LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21574/2016 proposto da:
TELECOM ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ARTURO MARESCA, ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
SNATER REGIONE MARCHE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BOEZIO 6, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO VALERIO, rappresentato e difeso dall’avvocato SIMONE ROCCHETTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 321/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 21/03/20.16 R.G.N. 228/2015.
RILEVATO
che:
con sentenza n. 321 del 21.3.2016 la Corte d’Appello di Ancona, confermando la pronuncia di prime cure emessa in sede di opposizione a decreto della L. n. 300 del 1970, ex art. 28, ha riconosciuto valenza antisindacale al rifiuto di Telecom Italia s.p.a. di autorizzare un’assemblea sindacale indetta da un componente della r.s.u. appartenente alle liste della Snater Regione Marche, rilevando, per quel che interessa, che il sindacato – pur non essendo firmatario del contratto collettivo – ha partecipato ad ogni altra trattativa inerente la realtà aziendale ed è stato convocato dalla stessa società per l’espletamento della procedura riguardante la CIG;
avverso l’anzidetta sentenza, Telecom Italia s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo;
che il sindacato ha resistito con controricorso illustrato da memoria.
CONSIDERATO
Che:
con l’unico motivo la società ricorrente condivide l’orientamento interpretativo espresso da Cass. n. 15437 del 2014(successivamente condiviso da Cass. Sez. Un. 13978 del 2017, che ha considerato dirimente l’art. 4, comma 5 dell’Accordo interconfederale 20.12.1993) in base al quale il diritto di indire assemblee, di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 20, rientra, quale specifica agibilità sindacale, tra le prerogative attribuite non solo alla r.s.u. considerata collegialmente, ma anche a ciascun componente delle r.s.u. stessa, purchè questi sia stato eletto nelle liste di un sindacato che, nell’azienda di riferimento, sia, di fatto, dotato di rappresentatività ai sensi della L. n. 300, art. 19, ma denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 112 c.p.c., L. n. 300 del 1970, artt. 19 e 20 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, considerato il sindacato Snater dotato di rappresentatività della L. n. 300 del 1970, ex art. 19, nonostante lo stesso non abbia mai firmato accordi collettivi, non abbia mai ricevuto regolari convocazioni, nè siano mai state discusse, in sede di trattative, proposte provenienti dal suddetto sindacato;
il criterio misuratore della rappresentatività del sindacato di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 19, è costituito dal riferimento alle associazioni firmatarie di contratti applicati all’interno dell’unità produttiva nonchè, successivamente alla sentenza della Corte Costituzionale n. 231 del 2013, anche dal fatto di aver anche solo partecipato alla relativa negoziazione, in quanto “l’esclusione di un soggetto maggiormente rappresentativo a livello aziendale o comunque significativamente rappresentativo” pur non firmatario dell’accordo applicato in azienda rappresenterebbe una sanzione del dissenso contraria ai precetti degli artt. 2,3 e 29 Cost.;
il ricorso non merita accoglimento avendo, la Corte distrettuale, correttamente interpretato il concetto di rappresentatività sindacale delineato dall’art. 19 della legge così come risultante a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 213 del 2013 ed avendo, pertanto, valorizzato il ruolo di contraente del sindacato Snater alle trattative sindacali aziendali (con riguardo a controversia con analogo oggetto e incardinata tra le stesse parti, cfr. Cass. n. 25478 del 2017);
in ordine alla parte di censura che richiama le specifiche modalità di partecipazione dello Snater alle trattative sindacali nonchè la discussione effettiva di proposte provenienti da detto sindacato, non può sottacersi che tali rilievi si traducono in critiche ed obiezioni avverso la valutazione delle risultanze istruttorie quale operata dal giudice del merito nell’esercizio del potere di libero e prudente apprezzamento delle prove a lui demandato dall’art. 116 c.p.c. e si risolvono altresì nella prospettazione del risultato interpretativo degli elementi probatori acquisiti, ritenuto dallo stesso ricorrente corretto ed aderente alle suddette risultanze, con involgimento, così, di un sindacato nel merito della causa non consentito in sede di legittimità;
il ricorso va, pertanto, rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;
sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, a favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 21 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019