Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.14241 del 24/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22644/2018 proposto da:

J.M., rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Finocchiaro;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 793/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, pubblicata il 9 maggio 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 aprile 2019 dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 9 maggio 2018, ha rigettato il gravame proposto da J.M., cittadino del Gambia, avverso l’ordinanza impugnata che aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria, rilevando con riguardo a quest’ultima che non ricorrevano condizioni di vulnerabilità, tenuto conto che, dopo la fine del regime dittatoriale dell’ex presidente, si registrava una positiva evoluzione del Paese in senso democratico con il ripristino delle garanzie fondamentali, compresa la tutela giurisdizionale, anche in relazione alla vicenda ereditaria cui egli aveva fatto riferimento; nè si configurava un significativo radicamento nel territorio italiano, tenuto conto che egli percepiva una retribuzione molto bassa e per poche ore alla settimana che non gli garantiva il soddisfacimento neppure delle primarie esigenze di vita, mentre nel suo Paese viveva la famiglia di origine che poteva mantenerlo;

il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione e memoria; il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO

CHE:

i motivi di ricorso sono inammissibili, risolvendosi in istanze di rivisitazione di apprezzamenti di fatti, plausibilmente compiuti dai giudici di merito, in ordine alle condizioni di lavoro, al radicamento e tenore di vita in Italia (primo motivo), in confronto a quello nel suo Paese (secondo motivo), nonchè in una generica doglianza (incompatibile con il canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6) circa le sue condizioni psicofisiche che ne impedirebbero il ritorno in patria (terzo motivo);

non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

E’ dovuto il raddoppio del contributo a carico del ricorrente.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2019

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