LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –
Dott. MELE Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 19961/2013 R.G. proposto da:
M.V., rappresentato e difeso dall’avv. Angela Aliani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Francesca De Pasqua, sito in Roma, via Carlo Mirabello, 25;
– ricorrente, intimato in via incidentale –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– controricorrente, ricorrente in via incidentale –
avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Puglia, n. 24/10/13, depositata il 17 gennaio 2013.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 16 aprile 2019 dal Consigliere Paolo Catallozzi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stanislao De Matteis, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi gli avv. Angela Liliana Lagreca, per delega dell’avv. Angela Aliani, per la ricorrente, e Cinzia Melillo, per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. M.V. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Puglia, depositata il 17 gennaio 2013, di reiezione dell’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto i suoi – riuniti – ricorsi per l’annullamento di due avvisi di accertamento con cui era stata recuperata l’Iva asseritamente non versata e irrogate le relative sanzioni.
Dall’esame della sentenza impugnata si evince che gli atti impositivi traggono origine dalla negazione del diritto alla detrazione dell’Iva assolta con riferimento ad operazioni di acquisto di beni strumentali (trattore agricolo cingolato e impianto irriguo meccanico), in quanto ritenute dall’Ufficio inesistenti, prive di una ragione economicamente apprezzabile e poste in essere al fine di ottenere vantaggi fiscali.
2. Il giudice di appello ha rilevato che tali operazioni si sono concretizzate con l’interposizione fittizia della Generaltractor s.r.l. società ritenuta “cartiera” – la quale, dopo aver acquistato dal contribuente i beni strumentali usati, li ha rivenduti al medesimo prezzo, ma come nuovi, alla Generalcredit S.p.A., la quale, infine, ha provveduto alla sua rivendita al medesimo contribuente, originario venditore.
E’, dunque, giunto alla conclusione che le fatture in oggetto hanno avuto il solo scopo di creare il presupposto per procurare al contribuente un finanziamento mediante lo sconto delle cambiali rilasciate per il pagamento del prezzo dei beni compravenduto e, dunque, attengono ad operazioni simulate ed idonee ad integrare gli estremi dell’abuso del diritto.
3. Il ricorso è affidato a sette motivi.
4. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate, la quale propone ricorso incidentale.
5. Avverso tale ricorso incidentale il contribuente non spiega alcuna attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso proposto il contribuente denuncia la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 6 e 19, e artt. 1376 e 1472 c.c., per aver la sentenza impugnata escluso il diritto di detrazione dell’Iva assolta con riferimento ad operazioni realmente accadute, affermato che le stesse fossero oggettivamente e soggettivamente inesistenti e ritenuto necessario, al fine di produrre l’effetto traslativo, la consegna dei beni oggetto di tali operazioni.
Con il medesimo motivo ha, altresì, dedotto l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, che avrebbero escluso l’inesistenza soggettiva delle operazioni.
1.1. Quanto al vizio motivazionale il motivo è inammissibile.
Il giudice di appello ha ritenuto che le operazioni in esame fossero inesistenti in ragione del fatto che le stesse si sono concretizzate con l’interposizione fittizia di una società cartiera, in quanto priva di una sede reale, di lavoratori dipendenti o collaboratori e di strutture e mezzi operativi, e il riacquisto da parte del contribuente dei medesimi beni apparentemente ceduti, considerati come nuovi, al medesimo prezzo.
Ha, altresì evidenziato, a sostegno del suo assunto, che l’emissione delle fatture relative alle operazioni in oggetto non è stata supportata nè da “movimentazione materiale dei beni” coinvolti, nè “da regolare movimentazione di mezzi finanziari”.
1.2. Parte ricorrente si duole del fatto che la sentenza impugnata non prende in considerazione quanto affermato in altra decisione di appello del giudice tributario, intervenuta in un giudizio promosso, in relazione alla medesima operazione, dalla Generaltractor s.r.l., secondo cui sarebbe stata esclusa la natura di cartiera di tale società, nonchè l’esistenza di un contratto di locazione da questa stipulato avente ad oggetto locali che sarebbero stati adibiti a sede sociale.
Tali circostanze di fatto – che si assume non essere state prese in esame dalla Commissione regionale – si presentano prive del carattere della decisività, necessario ai fini della ammissibilità del vizio dedotto, il quale richiede che gli elementi fattuali non esaminati abbiano portata idonea da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (cfr. Cass., ord., 26 giugno 2018, n. 16812; Cass., ord., 28 settembre 2016, n. 19150).
Infatti, l’esistenza di valutazioni diverse in ordine alla natura del soggetto primo cessionario – peraltro, non avente autorità di cosa giudicata nel presente giudizio per diversità dei soggetti processualmente coinvolti – e l’intervenuta conclusione di un contratto di locazione – di cui la Generaltractor s.r.l. non è parte e da cui non emerge che i locali concessi in locazione siano destinati allo svolgimento di attività sociali di quest’ultima – non presentano una valenza probatoria tale da condurre necessariamente all’affermazione dell’effettivo svolgimento di un’attività economica da parte della Generaltractor s.r.l. medesima.
1.3. Infondato è il motivo in relazione alla violazione di legge ivi formulata.
La parte contesta che i fatti accertati dalla Commissione regionale siano sufficienti a condurre ad una valutazione di inesistenza delle operazioni, ritenendo irrilevanti la mancata consegna materiale o documentale dei beni e l’illiceità dello scopo perseguito.
Tale assunto non è persuasivo, in quanto benchè la fattura, di regola, costituisce titolo per il contribuente ai fini del diritto alla detrazione dell’IVA e alla deducibilità dei costi, l’Ufficio può dimostrare il difetto delle condizioni per l’insorgenza di tale diritto e tale onere probatorio può essere assolto anche mediante il ricorso a presunzioni semplici, poichè la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto alle altre fonti di prova e costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (cfr. Cass., ord., 5 luglio 2018, n. 17619; Cass. 30 ottobre 2013, n. 24426).
A tal fine, gli indizi assunti dal giudice di appello a fondamento della sua valutazione di inesistenza delle operazioni, consistenti, come già rilevato, nella assenza di struttura organizzativa, risorse umane e materiali della Generaltractor s.r.l. e nella mancata consegna materiale dei beni interessati dall’operazione e/o dei relativi documenti, sono sufficienti a fondare la presunzione dell’inesistenza di tali operazioni.
La prova indiziaria così formata non risulta essere inficiata da concludenti elementi indiziari di segno opposto, non essendo a tal fine utili idonei la sola dimostrazione della regolarità formale della relativa documentazione contabile (cfr., altresì, Cass., ord., 19 ottobre 2018, n. 26453).
2. Con il secondo motivo il ricorrente si duole dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla mancata valutazione di dati pacifici tra le parti e di dato probatori dal medesimo offerti in ordine alla inesistenza oggettiva delle operazioni.
Evidenzia, in particolare, che la Commissione regionale avrebbe omesso di valutare il contenuto dei contratti con la Genercredit S.p.A., delle relative fatture da questa ultima emesse e degli effetti cambiari rilasciati in pagamento, nonchè dei verbali di apposizione di sigilli sui beni venduti e delle note di trascrizione dei contratti (formalizzare queste ultime inchieste per la fruizione di contributi pubblici).
2.1. Il motivo è inammissibile, in quanto l’esistenza di documentazione contrattuale e fiscale non è idonea, per le ragioni suindicate, a condurre ad un diverso della controversia e, in particolare, a dimostrare l’esistenza, sotto il profilo oggettivo, delle operazioni.
Nè a diversa conclusione può pervenirsi con riferimento al rilascio di effetti cambiari – del cui pagamento, peraltro, non vi è evidenza-ovvero dell’esecuzione degli altri adempimenti richiesti per la fruizione dei contributi pubblici, non potendosi escludere che questi ultimi fossero strumentali allo scopo che, secondo la Commissione regionale, le parti coinvolte nell’operazione avrebbero perseguito, consistente nell’indebito accesso a tali contributi.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 21, per aver il giudice di appello escluso il diritto di detrazione dell’Iva assolta pur in assenza di un pregiudizio per l’erario.
3.1. Il motivo è infondato.
Ai sensi della sesta Dir. 77/388/CEE, art. 10, par. 2, e art. 17, paragrafo 1, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, applicabile alle operazioni in esame ratione temporis, il diritto alla detrazione nasce quando l’imposta detraibile diventa esigibile, ossia all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi.
Da ciò consegue che il diritto a detrazione è legato alla realizzazione effettiva della cessione di beni o della prestazione di servizi di cui trattasi, per cui in difetto della cessione effettiva dei beni o della prestazione dei servizi un siffatto diritto non può sorgere, non essendo sufficiente la sua indicazione della relativa fattura.
Ne consegue che il diritto alla detrazione è subordinato alla condizione che le operazioni corrispondenti siano state effettivamente realizzate, non ostandovi il principio della neutralità fiscale, il quale, costituendo la traduzione del principio generale della parità di trattamento, consente un trattamento differenziato degli operatori economici per l’assenza di operazioni imponibili rispetto a quelli che hanno posto in essere un’operazione imponibile effettivamente realizzata (cfr. Corte UE, 27 giugno 2018, SGI).
Può aggiungersi, inoltre, che il principio della neutralità fiscale non osta al diniego di detrarre l’IVA a monte opposto al destinatario di una fattura, a causa dell’assenza di un’operazione imponibile, anche se, nell’avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente della fattura, l’IVA dichiarata da quest’ultimo non è stata rettificata (Corte UE, 31 gennaio 2013, LVK).
4. Con il quarto motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di artt. 2697 e 2729 c.c., per aver ritenuto fondato la pretesa erariale pur in assenza di documenti di prova dei relativi fatti costitutivi e ponendo erroneamente a suo carico l’onere di dimostrare il fatto contrario.
4.1. Il motivo è infondato, in quanto, come già osservato in precedenza (sub 1.3.), il giudice di appello ha fatto corretta applicazione del principio dell’onere della prova e del conseguente riparto tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente, ponendo a carico della prima l’onere di dimostrare, anche mediante presunzioni, l’inesistenza delle operazioni contestate e, quindi, evidenziando l’assenza di elementi probatori offerti dal secondo idonei ad inficiare la prova presuntiva ritenuta formatasi.
5. Con il quinto motivo il contribuente si duole della falsa applicazione della Dir. 2006/112/CE, artt. 2, 9, 14, 62, 63, 167, 168, lett. a), art. 178, lett. a), art. 220, punto 1, e art. 226, D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17 e 19, e artt. 1189 e 2697 c.c., nonchè dei principi in tema di prova della buona fede, per aver la sentenza impugnata escluso il diritto alla detrazione senza previamente verificare la consapevolezza del contribuente di partecipare alla presentazione.
6. Con il sesto motivo il ricorrente si duole dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla mancata valutazione delle prove circa la buona fede ricorrente.
6.1. I motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati.
Come già evidenziato, il diritto alla detrazione dell’i.v.a. richiede, quale sua condizione sostanziale, che l’operazione imponibile sia effettivamente realizzata, indipendentemente dagli scopi e dai risultati della stessa, per cui l’amministrazione tributaria non è obbligata a procedere ad indagini per accertare la volontà del soggetto passivo o a tener conto dell’intenzione di un operatore, diverso da tale soggetto passivo, che intervenga nella stessa catena di cessioni (cfr. Corte UE, 27 giugno 2018, SGI; Corte UE, 21 novembre 2013, Dixons Retail).
La buona o la malafede del soggetto passivo che chiede la detrazione dell’IVA non incide, infatti, sulla questione se la cessione sia effettuata, ai sensi della sesta Dir., art. 10, par. 2.
Sotto altro aspetto può osservarsi che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede dell’operatore, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo (così, Cass., ord., 14 settembre 2016, n. 18118).
7. Con l’ultimo motivo di ricorso si critica la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, per aver ritenuto soddisfatti i requisiti motivazionali essenziali dell’atto impugnato.
7.1. Il motivo è inammissibile per difetto del requisito dell’autosufficienza, in quanto la mancata riproduzione dell’atto impugnato e dei relativi allegati non consentono a questa Corte di esprimere la sua valutazione in proposito e, dunque, di valutare la corretta applicazione delle norme richiamate da parte della Commissione regionale.
8. Pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto e, conseguentemente, va dichiarato assorbito il ricorso incidentale proposto dall’Amministrazione finanziaria solo in via subordinata.
9. Le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.500,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2019