LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4961/2014 proposto da:
Sviluppo Applicazioni Industriali Sapin Srl in Liquidazione, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata, in Roma, Via Antonio Gramsci 24, presso lo studio dell’avvocato Maria Stefania Masini che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Giovanni Cossu e all’avv. Umberto Cossu, in forza di procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Comune di Assemini, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Monte Santo 14, presso lo studio dell’avvocato Stefano Lombardi e rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Vitiello in forza di procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 495/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 08/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/04/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione del 24/2/1995 G.A. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari il Comune di Assemini e la società Vibrocemento Sarda s.p.a., quale concessionaria capogruppo dell’associazione temporanea di imprese con Apice s.r.l., nel frattempo divenuta Sviluppo Applicazioni Indistriali – Sapin s.r.l. in liquidazione, assumendo è.laè l’irreversibile trasformazione di un proprio fondo sito in *****, occupato legittimamente solo sino al settembre 1992, termine ultimo per il compimento dell’espropriazione e instando per il risarcimento dei danni subiti.
Il Comune di ***** ha chiesto il rigetto della domanda attorea e la Vibrocemento Sarda s.p.a. ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva.
La causa è stata riunita ad altra analoga controversia promossa, sempre nei confronti di Comune di ***** e Vibrocemento Sarda s.p.a., da altri proprietari, M.G., N.I. e Ma.Ma.Bo. quale procuratore generale della madre M.M., analogamente occupati con irreversibile trasformazione.
Con sentenza del 27/10/2010 il Tribunale di Cagliari ha condannato in solido fra loro il Comune di ***** e la Sapin s.r.l. in liquidazione al pagamento in favore degli attori delle somme attribuite a titolo risarcitorio e a titolo di occupazione legittima, nonchè alla rifusione delle loro spese processuali.
2. Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello la Sapin s.r.l. in liquidazione, chiedendo la dichiarazione di nullità o l’annullamento della sentenza; il Comune di ***** ha chiesto dichiararsi inammissibile o comunque rigettarsi l’appello, proponendo domanda di manleva nei confronti del concessionario per ottenerne la condanna a rifondergli quanto versato agli attori, salvo poi rinunciare a tale domanda il 25/1/2013.
Gli attori appellati hanno chiesto il rigetto del gravame e la conferma della sentenza impugnata.
La Corte di appello di Cagliari con sentenza del 8/7/2013 non notificata, ha respinto il gravame, confermando la sussistenza della responsabilità solidale nei confronti dei proprietari dei terreni della Pubblica Amministrazione espropriante e del concessionario e inopponibile ai proprietari la dichiarazione liberatoria rilasciata dal Comune e prodotta dalla Sapin; ha quindi condannato l’appellante Sapin s.r.l. alla rifusione delle spese sostenute sia dal Comune, sia dagli attori appellati.
3. Con atto notificato il 20/2/2014 al solo Comune di ***** ha proposto ricorso per cassazione la Sviluppo Applicazioni Industriali – Sapin s.r.l. in liquidazione, svolgendo tre motivi, tutti dedicati ai soli rapporti fra di essa e il Comune intimato.
Con atto notificato il 18/3/2014 ha proposto controricorso il Comune di *****, chiedendo il rigetto dell’avversaria impugnazione.
Le parti hanno presentato istanza di differimento di udienza in data 24-30/5/2018 in vista di trattative per il componimento della lite.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso. La ricorrente ha presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I primi due motivi di ricorso sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente.
1.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2055 c.c., D.P.R. n. 327 del 2001, art. 6 e art. 1363 c.c., nonchè dei principi di solidarietà in materia di responsabilità extracontrattuale.
A fronte dei principi generali richiamati nella sentenza impugnata circa la responsabilità solidale di delegato e delegante, esisteva comunque la possibilità di individuare la responsabilità esclusiva di uno di essi, ossia il Comune di *****, nella fattispecie dimostrata dal documento liberatorio (docomma 1 prodotto il 13/2/2008 e riprodotto in appello come docomma 3).
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo e carenza motivazionale, in stretta connessione con il primo motivo e con riferimento allo stesso documento.
1.3. I due motivi sono inammissibili.
Come osserva condivisibilmente il Procuratore generale, non risulta che Sapin abbia proposto nel giudizio di merito una domanda volta a disciplinare nei rapporti interni fra condebitori solidali l’ambito delle rispettive responsabilità e in particolare a rivalersi nei confronti del Comune di quanto in solido dovuto nei confronti degli originari attori, proprietari dei beni immobili.
La ricorrente Sapin non mette in discussione la condanna solidale, sua e del Comune, verso i proprietari, tanto che ha coerentemente ritenuto di conseguenza di lasciarli estranei al giudizio di legittimità.
La domanda sul versante interno del rapporto condebitorio solidale non è mai stata proposta (a differenza di quella del Comune, che vi aveva rinunciato, a prescindere dalla eccepita tardività dell’appello incidentale).
Quanto argomentato dalla ricorrente nella sua memoria del 25/3/2019, ove Sapin riconosce di non aver proposto nel presente giudizio domanda di manleva verso il Comune di ***** e di essersi limitata a eccepire l’inesistenza dei presupposti per una condanna solidale, non sposta i termini della questione.
E’ vero che la proposizione della domanda “trasversale” di manleva verso l’altro condebitore non costituiva un onere a carico di Sapin, che poteva semplicemente negare la sua responsabilità; ma, una volta accertata la corresponsabilità solidale dei due convenuti, con statuizione a cui Sapin ha fatto acquiescenza, l’attuale ricorrente non può pretendere di introdurre ora, in sede di legittimità, la domanda di manleva nel rapporto interno non proposta tempestivamente nel giudizio di merito.
E’ del tutto irrilevante che la domanda di manleva nel rapporto interno fosse stata proposta invece dal Comune, sia perchè tale domanda non era stata proposta da Sapin, sia perchè il Comune ha rinunciato all’appello incidentale con il quale aveva cercato di impugnare la statuizione sfavorevole di primo grado sul punto.
E’ ovviamente altrettanto irrilevante ai fini del presente giudizio l’affermata pendenza in primo grado di un altro giudizio inter partes per l’individuazione del soggetto effettivamente tenuto al pagamento.
3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 306 c.p.c. e D.M. n. 140 del 2012, art. 4.
3.1. In primo luogo la ricorrente si lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto efficace la rinuncia all’appello incidentale del Comune di *****, benchè mai accettata dalla Sapin, anzichè pronunciarsi sull’appello predetto e dichiararlo inammissibile, perchè tardivo.
3.2. L’esposta prima parte della doglianza è infondata.
Non era affatto necessaria l’accettazione da parte dell’appellata Sapin della rinuncia all’appello incidentale proposto dal Comune di *****, di cui Sapin chiedeva (e chiede) dichiararsi l’inammissibilità.
Il risultato non muta a seconda della qualificazione giuridica della rinuncia come relativa agli atti o all’azione.
Nel primo caso non v’era infatti in capo all’appellata incidentale interesse a rifiutare l’accettazione della rinuncia, tenuto conto della richiesta di declaratoria di inammissibilità del gravame incidentale e, non radicato dalla responsabilità per le spese di cui l’appellante rinunciante doveva comunque rispondere ex art. 306 c.p.c., u.c.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di appello la rinuncia all’impugnazione da parte dell’appellante equivale a rinuncia all’azione e pertanto non necessita, a differenza della rinuncia agli atti, di accettazione da parte dell’appellato; anche ad essa si applica tuttavia la regola dell’art. 306 c.p.c., comma 4, secondo cui il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, con esclusione di qualunque potere del giudice di totale o parziale compensazione (Sez. 6, 06/03/2018, n. 5250).
3.3. In secondo luogo, aggiunge la ricorrente, comunque, la circostanza avrebbe dovuto essere considerata ai fini delle spese di lite, comunque liquidate in misura eccessiva, in rapporto alla liquidazione eseguita a favore degli altri appellati.
La doglianza è fondata, diversamente da quanto argomentato dalla Procura generale.
L’appellata incidentale Sapin non doveva essere condannata a rifondere le spese del Comune, perchè il Comune era soccombente nei suoi confronti in relazione alla domanda proposta con l’appello incidentale rinunciato.
Era dato tuttavia apprezzare soccombenza reciproca perchè i due condebitori (Comune di ***** e Sapin) si indicavano a vicenda come gli esclusivi responsabili nei confronti degli attori appellati.
4. La Corte pertanto, accolto il terzo motivo nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata sul punto e decidendo nel merito, dichiara compensate fra le parti Comune di ***** e Sapin s.r.l. in liquidazione le spese del giudizio di appello.
Resta ovviamente assorbita l’ultima parte della censura mossa con il terzo motivo circa il quantum delle spese liquidate.
Quanto alle spese del giudizio di legittimità l’accoglimento solo parziale del ricorso ne giustifica la compensazione per metà; il contro ricorrente deve pertanto essere condannato a rifondere alla ricorrente il restante 50%, liquidato come in dispositivo.
PQM
LA CORTE accoglie il terzo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, rigettati i primi due, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara compensate fra le parti Comune di ***** e Sapin s.r.l. in liquidazione le spese del giudizio di appello;
compensa per la metà le spese del giudizio di legittimità e condanna il controricorrente al pagamento in favore della ricorrente del 50% delle spese, liquidate per l’intero in Euro 5.250,00, e quindi di Euro 2.625,00, oltre rimborso spese generali 15% e oneri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 9 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2019