LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9028-2018 proposto da:
L.I., elettivamente domiciliato in Roma, Via Girolamo Da Carpi 1, presso lo studio dell’avvocato Luigi Funari, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Gallinaro;
– ricorrente –
contro
Ordine Medici Chirurghi Odontoiatri Provincia *****, elettivamente domiciliato in Roma, Via G.B. Morgagni 2/A, presso lo studio dell’avvocato Umberto Segarelli, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Zingarelli;
– controricorrente –
e contro
Procuratore Repubblica;
– intimato –
e Ministero Della Salute, *****;
– intimato –
avverso la decisione n. 86/2017 della Comm. Centr. Eserc. Professioni Sanitarie di Roma, depositata il 19/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/02/2019 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte;
sentito il P.M. in persona del Sostituto procuratore generale Dott. Mistri Corrado, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione;
udito l’Avvocato Giuseppe Gallinaro per la ricorrente che si riporta al ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Il presente giudizio di cassazione trae origine dal ricorso notificato il 12/3/2018 dalla Dott.ssa L.I. all’Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di ***** ed al P.M. nei confronti della decisione assunta dalla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie n. 86 e depositata il 19 gennaio 2018.
2. Il provvedimento impugnato è stato emesso in sede di giudizio di rinvio dopo un primo ricorso in cassazione proposto dall’Ordine professionale e conclusosi con la sentenza della Suprema corte n. 22459 del 22 ottobre 2014 di annullamento della precedente decisione favorevole alla L..
2.1.La commissione centrale ha in particolare respinto l’originario ricorso proposto dalla L. avverso la sanzione disciplinare inflittale dall’apposita commissione incaricata ai sensi del D.P.R. n. 221 del 1950, artt. 38 e ss. e confermato la sanzione irrogata.
2.2. Ha cioè disatteso sia la censura riguardante l’asserita omessa indicazione dei fatti addebitati e delle prove assunte e dei motivi che giustificano la sanzione, sia quella concernente la contestata eccessività della sanzione inflitta in rapporto ai fatti addebitati, sia quella relativa al tempo trascorso fra la Delib. 19 dicembre 2011 ed il deposito in data 9/3/2012 della motivazione della decisione assunta dalla Commissione centrale.
3.La cassazione della nuova decisione della Commissione centrale è chiesta dalla ricorrente sulla scorta di sette motivi, cui resiste con tempestivo controricorso l’Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di *****.
4.Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente denuncia l’illegittimità derivata della costituzione e del funzionamento della Commissione centrale che ha assunto la decisione impugnata per contrasto con gli artt. 108 e 111 Cost. in relazione all’annullamento del D.P.C.M. 27 dicembre 2016 di nomina della Commissione centrale.
2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 221 del 1950, art. 39, lett. b) laddove la Commissione avrebbe ritenuto che i 13 giorni intercorrenti tra la comunicazione dell’ultima convocazione e l’audizione fissata per il 19 dicembre 2011 fossero sufficienti per poter esercitare il diritto di difesa da parte della L..
3. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 221 del 1950, art. 47 laddove la Commissione aveva ritenuto che il provvedimento emesso dall’ordine professionale contenesse un’argomentata valutazione della condotta addebitata alla ricorrente.
4.Con il quarto motivo si denuncia la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per carenza motivazionale della decisione adottata dalla Commissione a seguito della cassazione con rinvio da parte della Suprema corte.
5.Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 221 del 1950, artt. 40 e 41 per omesso esame dell’eccezione fondata sulla gravità della sanzione in relazione alla natura dei fatti addebitati alla L..
6.Con il sesto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 221 del 1950, art. 45 per quanto riguarda il tempo intercorso fra l’assunzione della delibera da parte della Commissione centrale in data 19/12/2011 ed il deposito della motivazione, avvenuto il 9 marzo 2012 in contrasto con la natura improntata alla massima speditezza del procedimento disciplinare.
7. Con il settimo motivo si denuncia l’inammissibilità del ricorso in cassazione presentato a suo tempo dall’Ordine dei medici di ***** nel 2013.
8.Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del settimo motivo che mira a reintrodurre una questione coperta dal giudicato interno.
9.Con riguardo agli altri motivi sopra enunciati, il primo di essi è fondato.
9.1. Infatti, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 215 del 2016 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1 e comma 2 lett. a), b), c), d) ed e) nella parte in cui si fa riferimento alla nomina dei componenti della Commissione di derivazione ministeriale, è stato emanato il D.P.C.M. già citato che ha previsto, per assicurare la necessaria indipendenza di imparzialità, che la designazione dei membri della Commissione centrale avvenga su designazione del Consiglio superiore di sanità.
9.2.Tuttavia, il Consiglio di Stato nella sentenza n. 769 del 6/2/2018 ha dichiarato illegittima la nomina dei dirigenti del Ministero della salute effettuata dal Consiglio superiore di sanità ai sensi del D.Lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, art. 17, comma 1, nel testo risultante dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 215/2016. Ha ritenuto, in particolare, il Consiglio di Stato che si ripropongano, al di là dell’aspetto formale della designazione da parte di un soggetto diverso, le ragioni di sostanza evidenziate dalla Consulta nella sentenza n. 215, ai fini delle necessarie garanzie di indipendenza atte ad assicurare per detti componenti la loro autonomia decisoria.
9.3.Pertanto, in analogia a quanto disposto nei casi in cui è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale (cfr Cass. 3905/2007) ed alle successive pronunce di questa Corte in casi simili (cfr. Cass. 30061/2017; id. 27923/2018) la decisione qui impugnata risulta assunta da un organo privo, per effetto della dichiarata illegittimità della sua parziale composizione, dei requisiti di indipendenza e imparzialità che costituiscono substrato indispensabile dell’esercizio del potere giurisdizionale.
9.4.L’assenza di indipendenza e di imparzialità, anche se riferibile solo ad alcuni dei componenti della commissione, si trasferisce in termini osmotici dai partecipi all’organo, non potendosi consentire che lo stesso eserciti la funzione giurisdizionale attraverso dinamiche radicalmente viziate dalla interlocuzione, nel percorso che porta la decisione, di soggetti privi delle citate caratteristiche.
9.5.Tali considerazioni determinano la nullità della decisione assunta dalla commissione.
9.6.L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento dell’esame delle altre censure attinenti al merito di una decisione che dovrà essere rinnovata dalla competente commissione.
9.7.In definitiva la decisione impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata alla Commissione centrale diversamente composta.
10.Le spese del giudizio di cassazione vanno compensate tra le parti essendo il suo esito dipeso da una declaratoria di illegittimità sopravvenuta alla decisione impugnata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara inammissibile il settimo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la decisione impugnata e rinvia la causa alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, in diversa composizione. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2019