell’attività sindacale e che l’accertamento in ordine alla attualità della condotta antisindacale e alla permanenza dei suoi effetti costituisce un accertamento di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata motivazione, immune da vizi logici o giuridici (Cass. n. 12551 del 2018, Cass. n. 3837 del 2016, Cass. n. 23038 del 2010, Cass. n. 11741/05).
il ricorso va, pertanto, rigettato, nulla sulle spese di lite in assenza della controparte;
sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 21 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019