LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23269/2018 proposto da:
D.B., rappresentato e difeso dagli avvocati Giacomo Cainarca e Valentina Valeri;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1047/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, pubblicata il 26 febbraio 2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12 aprile 2019 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
RILEVATO
che:
la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 26 febbraio 2018, ha rigettato il gravame di D.B., cittadino del *****, avverso l’ordinanza impugnata che aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato e protezione sussidiaria) e umanitaria, rilevando la scarsa credibilità della narrazione (temeva di essere ucciso dai nemici di suo padre, capo villaggio, e di subire le ritorsioni da parte del padre della ragazza con cui aveva una relazione e dalla quale aveva avuto una bambina), evidenziandone le gravi contraddizioni e l’irrilevanza al fine di dimostrare il rischio di atti persecutori nei suoi confronti e di danno grave in caso di rimpatrio, trattandosi di vicende private, anche tenuto conto che, alla luce delle informazioni acquisite, non si registrava nel suo Paese una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; nè sussistevano condizioni di vulnerabilità ai fini della protezione umanitaria, non essendo vero che non aveva riferimenti parentali in Senegal;
il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione; il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
che:
entrambi i motivi sono inammissibili, risolvendosi in istanze di rivisitazione di apprezzamenti di fatti, plausibilmente compiuti dai giudici di merito, in ordine alle condizioni di vulnerabilità per il riconoscimento della protezione umanitaria, oltre che in censure generiche (incompatibili con il canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6) circa la denunciata violazione dei diritti fondamentali nel suo Paese, anche alla luce delle informazioni acquisite dai giudici di merito;
non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
E’ dovuto il raddoppio del contributo a carico del ricorrente.
Così deciso in Roma, il 12 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2019