Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.14667 del 29/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27928/2014 proposto da:

Comune Crispano, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Alessandro III presso lo Studio Mangazzo e rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Orefice, in forza di procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2696/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/04/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

FATTI DI CAUSA

1 Con atto di citazione notificato il 21/3/2011 il Comune di Crispano si è opposto alla stima dell’indennità definitiva di esproprio come determinata dal collegio dei tecnici nominato ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 21 e ritenuta erronea, nell’ambito di procedimento di espropriazione relativo ad un terreno di proprietà di D.M., sito in *****.

Si è costituito in giudizio D.M., chiedendo declaratoria di inammissibilità dell’opposizione in quanto tardiva, contestando nel merito le argomentazioni del Comune e chiedendone il rigetto, nonchè proponendo domanda riconvenzionale di opposizione alla stima.

La Corte di appello di Napoli con sentenza del 12/6/2014, notificata in data 5/8/2014, ha dichiarato inammissibili entrambe le opposizioni, proposte in via principale e riconvenzionale, a spese compensate.

3. Con atto notificato il 14/11/2014 ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Crispano, svolgendo quattro motivi. L’intimato D.M. non si è costituito in giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 27 e 54 dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 155 c.p.c., dell’art. 111Cost. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.

1.1. Secondo il ricorrente la Corte era incorsa nella violazione dell’art. 155 c.p.c. poichè, anche applicando i criteri indicati dalla sentenza impugnata, e in particolare il principio che il termine perentorio per la proposizione della opposizione alla stima non potrebbe mai scadere prima del decorso di almeno 60 giorni dal deposito della relazione peritale presso l’autorità espropriante a norma del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27, comma 1, l’opposizione sarebbe stata tempestiva perchè notificata il 24/3/2011, prima del decorso di 60 giorni dal 28/1/2011 (data di deposito).

1.2. Il motivo è fondato.

Pur adottando il punto di vista della Corte territoriale nell’interpretazione della legge, come si vedrà per nulla condivisibile, il ragionamento consequenzialmente sviluppato dai Giudici partenopei appare errato.

La relazione di stima D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 21 redatta dal Collegio dei tecnici è stata depositata presso il Comune di Crispano in data 28/1/2011 e comunicata a D.M. il 18/2/2011.

Anche accettando l’impostazione accolta in sentenza, secondo cui per il Comune, ente beneficiario e promotore dell’espropriazione, e solo per il Comune, il termine di cui all’art. 27 prendeva a decorrere dalla data del deposito e non dalla sua comunicazione, il termine di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, comma 2, andava pur sempre automaticamente allungato dei primi trenta giorni destinati a consentire agli interessati la possibilità prima che inizi a decorrere il termine decadenziale di cui all’art. 54 di un adeguato spatium deliberandi in ordine alla stima dei tecnici; dovrebbero, cioè, intercorrere pur sempre sessanta giorni dal deposito della relazione peritale di stima presso l’autorità espropriante D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 54.

La Corte di appello, dopo aver mostrato di condividere l’insegnamento della sentenza n. 480 del 28/2/2011 di questa Corte di Cassazione, in realtà fraintesa, e dopo aver argomentato circa la necessità di far decorrere il primo termine, quello di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27 da una data differente per il Comune espropriante e per il privato espropriato, al fine di evitare uno squilibrio informativo e un eccessivo vantaggio per l’ente pubblico (sentenza impugnata, pag. 9), non nega infatti anche al Comune un periodo complessivo di sessanta giorni (composto dai trenta giorni dello spatium deliberandi di cui all’art. 27 e dai trenta giorni per l’opposizione di cui all’art. 54), facendolo peraltro decorrere sin dal momento del deposito della relazione.

A pagina 9, ultimo paragrafo, la Corte partenopea afferma conseguentemente che il termine per la proposizione dell’opposizione alla stima decorre per il soggetto che sia al contempo autorità espropriante, promotore e beneficiario dell’espropriazione dal trentesimo giorno successivo alla data in cui la relazione di stima sia stata depositata o sia stata comunicata ai fini del deposito presso l’ufficio espropriazioni.

E’ quindi evidente l’errore commesso dalla Corte di appello alla pagina 11, p. 2.4., nell’assumere che la consegna di un atto per la notificazione il 21/3/2011 sarebbe avvenuta oltre il sessantesimo giorno dalla data di deposito della relazione (28/1/2011), essendo invece avvenuta il cinquantaduesimo giorno successivo.

Tanto basterebbe all’accoglimento del ricorso con la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, se non fosse opportuno per esigenze nomofilattiche correggere la motivazione della sentenza impugnata anche in relazione al terzo motivo di ricorso.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 27 e 54 all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 155 c.p.c., dell’art. 111Cost.

Erano assolutamente incomprensibili le ragioni per cui l’opposizione del Comune doveva ritenersi inammissibile per tardività.

Il motivo è assorbito, per effetto dell’accoglimento del primo motivo.

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 27 e 54dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 155 c.p.c., dell’art. 111 Cost.

3.1. Secondo la Corte di appello solo per il Comune il termine decadenziale decorreva dal deposito della stima redatta dai tecnici D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 27, comma 1; tale affermazione era infondata e creava una regola differenziata per espropriante ed espropriato in ordine al termine, in palese contrasto con quanto previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 27 e 54.

I Giudici hanno ritenuto che per l’espropriante anche il termine di cui all’art. 54, comma 1, fosse decadenziale, in contrasto con il testo letterale di entrambe le norme invocate.

Paradossalmente, secondo la tesi della Corte di appello, l’Autorità espropriante sarebbe costretta a proporre opposizione entro un termine tale da non consentire all’espropriato la conoscenza della stima, mentre l’espropriato avrebbe a disposizione ulteriori trenta giorni almeno per proporre opposizione.

3.2. Il motivo è fondato, poichè la Corte territoriale non ha rettamente interpretato il diritto positivo.

Il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 27 dispone che la relazione di stima sia depositata dai tecnici ovvero della Commissione provinciale presso l’ufficio per le espropriazioni e che l’autorità espropriante dia notizia dell’avvenuto deposito mediante raccomandata con avviso di ricevimento, segnalando la facoltà di prenderne visione ed estrarne copia. Il comma 2 della stessa norma prevede che, decorsi trenta giorni dalla comunicazione del deposito, l’autorità espropriante, in base alla relazione peritale e previa liquidazione e pagamento delle spese della perizia, su proposta del responsabile del procedimento autorizzi il pagamento dell’indennità, ovvero ne ordini il deposito presso la Cassa depositi e prestiti.

Analoga previsione è contenuta nell’art. 21, comma 10 secondo il quale la relazione dei tecnici è depositata presso l’autorità espropriante, che ne dà notizia agli interessati mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, avvertendoli che possono prenderne visione ed estrarne copia entro i successivi trenta giorni.

L’art. 54, in tema di opposizioni alla stima, prevede che, decorsi trenta giorni dalla comunicazione prevista dall’art. 27, comma 2, il proprietario espropriato, il promotore dell’espropriazione o il terzo che ne abbia interesse possano impugnare innanzi all’autorità giudiziaria gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell’indennità, la stima fatta dai tecnici, la liquidazione delle spese di stima e comunque possano chiedere la determinazione giudiziale dell’indennità.

Tali controversie di cui al presente comma sono ora disciplinate dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 29 non applicabile peraltro ratione temporis alla presente controversia radicata a marzo del 2011. Il predetto art. 29, comma 3 sancisce che l’opposizione debba essere proposta, a pena di inammissibilità, entro il termine di trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest’ultima sia successiva al decreto di esproprio. Il termine è invece di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Alla presente controversia si applica invece ratione temporis il testo del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54 anteriore alla modifica del 2011, il che non sposta i termini della questione; infatti il comma 2 del testo originario dell’art. 54 è stato puntualmente riprodotto dal predetto art. 29, comma 3 e prevedeva che l’opposizione andasse proposta, a pena di decadenza, entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest’ultima sia successiva al decreto di esproprio.

Ai fini dell’interpretazione del sistema normativo e dei due termini previsti dalle norme citate il Collegio ritiene di dover assicurare continuità all’orientamento espresso dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 6 – 1, n. 4880 del 28/02/2011, Rv. 617034 – 01; Sez. 1, n. 28791 del 09/11/2018, Rv. 651452 – 01) secondo il quale in tema di determinazione dell’indennità di esproprio, il termine fissato dal D.P.R. 6 agosto 2001, n. 327, art. 27, comma 2, di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima a partire dal quale l’autorità espropriante autorizza il pagamento dell’indennità o ne ordina il deposito presso la Cassa depositi e prestiti, non è perentorio ma dilatorio, imponendo a tutte le parti del procedimento di agire per la determinazione giudiziale dell’indennità almeno trenta giorni dopo la comunicazione del deposito della relazione di stima, fermo restando tale potere di agire fino alla scadenza del termine perentorio di cui all’art. 54, comma 2 stesso D.P.R. n., che decorre dalla notificazione del decreto di esproprio o della relazione di stima, se successiva all’atto ablatorio, termine, questo, che non corrisponde a quello dilatorio di cui all’art. 27, comma 2 D.P.R. n. medesimo.

Ferma restando la diversa natura dei due termini per la proposizione dell’opposizione, dilatorio il primo e volto ad assicurare uno spatium deliberandi per l’esame della relazione di stima, acceleratorio e perentorio il secondo, la tesi della diversificazione del dies a quo del primo termine, e, conseguentemente, del secondo, adottata dalla Corte di appello di Napoli, per vero in consapevole dissenso rispetto ad altra decisione di quella stessa Corte territoriale, non può essere condivisa.

In primo luogo, l’assunto è privo di base testuale nella norma dell’art. 27, comma 2, che fa decorrere il primo termine, dilatorio, dalla comunicazione dell’avvenuto deposito della relazione di stima mediante raccomandata con avviso di ricevimento, che l’autorità espropriante è tenuta ad effettuare.

Secondo la Corte distrettuale tale scansione permetterebbe all’autorità espropriante di aumentare il termine a propria disposizione per l’esame della relazione di stima, semplicemente ritardando la comunicazione.

A parte il rilievo che adducere inconveniens non est solvere argumentum, a fronte di una lettera normativa chiara, e l’ulteriore rilievo, pur non inconferente, che l’autorità espropriante dovrebbe nutrire interesse all’accelerazione della procedura, due potenti argomenti, entrambi già messi in luce dalla giurisprudenza di legittimità sopra ricordata, contribuiscono a confutare l’assunto.

In primo luogo, ove la stima sia stata determinata dalla commissione dei tecnici di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 21,tra cui quello nominato dalla parte espropriata, per procedere insieme alla “determinazione definitiva dell’indennità di espropriazione”, tutte le parti del procedimento possono conoscere la stima operata, anche prima del deposito di essa presso il Comune, a differenza di quanto accadeva nel regime previgente della L. n. 865 del 1971, art. 19, visto che la stima nasce da un procedimento espletato nella pienezza del contraddittorio tecnico, sicchè la presunta dissimetria informativa da cui prende le mosse nella sua argomentazione la Corte territoriale non esiste affatto, almeno quanto alla sostanza, ossia alla conoscenza del contenuto della decisione.

Inoltre, come ritenuto nella pronuncia n. 28791/2018, non può avere rilievo, in assenza di qualsiasi riferimento testuale nella norma di riferimento, la coincidenza nella stessa amministrazione della qualità di espropriante e di promotore e beneficiario dell’espropriazione perchè il disposto normativo applicabile ratione temporis ha voluto chiaramente fissare la decorrenza del termine perentorio per proporre l’opposizione alla stima dall’avvenuta notificazione del decreto di esproprio o della relazione di stima.

La predetta coincidenza soggettiva non pone gli altri legittimati all’impugnazione in una condizione deteriore rispetto all’amministrazione espropriante, ai fini del pieno esercizio del diritto di agire in giudizio che rimane esclusivamente condizionato dal decorso del termine dilatorio dalla comunicazione e dal rispetto del termine perentorio dalla notificazione.

Nè, infine, la possibilità per l’amministrazione di decidere i tempi della comunicazione e della notificazione comporta una lesione del diritto di difesa per l’espropriato tale da giustificare una interpretazione conforme a Costituzione, consistente nell’imporre all’amministrazione la proposizione dell’opposizione alla stima entro sessanta giorni dalla conoscenza effettiva della relazione di stima che si realizzerebbe di fatto con il deposito della stessa presso l’ufficio competente dell’autorità espropriante.

Merita inoltre rilievo il fatto che l’azione di determinazione giudiziale dell’indennità di esproprio ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, comma 1, nel testo ratione temporis applicabile prima della novella introdotta dal D.Lgs. n. 150 del 2011, può essere sempre proposta senza necessità di attendere la liquidazione dell’indennità in sede amministrativa, in quanto, una volta emanato il provvedimento ablativo, sorge contestualmente ed è immediatamente azionabile il diritto del proprietario di percepire il giusto indennizzo ex art. 42 (Sez. 1, 27/04/2017, n. 10446).

4. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 112 c.p.c. e art. 11 Cost., per non aver i Giudici del merito in alcun modo considerato la richiesta di rimessione in termini avanzata dal Comune per l’assenza di una norma regolante la fattispecie, del tutto eccezionale rispetto alla normalità dei casi in cui è l’espropriato a proporre opposizione.

Il motivo resta assorbito.

5. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2019

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