LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19660/2018 proposto da:
S.S., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Lufrano Giuseppe, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona;
– intimato –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ANCONA, del 09/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/03/2019 dal Cons. Dott. FEDERICO GUIDO.
RITENUTO IN FATTO
Con ricorso depositato in data 6.12.2017, S.S., cittadino del Gambia, impugnava innanzi il Tribunale di Ancona il provvedimento con cui la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale, di quella sussidiaria ed umanitaria.
Il Tribunale di Ancona, con decreto n. 5879/2018 rigettava la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato e di ogni altra forma di protezione, ritenendo non sussistenti i presupposti per la concessione di dette forme di protezione.
Avverso detto decreto propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, S.S..
Il Ministero dell’Interno non ha svolto nel presente giudizio attività difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia motivazione omessa, carente, insufficiente e/o contraddittoria su fatti o questioni controverse e decisive ai fini del giudizio per aver il Tribunale fornito una motivazione solo apparente sulla richiesta di protezione umanitaria, nonchè la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, per non avere il tribunale esercitato il dovere di cooperazione istruttoria.
In disparte profili di inammissibilità del ricorso per la carente esposizione dei fatti di causa ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3), atteso che il ricorrente si limita a riportarsi interamente al ricorso presentato innanzi il Tribunale, il motivo deduce una carenza motivazionale, non più denunciabile in base alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), sul diniego di protezione umanitaria.
Si osserva, in contrario che il tribunale ha escluso, con apprezzamento adeguato, che fosse ravvisabile una condizione soggettiva di vulnerabilità, rilevando altresì che non si ravvisano neppure percorsi di integrazione del richiedente nel territorio nazionale.
Quanto alla censura in ordine alla mancata attivazione del dovere di cooperazione istruttoria, essa è del tutto generica.
Il Tribunale ha infatti ritenuto, con apprezzamento adeguato, che non sussistesse alcuno dei profili previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ed in particolare con riferimento alla lett. c) ha accertato che nella regione di provenienza del richiedente non sussisteva una violenza indiscriminata ed indiscussa e non risultano indicati dal ricorrente elementi idonei ad evidenziare una minaccia individuale alla vita o alla persona, nè una situazione di violenza cosi generalizzata nel paese di provenienza si che il solo rientro integri in sè pericolo di vita.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e, considerato che il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva, non deve provvedersi sulle spese di lite.
Rilevato inoltre che il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019