LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17705-2017 proposto da:
C.O., G.I., elettivamente domiciliati in ROMA VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato DANIELE MANCA BITTI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA MINA giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
UNICREDIT LEASING SPA;
– intimato –
Nonchè da:
UNICREDIT LEASING SPA, in persona del suo procuratore Dott. ALBERTO STELLA, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA SEMPIONE 19/B, presso lo studio dell’avvocato IRMA BOMBARDINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNA REBOLDI giusta procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 37/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 10/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2019 dal Consigliere, Dott. DANILO SESTINI;.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso monitorio proposto al Tribunale di Brescia, la Fineco Leasing s.p.a. dedusse di avere stipulato un contratto di locazione finanziaria con C.O. (rispetto al quale si era costituito fideiussore G.I.) e che, nonostante la sottoscrizione del verbale di consegna da parte del fornitore e dell’utilizzatore e benchè la ricorrente avesse provveduto a pagare il prezzo al fornitore, l’autovettura oggetto del leasing non era stata consegnata all’utilizzatore nè era stata intestata alla Fineco; aggiunse che l’art. 11 contratto di leasing, lett. a) prevedeva che l’utilizzatore fosse tenuto a rimborsare al concedente ogni somma da questi pagata al fornitore e richiese pertanto che venisse intimato al C. e al G. il pagamento della somma di 28.159,89 Euro, oltre accessori;
gli ingiunti proposero opposizione deducendo che la Fineco aveva preteso la sottoscrizione anticipata del verbale di consegna e che l’autovettura non era mai stata effettivamente consegnata dal fornitore; contestarono pertanto la pretesa avversaria e chiesero – quanto al C. – che il contratto di leasing venisse dichiarato risolto per grave inadempimento della concedente oppure che fosse dichiarato inesistente o nullo o, comunque, invalido e -quanto al G. – che la fideiussione venisse dichiarata inesistente o nulla o fosse comunque annullata.
Il Tribunale concesse la provvisoria esecuzione del decreto e, definendo il giudizio, rigettò l’opposizione.
La Corte di Appello di Brescia ha confermato la sentenza, osservando che:
era pacifico che fra l’utilizzatore C. e la concedente Fineco era stato sottoscritto, in data *****, un contratto di leasing, il cui art. 11, sub lett. a), prevedeva che, in caso di inadempimento del fornitore rispetto al contratto di compravendita e di risoluzione del relativo contratto, si sarebbe risolto anche il contratto di leasing, salvo l’obbligo dell’utilizzatore di risarcire al concedente “ogni danno diretto o indiretto che questi abbia subito in conseguenza della risoluzione della compravendita, oltre che (…) di versare al concedente tutte le somme da questi già pagate al fornitore”;
era altresì incontestato che l’auto oggetto di scambio nella locazione finanziaria non era stata mai consegnata all’utilizzatore C. dal fornitore P.L., che nondimeno aveva emesso fattura ed era stato pagato dalla concedente Fineco;
era infine pacifico “che la concedente fosse consapevole all’atto della firma dell’utilizzatore del verbale di consegna del veicolo che (il) bene non gli era stato ancora consegnato e che la stessa pagò successivamente il fornitore”;
alla luce dei principi espressi da Cass. n. 10296/1998 e da Cass. n. 8101/2012, doveva ritenersi che la clausola del contratto di leasing che riversi sull’utilizzatore il rischio della mancata consegna fosse invalida, “ma se (…) l’utilizzatore accetta di sottoscrivere “senza riserve” il verbale di consegna, pure a fronte di una incompleta o a fortiori mancata consegna da parte del fornitore, (…) egli pone il concedente nella condizione di dover adempiere la propria obbligazione verso il fornitore; con la conseguenza che in tal caso non può essere consentito di opporre al concedente che la consegna (non è) stata completa o non c’è stata”;
correttamente il Tribunale aveva ritenuto integrata tale ultima ipotesi, “nonostante la concedente fosse stata conscia che il bene non era stato consegnato all’utilizzatore al momento della sottoscrizione del verbale di consegna e l’avesse rassicurato della prossima consegna del bene”;
nè vi era “prova in causa dell’asserito dolo della concedente e neppure di un suo comportamento negligente o in violazione del disposto dell’art. 1375 c.c.”.
Hanno proposto ricorso per cassazione il C. ed il G., affidandosi a due motivi; ha resistito la Unicredit Leasing s.p.a. (incorporante la Fineco Leasing) con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, i ricorrenti principali deducono la violazione degli artt. 1375 e 1463 c.c. e dell’art. 116 c.p.c.: assumono (con richiamo a Cass. n. 10926/1998, a Cass. n. 8101/2012 e a Cass. n. 25732/2015) che “consentire che il concedente, concluso il contratto di fornitura, possa pagare il prezzo anche indipendentemente dalla consegna da parte del venditore e poi ottenere dall’utilizzatore quanto questi sarebbe tenuto a corrispondere ove avesse goduto del bene, non appare giustificato, nè in rapporto alla causa del contratto di leasing finanziario, nè al dovere di esecuzione del contratto secondo buona fede”; sostengono pertanto che il “principio della “buona fede”, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte bresciana, pur in presenza della sottoscrizione del verbale di consegna, avrebbe dovuto imporre alla società di leasing – che pacificamente era a conoscenza che l’autovettura non era stata in realtà consegnata all’utilizzatore e che dunque non era certo in buona fede – di sospendere il pagamento e di accertarsi che la consegna fosse realmente avvenuta”.
2. Il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza o del procedimento “per avere la Corte d’Appello di Brescia, con vizio procedurale/motivazionale (diverso dall’omesso esame di un fatto decisivo) ritenuto che la sottoscrizione del verbale ad opera dell’utilizzatore “senza riserve”, pur nella chiara consapevolezza in capo alla concedente che l’autovettura non era stata in realtà consegnata, abbia reso esente il concedente da responsabilità e dall’obbligo di agire secondo buona fede”, con la precisazione che ciò era rilevante, oltrechè in relazione agli artt. 1375 e 1463 c.c. e art. 116 c.p.c., “anche in riferimento all’art. 112 c.p.c. ed all’art. 132 c.p.c.”.
3. I motivi – da esaminare congiuntamente – sono fondati nei termini che seguono, dovendosi ritenere che la Corte bresciana abbia erroneamente applicato i principi desumibili dai precedenti di legittimità che pure ha richiamato.
3.1. Con sentenza n. 10926/1998, questa Corte ha affermato che:
“l’operazione di leasing finanziario (…) non dà luogo ad un unico contratto plurilaterale, ma consta di due contratti”, ossia il contratto di leasing e quello di fornitura, che “realizzano una figura di collegamento negoziale”, nel cui ambito il contratto di fornitura “ha la funzione di mezzo per l’esecuzione di quello di leasing”;
dal che consegue – per un verso – che “all’inadempimento del fornitore deve assegnarsi, rispetto al contratto di leasing, il ruolo di una causa di sopravvenuta impossibilità d’adempiere non dipendente da colpa del concedente (art. 1463 c.c.)” e – per altro verso – che “consentire che il concedente, concluso il contratto di fornitura, possa pagare il prezzo anche indipendentemente dalla consegna da parte del fornitore e poi ottenere dall’utilizzatore quanto questi sarebbe stato tenuto a corrispondere ove avesse goduto del bene, non appare giustificabile nè in rapporto alla causa del contratto di leasing finanziario nè in rapporto al dovere di esecuzione del contratto secondo buona fede (art. 1375 c.c.)”;
doveva tuttavia considerarsi che il caso sottoposto all’esame della Corte si caratterizzava per il fatto che, secondo lo stesso assunto dell’utilizzatore, il fornitore aveva “almeno in parte adempiuto all’obbligazione di consegna” e che le allegazioni dell’utilizzatore circa l’incompletezza dell’adempimento del fornitore erano state “contrastate dal concedente opponendo il verbale sottoscritto dall’utilizzatore ed attestante, senza riserve, l’avvenuta consegna”;
in un’ipotesi siffatta, “la scissione, inerente alla struttura dell’operazione di leasing, (…) se non giustifica la soluzione di consentire al concedente di pagare il prezzo indipendentemente dall’avvenuta consegna, giustifica, sulla base dell’art. 1375 c.c., che il concedente possa fare affidamento sull’autoresponsabilità dell’utilizzatore nel ricevere la prestazione del fornitore”, cosicchè, “se l’utilizzatore accetta di sottoscrivere senza riserve il verbale di consegna pure a fronte di una consegna incompleta, egli pone il concedente nelle condizioni di dover adempiere la propria obbligazione verso il fornitore, ma non gli può essere allora consentito di opporre al concedente che la consegna non è stata completa nè di fondare su ciò il diritto di sospendere il pagamento dei canoni”.
3.2. Con sentenza n. 8101/2012, questa Corte ha ribadito gli anzidetti principi, precisando -con richiamo a Cass. n. 8222/2002-che “utilizzatore e concedente hanno, nei confronti del fornitore, un interesse comune (sicchè su entrambi grava un onere di collaborazione); pertanto, se il contratto di compravendita prevede che il fornitore consegni la cosa direttamente all’utilizzatore, ed il contratto di leasing prevede, a sua volta, che l’utilizzatore la riceva, il concedente che resta obbligato al pagamento del prezzo, nell’adempiere, deve far in modo di salvaguardare l’interesse dell’utilizzatore all’esatto adempimento, così come questi è, dal suo canto, gravato, nei confronti del concedente, dell’onere di comportarsi, rispetto al momento della consegna, in modo diligente, sì che non ne risulti sacrificato, per altro verso, l’interesse che anche il concedente ha all’esatto adempimento da parte del fornitore, secondo un modello comportamentale comune improntato alla reciproca cooperazione onde conseguire l’esatto adempimento da parte del fornitore” (negli stessi termini, Cass. n. 12279/2004).
Tanto premesso, ha rilevato che, nel caso sottoposto al suo esame, era emerso che l’utilizzatore aveva sottoscritto una “dichiarazione di accettazione del bene e benestare al pagamento”, inviandola alla società di leasing che, “per effetto di tale dichiarazione, risultava gravata dall’obbligo di pagamento del prezzo del bene e, di fatto, assolveva a tale obbligo”, con la conseguenza che l’utilizzatore “risultava vincolato alle conseguenze della situazione di apparenza creata”.
3.3. Diversa è l’ipotesi esaminata – successivamente – da Cass. n. 25732/2015, nella quale era risultato accertato che la società concedente aveva proceduto al pagamento del prezzo pur essendo consapevole della mancata consegna del bene all’utilizzatore da parte del fornitore: in questa occasione, richiamati ed applicati gli stessi principi espressi da Cass. n. 8101/2012, la Corte ha affermato che “sussiste (…) un obbligo reciproco fra le parti di condotta secondo buona fede per cui anche parte concedente, avendo contezza che il verbale di consegna non era stato sottoscritto dopo l’effettiva consegna, avrebbe dovuto, per lo meno, chiedere conferma all’utilizzatore se, quantomeno a distanza di poco tempo, ciò fosse realmente avvenuto”; ha conseguentemente confermato la decisione appellata che aveva posto a carico della società concedente il danno conseguente all’inadempimento del fornitore cui aveva pagato il prezzo prima di avere contezza della consegna.
3.4. L’ipotesi sottoposta alla Corte dall’odierno ricorso concerne un’ipotesi analoga a quella esaminata da Cass. n. 27352/2015, giacchè anche in questo caso risulta pacifico – per quanto espressamente affermato nella sentenza impugnata (a pagg. 10 e 13) – che il verbale di consegna venne sottoscritto dal C. senza che il bene fosse stato effettivamente fornito e che di ciò la Fineco era ben consapevole (tanto da rassicurare l’utilizzatore circa la “prossima consegna”).
A fronte di tale accertamento in fatto, la Corte di merito ha mostrato di non cogliere la ratio sottesa ai precedenti del *****, basata sul riscontro di una situazione di apparenza (circa l’avvenuta consegna) determinata dalla sottoscrizione “senza riserve” del verbale di consegna da parte dell’utilizzatore che aveva posto il concedente nella condizione di dover adempiere – in buona fede – al pagamento del prezzo.
Del tutto diversa è la situazione – ricorrente nel caso in esame – in cui il concedente acquisisca dall’utilizzatore la sottoscrizione anticipata del verbale e proceda al pagamento del prezzo nella consapevolezza della non avvenuta consegna: in un’ipotesi siffatta non risulta in alcun modo configurabile la buona fede del concedente che, senza preoccuparsi di salvaguardare il comune interesse all’adempimento da parte del fornitore, finisce col riversare sull’utilizzatore il rischio dell’inadempimento di quest’ultimo.
Ne consegue che, in tal caso, non può riconoscersi al concedente la possibilità di recuperare dall’utilizzatore il prezzo che abbia incautamente versato al fornitore (poi rimasto inadempiente), in quanto – come osservato da Cass. n. 10926/1988 – il pagamento da parte dell’utilizzatore risulterebbe privo di causa (“all’inadempimento del fornitore deve assegnarsi, rispetto al contratto di leasing, il ruolo di una causa di sopravvenuta impossibilità d’adempiere” ex art. 1463 c.c.) e non sarebbe giustificabile neppure “in rapporto al dovere di esecuzione del contratto secondo buona fede (art. 1375 c.c.)”, dovendosi peraltro considerare priva di effetti la clausola contrattuale che come quella prevista dall’art. 11, lett. a) del contratto intercorso fra la Fineco e il C.- ponga comunque a carico dell’utilizzatore il rimborso del prezzo, dato che “la clausola di inversione del rischio, applicata alla mancata consegna, non realizza interessi meritevoli di tutela e non è quindi in sè valida” (Cass. n. 10926/1998).
4. L’accoglimento del ricorso principale comporta la necessità di esaminare l’incidentale condizionato della Unicredit, rispetto al quale deve escludersi che ricorra l’ipotesi di inammissibilità evidenziata nella memoria dei ricorrenti: dal riscontro ex actis risulta infatti prodotta la procura del ***** (n. 401226 Rep e n. 89493 Racc., a ministero notaio Sormani) in forza della quale è stato rilasciato il mandato alle liti a margine del controricorso.
4.1. L’unico motivo denuncia “nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), con riferimento agli artt. 112,115 e 132 c.p.c. e all’art. 24 Cost.”.
La ricorrente censura la Corte di merito in quanto “lo scarno assunto circa la natura “pacifica e incontroversa” della consapevolezza della concedente quanto alla mancata consegna del bene al momento della sottoscrizione del verbale da parte del fornitore è del tutto immotivato” e contraddetto dal contenuto degli atti; egualmente priva di adeguato supporto motivazionale (quanto alla fonte del convincimento e all’iter logico seguito) risulta l’affermazione che la concedente sarebbe stata “conscia che il bene non era stato consegnato all’utilizzatore al momento della sottoscrizione del verbale di consegna e l’avesse rassicurato della prossima consegna del bene”; in ogni caso, la Corte sarebbe incorsa in un errore di percezione degli elementi emersi dalle dichiarazioni della teste B. (che si era limitata a riferirsi, in termini generali, a “prassi” e “normalità”, senza alcuno specifico riferimento al caso concreto).
4.2. Il motivo è inammissibile, in quanto:
a fronte di una sentenza che – in punto di consapevolezza della mancata consegna – ha motivato per relationem con riferimento agli atti processuali e alla sentenza del Tribunale, la ricorrente avrebbe dovuto identificare – in ottemperanza all’onere di autosufficienza – i passaggi degli atti e della sentenza da cui sarebbe stata erroneamente desunta la consapevolezza della non avvenuta consegna, nonchè le critiche mosse con l’atto di gravame, al fine di far constare che il giudice di appello ha eluso i suoi doveri motivazionali (cfr. Cass., S.U. n. 7074/2017);
per altro verso, la deduzione circa l’erronea percezione delle risultanze istruttorie mira a censurare la valutazione delle dichiarazioni della teste B., investendo pertanto un apprezzamento di merito che non è sindacabile in sede di legittimità.
5. La sentenza va dunque cassata, con rinvio alla Corte di merito che dovrà procedere a nuovo esame della vicenda alla luce dei principi sopra richiamati.
6. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.
PQM
7. Sussistono, in relazione al ricorso incidentale, le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, dichiarando inammissibile quello incidentale condizionato; cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2019
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