LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21798-2014 proposto da:
F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MAGLIANO SABINA 24, presso lo studio dell’avvocato LUIGI PETTINARI, rappresentato e difeso dagli avvocati ALESSANDRO LUCCHETTI, ALBERTO LUCCHETTI;
– ricorrente –
contro
CARILO CASSA RISPARMIO LORETO S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato LORENZO CONFESSORE (Studio PESSI), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANCARLO MOROSINI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 352/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 14/07/2014, R.G.N. 113/2014.
RILEVATO
che, con sentenza del 14 luglio 2014, la Corte d’Appello di Ancona confermava la decisione resa dal Tribunale di Ancona e rigettava la domanda proposta da F.P. nei confronti della CA.RI.LO. – Cassa di Risparmio di Loreto S.p.A., avente ad oggetto il risarcimento dei danni da perdita di chance lamentati dal F. quale iscritto al fondo bancario integrativo gestito dalla CA.RI.LO. a motivo dei rendimenti registrati dalle risorse versate al fondo, da considerarsi, per effetto delle scelte di investimento minimo operate dalla Banca, ben più modesti di quelli conseguibili in conformità alle previsioni del D.Lgs. n. 124 del 1993 e, comunque, alle regole di condotta cui l’organo di gestione avrebbe dovuto attenersi ex art. 2392 c.c.; che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, insussistente, in quanto già superata dal giudice di prime cure, la questione, pur da questi affacciata, del difetto di legittimazione passiva della Banca, ponendosi la questione della responsabilità alla Banca stessa addebitata dal F. sul piano del merito per essere alla stessa riferibile la gestione del fondo privo di personalità giuridica quale patrimonio di destinazione autonomo ex art. 2117 c.c. ed, in questa prospettiva, non provata la ricorrenza di un danno effettivo in relazione alle scelte gestionali del consiglio di amministrazione della Banca, danno comunque da valutarsi ex ante e non ex post, ed, in ogni caso, inconfigurabile l’inadempimento nel comportamento gestionale del consiglio di amministrazione in assenza di un obbligo legale o contrattuale di osservanza dei criteri posti dal D.Lgs. n. 124 del 1993 e dal D.M. n. 703 del 1996 e ciò anche con riguardo al profilo della gestione in conflitto di interessi;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il F., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la UBI Banca – Unione di Banche Italiane S.p.A. succeduta a CA.RI.LO. – Cassa di Risparmio di Loreto;
che entrambe le parti hanno poi presentato memoria.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 6 bis, art. 18, commi 1, 2 e 3, art. 15 in relazione agli artt. 2392,2393,2394,2395 e 2396 c.c. nella formulazione all’epoca vigente, dell’art. 2391 c.c. (anch’esso nella formulazione all’epoca vigente), nonchè del D.M. n. 703 del 1996, artt. 2,4,7 e 8lamenta l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale circa l’inconfigurabilità di una responsabilità dell’organo di gestione del fondo in relazione alla decisione di mantenere presso la Banca l’intero patrimonio del fondo, risultando, a suo dire, tale decisione difforme da quanto imposto dal D.Lgs. n. 124 del 1993 e dal D.M. n. 703 del 1996;
che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente imputa alla Corte territoriale la mancata considerazione sia della documentazione prodotta dal ricorrente medesimo sia delle conclusioni cui erano pervenuti i CTU nominati in primo grado, tutte convergenti nel senso di attestare come altre forme di investimento, diverse da quella operata dalla Banca, data da prestiti a favore di sè stessa remunerati al tasso overnight, avrebbero consentito rendimenti migliori;
che nel terzo motivo, la violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 15 e art. 2392 c.c. è prospettata in relazione all’incongruità dell’iter logico valutativo in base al quale la Corte territoriale è giunta ad escludere l’assolvimento da parte del ricorrente dell’onere della prova del comportamento pregiudizievole dell’organo di gestione del fondo, iter fondato sulla non ravvisabilità nella specie di una condotta dolosa o colposa tale da fondare la responsabilità del predetto organo;
che gli esposti motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si appalesano infondati, dovendo convenirsi con il convincimento espresso dalla Corte territoriale circa la non ravvisabilità nella specie, sulla base di un accertamento da condursi necessariamente ex ante, di un comportamento dell’organo di gestione del fondo connotato da dolo o colpa tale da arrecare pregiudizio agli interessi del ricorrente, risultando, da un lato, i comportamenti gestionali in concreto tenuti, in particolare il deposito fruttifero dell’intero patrimonio del fondo presso la Cassa con applicazione su di esso di un saggio di interesse pari al tasso overnight, conformi alle previsioni introdotte dalle fonti istitutive, dapprima con gli accordi sindacali aziendali del 2.7 e del 5.12.1997, volti alla trasformazione dell’originario fondo previdenziale integrativo in un fondo a contribuzione definita ed a capitalizzazione individuale e successivamente con l’accordo sindacale del 3.1.2000, dall’altro, irrilevante, sul piano della responsabilità il risultato apprezzato ex post di quei comportamenti gestionali in concreto tenuti ed irrilevante, pertanto, la documentazione prodotta dal ricorrente al fine di attestare il rendimento più favorevole di altre forme di investimento, del resto, se non smentito dalla CTU espletata in primo grado, secondo quanto emerge dalla motivazione dell’impugnata sentenza, non tale da escludere la valutazione positiva dell’investimento sotto il profilo della prudente gestione delle risorse, in linea con le direttive della COVIP ed anche sotto il profilo della disponibilità della liquidità necessaria a soddisfare le richieste di pagamento provenienti dagli aventi diritto e dell’assenza di rilievi da parte degli organi di vigilanza e degli stessi iscritti ed in ogni caso di consistenza tale da ritenersi insuscettibile di apprezzamento sul piano risarcitorio, se si ha riguardo a quanto evidenziato dalla Corte territoriale, senza smentita alcuna da parte del ricorrente, circa l’essere la consistenza media dello scostamento tra il rendimento dell’investimento realizzato al tasso overnight e quello fatto registrare dai titoli di stato, per di più considerati con caratteristiche di durata del tutto disomogenee rispetto al primo, pari al – 1% al valore lordo;
che, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15 % ed altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 6 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019
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