Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.14668 del 29/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28009/2016 proposto da:

Regione Campania, elettivamente domiciliato in Roma, Via Poli 29, presso l’ufficio di rappresentanza della Regione e rappresentata e difesa dagli avvocati Corrado Grande, Fabrizio Niceforo e Giuseppe Testa, in forza di procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Gestione Liquidatoria Consorzio Bonifica Valle Telesina, Gironda Spv Srl,

– intimati –

e contro

Astaldi Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario dell’a.t.i. costituita da Icla Costruzioni Generali spa, Tecnocostruzioni spa, B.E. &

figli snc, Igeco srl, elettivamente domiciliata in Roma, Largo Sarti 4, presso lo studio dell’avvocato Bruno Capponi che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Domenico Di Falco in forza di procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 426/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 02/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/04/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

FATTI DI CAUSA

1. La s.p.a. Astaldi, in proprio e quale mandataria dell’associazione temporanea di imprese (a.t.i. costituita fra di essa, l’ICLA Costruzioni Generali s.p.a. in liquidazione, la Tecnocostruzioni s.p.a., la B.E. e c. s.n.c. e la I.GE.CO. s.r.l.), con atto notificato il 13/6/2006 ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Benevento, Sezione Distaccata di Guardia Sanframondi, la Regione Campania e la Gestione Liquidatoria del disciolto Consorzio di Bonifica Valle Telesina.

La Astaldi ha chiesto in via preliminare la riunione del giudizio ad altro avente ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla Astaldi nei confronti della Gestione Liqudatoria relativamente al pagamento di tutte le riserve formulate nel corso dei lavori per la realizzazione della strada a scorrimento veloce *****; nel merito Astaldi ha chiesto di dichiarare la Regione Campania tenuta in solido, o in via esclusiva, al pagamento dei crediti vantati nei confronti del disciolto Consorzio, o in subordine accertare il diritto della Gestione Liquidatoria a ottenere dalla Regione Campania il versamento delle somme pretese dalla Astaldi e quindi condannare direttamente in via surrogatoria la Regione in proprio favore, quale creditore della Gestione Liquidatoria in virtù di lodo arbitrale pronunciato il 10/6/2004, che aveva risolto i contratti di appalto e condannato la stazione appaltante al risarcimento dei danni, liquidati in Euro 33.247.502,040.

L’attrice ha fatto presente che nelle more del giudizio arbitrale il Consorzio era stato disciolto con Delib. 18 gennaio 2002, n. 62 della Giunta Regionale, con istituzione della Gestione Liquidatoria, con Delib. Giunta regionale 17 maggio 2002, n. 2082, subentrata nel procedimento arbitrale.

Si è costituita in giudizio la Gestione Liquidatoria, chiedendo declaratoria di inammissibilità o il rigetto delle domande degli attori.

La Gestione Liquidatoria ha contestato gli assunti dell’attrice e si è opposta all’azione surrogatoria, negandone i presupposti e facendo presente che il lodo era stato impugnato.

Anche la Regione, costituitasi in giudizio, ha contestato la domanda attrice, negando l’assunzione dei debiti del Consorzio da parte sua e sottolineando la soggettività giuridica della Gestione Liquidatoria.

Il Tribunale ha rigettato la domanda di Astaldi s.p.a., a spese compensate.

2. Astaldi s.p.a. ha proposto appello contro la sentenza di primo grado, a cui hanno resistito le parti appellate, Regione Campania e Gestione Liquidatoria Consorzio di Bonifica della Valle Telesina.

E’ intervenuta volontariamente Gironda SPV s.r.l., acquirente del credito vantato dalla consorziata ICLA Costruzioni generali s.p.a., in adesione alle ragioni dell’appellante.

La Corte di appello di Napoli con sentenza del 2/2/2016, notificata in data 10/11/2016, ha accolto il gravame e ha dichiarato la Regione Campania tenuta in solido con la Gestione Liquidatoria Consorzio di Bonifica della Valle Telesina, al pagamento delle somme accertate a credito della Astaldi, quale mandataria dell’ATI, nel lodo arbitrale del 10/6/2004, compensando per la metà le spese del doppio grado di giudizio e ponendo l’altra metà a carico dei convenuti appellati.

3. Con atto notificato il 25/1/2016 ha proposto ricorso per cassazione la Regione Campania, svolgendo cinque motivi.

Con atto notificato in data 2/1/2017 ha proposto controricorso Astaldi s.p.a. chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

La Gestione Liquidatoria del Consorzio di Bonifica della Valle Telesina e la Gironda SPV s.r.l. non si sono costituiti in giudizio.

In data 17/12/2018 Astaldi s.p.a. ha proposto istanza di prelievo dal ruolo per anticipata trattazione del ricorso.

Astaldi s.p.a. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1, in data 27/3/2019.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la regione ricorrente denuncia violazione di legge in relazione all’art. 2909 c.c. e al principio del ne bis in idem.

1.1. La Regione fa valere al riguardo la decisione assunta dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 6068/2012, resa in sede di giudizio di ottemperanza nei confronti della Regione Campania e della Astaldi s.p.a., in proprio e quale mandataria dell’associazione temporanea di imprese, passata in giudicato, che ha accertato l’inesistenza della responsabilità solidale dell’Amministrazione Regionale relativamente alle obbligazioni scaturenti dal lodo arbitrale del 10/6/2004.

1.2. La controricorrente Astaldi eccepisce al riguardo, in via preliminare, l’inammissibilità della censura, alla luce della novità assoluta della questione, non sottoposta in precedenza al contraddittorio processuale, e del carattere non sopravvenuto del giudicato invocato, formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato, pubblicata il 29/11/2012, ben prima della precisazione delle conclusioni nel giudizio di appello (21/10/2015).

1.3. L’eccezione preliminare è fondata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di cassazione, il giudicato esterno, al pari del giudicato interno, è rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla sentenza impugnata; in tal caso, infatti, la produzione del documento che lo attesta non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., che è limitato ai documenti formatisi nel corso del giudizio di merito, ed è, invece, operante ove la parte invochi l’efficacia di giudicato di una pronuncia anteriore a quella impugnata, che non sia stata prodotta nei precedenti gradi del processo.

L’art. 372 c.p.c. pertanto consente solamente la produzione dei documenti che non potevano essere prodotti nel giudizio di merito e cioè quelli attestanti la successiva formazione del giudicato (Sez.2, 22/01/2018, n. 1534; Sez. un., 02/02/2017, n. 2735; Sez. lav., 21/11/2012, n. 20427; Sez. 1, 23/12/2010, n. 26041 Sez. 5, n. 11112 del 07/05/2008, Rv. 603135 – 01; Sez. U, n. 13916 del 16/06/2006, Rv. 589695 – 01; Sez. L, n. 16376 del 30/10/2003, Rv. 567825 – 01).

La citata sentenza delle Sez. un. 16/06/2006 n. 13916, in particolare, ha osservato che l’art. 372 c.p.c. non costituisce preclusione alla producibilità nel giudizio di cassazione della predetta documentazione in quanto il divieto imposto presenta carattere di assolutezza esclusivamente con riferimento ai documenti che potevano essere prodotti nella fase di merito e non lo sono stati (la documentazione comprovante la formazione del giudicato esterno in tempi successivi alla conclusione del giudizio di merito, per questo solo fatto, non può rientrare in tale categoria di documenti).

I documenti di cui la medesima norma di rito consente la produzione sono quelli attinenti alla nullità della sentenza impugnata e all’ammissibilità del ricorso o del controricorso: la documentazione comprovante la formazione del giudicato esterno in tempi successivi alla conclusione del giudizio di merito presenta caratteristiche che militano a favore della sua collocabilità in questa seconda categoria di documenti.

In primo luogo, l’aver riconosciuto che il giudicato -in quanto espressione della regola iuris del caso concreto – è assimilabile agli “atti normativi” già esclude che la produzione dei documenti che comprovino la formazione del giudicato successivamente alla conclusione del giudizio di merito possa trovare ostacolo nella disposizione di cui all’art. 372 c.p.c., dato che la produzione per la prima volta in sede di legittimità di atti a contenuto normativo è stata tradizionalmente riconosciuta possibile dalla giurisprudenza della Corte; in secondo luogo, è stato costantemente riconosciuto che quando nel corso del giudizio di legittimità intervenga una transazione o altro fatto che determini la cessazione della materia del contendere, in tale fattispecie è ravvisabile una causa di inammissibilità del ricorso sia pure sopravvenuta – in ogni caso, idonea a consentire, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., la produzione del documento che ne comprovi la sussistenza – per essere venuto meno l’interesse della parte ricorrente ad una pronuncia sul merito dell’impugnazione, situazione questa del tutto assimilabile al sopravvenire del giudicato esterno che determina la mancanza di un presupposto essenziale per la trattazione nel merito del ricorso.

La stessa pronuncia ha avuto cura di precisare in ordine alla deducibilità in sede di legittimità del giudicato esterno formatosi successivamente alla conclusione del giudizio di merito, che non può valere, nel caso, quanto affermato nella sentenza n. 226/2001 delle stesse Sezioni Unite, circa il fatto che l’eccezione di giudicato non possa essere dedotta per la prima volta in cassazione; tale principio conserva tutta la sua validità con riferimento alla fattispecie posta ad oggetto della predetta sentenza n. 226/2001, ossia ad un giudicato esterno formatosi nel corso del giudizio di merito, e non è invece suscettibile di estensione allorchè il giudicato esterno si sarebbe formato successivamente alla conclusione del giudizio di merito: è “nuova” solo la questione che avrebbe potuto essere sollevata nel giudizio di merito e non lo è stata.

1.4. Nella fattispecie, poichè sia l’eccezione sia la correlativa produzione documentale ben potevano, ratione temporis, essere formulate ed eseguite nel corso del giudizio di merito, risultano inammissibili in sede di legittimità.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L.R. Campania 11 aprile 1985, n. 23, artt. 3 e 4 e ai principi in tema di successione fra enti.

2.1. La Corte di appello, nel disciplinare la sorte dei rapporti facenti capo al Consorzio di Bonifica della Valle Telesina, si era erroneamente riferita alla disciplina della soppressione delle ex unità sanitarie locali e all’istituzione delle relative gestioni liquidatorie, in violazione della specifica disciplina dettata dalla legge regolatrice, che non prevedeva alcuna successione in universum jus della Regione rispetto alle obbligazioni contratte dal Consorzio di Bonifica, nè tantomeno l’assunzione da parte sua di una corresponsabilità solidale.

Altrettanto erroneamente la Corte di appello aveva affermato che la Regione aveva avocato a sè le funzioni del disciolto Consorzio che invece erano state affidate al Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano.

2.2. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 81 Cost., alla L.R. Campania 30 aprile 2002, n. 7, artt. 3, 31 e 32 e al D.Lgs. 28 marzo 2000, n. 76, art. 18 ed eccepisce la nullità delle Delib. n. 62 del 20025 e Delib. n. 2082 del 2002 della Giunta regionale, se interpretate nel senso dell’assunzione illimitata delle obbligazioni facenti capo al Consorzio di Bonifica della Valle Telesina.

Dalle delibere citate emergeva chiaramente che la Regione non si era affatto accollata i debiti tutti del Consorzio ma aveva invece quantificato una dotazione finanziaria apposita, disponendo l’erogazione nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a ciò destinate, non potendo del resto assumere impegni di spesa senza limite alcuno in difetto della necessaria copertura finanziaria.

2.3. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 1324,1346 e 1418 c.c., nonchè nullità delle Delib. n. 62 del 2002 e Delib. n. 2082 del 2002 della Giunta regionale se interpretate nel senso dell’assunzione illimitata delle obbligazioni facenti capo alla Gestione Liquidatoria Consorzio di Bonifica della Valle Telesina.

2.4. I tre motivi sono strettamente connessi e appare perciò opportuno esaminarli congiuntamente.

2.5. Ai sensi della normativa statale (R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, recante “Nuove norme per la bonifica integrale”) i consorzi di bonifica, costituiti tra i proprietari degli immobili che traggono beneficio dalla bonifica, sono soggetti dotati di personalità giuridica di diritto pubblico, aventi natura di enti pubblici economici (Sez. L, n. 12242 del 17/07/2012, Rv. 623272 – 01; Sez. L, n. 10992 del 05/05/2008, Rv. 603009 – 01; nonchè Cons. Stato, VI, 20/5/2011, n. 3020).

Le funzioni amministrative in materia di bonifica sono state trasferite dallo Stato alle Regioni con il D.P.R. 24 luglio 1077, n. 616, che le hanno poi disciplinate con specifiche leggi dedicate ai compiti, alla costituzione degli organi e alle modalità di finanziamento dei consorzi.

Quanto alla Campania, è stata dettata la L.R. 11 aprile 1985, n. 23 (poi abrogata dalla successiva L.R. 9 ottobre 2012, n. 29), che prevede l’approvazione dello statuto da parte del consiglio regionale, individua gli organi consortili, sottopone al controllo, di legittimità e di merito, della Giunta Regionale i regolamenti di amministrazione e del personale e al controllo di sola legittimità le altre delibere, attribuisce alla Regione il potere di scioglimento degli organi del Consorzio e di nomina di un Commissario straordinari e dispone in tema di finanziamenti regionali aggiuntivi a quelli statuali e comunitari.

La predetta legge regionale prevede l’approvazione dello statuto da parte del Consiglio regionale; individua gli organi dei consorzi nell’Assemblea dei consorziati, nel Consiglio dei delegati, eletto dall’Assemblea e di cui sono membri di diritto tre delegati delle Amministrazioni provinciali e un delegato della Regione, nella Deputazione amministrativa e nel Presidente, eletti dal Consiglio dei delegati, nel Collegio dei revisori dei conti (art. 10 e seguenti); sottopone al controllo della Giunta regionale, di legittimità e di merito, i regolamenti di amministrazione e sul personale (art. 22) e, per la sola legittimità, delle deliberazioni sul “bilancio preventivo e sue variazioni, il conto consuntivo, l’assunzione di mutui, i contratti di esattoria e tesoreria, i ruoli di contribuenza” (art. 23), con la possibilità da parte della Regione di sciogliere gli organi del Consorzio e nominare un commissario straordinario in caso di gravi irregolarità e inadempienze (art. 24); dispone in materia di finanziamenti regionali diretti delle opere, essendone previsto anche il finanziamento nazionale e comunitario (artt. 2 e 3).

Il Consorzio di Bonifica della Valle Telesina è stato soppresso con Delib. 3 aprile 2002, n. 94/6 del Consiglio Regionale, in approvazione della Delib. Giunta n. 62 del 2002, con trasferimento dei compiti del servizio pubblico di bonifica al Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano e la contestuale istituzione di una gestione liquidatoria “al fine di definire tutti i rapporti debitori e passivi dell’ente”, con la nomina di un Commissario liquidatore e la costituzione di un apposito capitolo di spesa dotato con legge di bilancio.

Con la successiva Delib. 17 maggio 2002, n. 2082 la Regione Campania, ribaditi i precedenti provvedimenti, ha deliberato la copertura della gestione liquidatoria a carico della Regione mediante un apposito capitolo di spesa a destinazione specifica denominato “Gestione liquidatoria del Consorzio di Bonifica Valle Telesina”) provvedendo a uno stanziamento quale dotazione finanziaria di Euro 2.582.284,39, in aggiunta allo stanziamento precedente già costituito di Euro 1.004.509,66.

2.6. Non merita consenso l’eccezione preliminare di inammissibilità sollevata dalla controricorrente, che assume che la Regione cerchi con le sue censure di travalicare i confini del giudizio di legittimità, mirando così ad ottenere il riesame dell’accertamento in fatto dell’assunzione da parte della Regione degli obblighi del soppresso Consorzio.

E’ evidente infatti che il presupposto della sentenza impugnata, contestato dalla Regione ricorrente, è l’interpretazione della legge, in generale, in tema di successione di enti pubblici e in particolare in tema di successione al soppresso Consorzio di Bonifica Valle Telesina, disposta con atti normativi, che la stessa controricorrente qualifica come sostanzialmente legislativi in virtù della previsione attributiva effettuata dalla L. n. 23 del 1985, art. 4 della Regione Campania, le cui previsioni sarebbero appunto state attuate e integrate.

2.7. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in linea generale, la successione fra enti pubblici non è regolata in via generale dall’ordinamento e, pertanto essa viene, di regola, disciplinata dalle singole leggi che la dispongono (Sez. 3, n. 5072 del 05/04/2001, Rv. 545608 – 01).

Per altro verso, è stato anche precisato che la soppressione di un ente pubblico non determina il venir meno della sua soggettività tutte le volte in cui, pur se la totalità dei rapporti che ad esso facevano capo siano stati trasferiti, di una parte di questi ultimi sia prevista la liquidazione e tale liquidazione, anzichè essere svolta da organi ordinari dell’ente subentrato nei rapporti da liquidare, sia compiuta da un organo appositamente istituito in qualità di liquidatore dei rapporti pregressi (Sez. 3, n. 5279 del 09/04/2001, Rv. 545783 – 01); in quel caso era stato ritenuto che la soppressione di alcuni consorzi di bonifica siciliani e la contestuale costituzione di nuovi enti consortili in loro sostituzione avesse, in forza delle L.R. siciliana n. 45 del 1995, L.R. n. 16 del 1997 e L.R. n. 10 del 1999, comportato il subingresso, in alcuni dei rapporti facenti capo agli enti soppressi, dei nuovi consorzi, mentre, per i rapporti non trasferiti, da un lato, era stato disposto il subentro del competente assessorato regionale, dall’altro, era stata disposta la liquidazione ad opera di un commissario liquidatore; in effetti, le leggi regionali siciliane citate, nel prevedere l’istituzione di nuovi consorzi di bonifica e la soppressione dei preesistenti, avevano stabilito che talune delle funzioni che questi esercitavano venivano mantenute e trasferite ai consorzi di nuova istituzione ed altre cessavano d’essere esercitate ed avevano inoltre disposto che nei rapporti facenti capo ai consorzi soppressi sarebbero subentrati in parte i nuovi consorzi e in parte l’Assessorato regionale dell’agricoltura e delle foreste.

2.8. Nella specie non vi è nessuna legge regionale che abbia disposto la successione in universum jus della Regione Campania rispetto alle obbligazioni contratte dal Consorzio di Bonifica Valle Telesina, o, anche solo, sancito l’assunzione da parte dell’Amministrazione regionale della veste di coobbligato solidale a tal proposito.

La L.R. Campania 11 aprile 1985, n. 23, art. 4, comma 2 prevedeva che con deliberazione del Consiglio Regionale si provvedesse, su proposta della Giunta Regionale, alla costituzione, fusione e soppressione di Consorzi di Bonifica integrale, nonchè alla delimitazione dei perimetri consortili.

Non vi è quindi alcuna norma di legge che sancisca, il subentro della Regione nella posizione giuridica dell’ente soppresso; per la gestione e liquidazione dei rapporti in corso è stata invece istituita apposita gestione liquidatoria affidata ad un Commissario liquidatore, dotata di autonoma soggettività: punto questo non revocato in dubbio nè dalla sentenza impugnata, nè dalla stessa controricorrente, che fa valere nel presente giudizio un lodo arbitrale emesso all’esito di un giudizio arbitrale iniziato nei confronti del Consorzio di Bonifica Valle Telesina e proseguito nei confronti della sola Gestione Liquidatoria.

2.9. Erroneamente la Corte partenopea afferma, a pagina 13, che la Regione, dopo aver soppresso il Consorzio, ha avocato a sè le funzioni in precedenza attribuitegli, perchè le funzioni attribuite al Consorzio di Bonifica Valle Telesina soppresso sono state affidate al Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano e non già assunte dalla Regione in proprio.

2.10. Le delibere regionali, quand’anche assunte in forza di disposizioni di legge regionale in tema di soppressione di consorzi di bonifica, hanno solamente previsto la copertura finanziaria da parte della Regione degli oneri della gestione liquidatoria dell’ente soppresso, attuata tuttavia mediante un apposito strumento finanziario, ossia l’istituzione di un capitolo di spesa approvvigionato con specifici stanziamenti, di volta in volta individuati e deliberati, e non già mediante un generico subingresso o accollo dei debiti dell’ente da parte della Regione.

Le delibere citate, e in particolare la Delib. 18 maggio 2002, n. 2082, non considerano alcun fenomeno di accollo o altra forma di successione nel lato passivo del rapporto obbligatorio ma contengono solamente la devoluzione della gestione dei rapporti pregressi facenti capo all’ente soppresso ad un organo di liquidazione straordinaria e la previsione di un meccanismo di finanziamento specifico del fabbisogno di tale organo liquidatorio, che non può essere trasformato in via interpretativa, per giunta in difetto di atti di atti aventi forza di legge disponenti in tal senso, in trasferimento integrale delle esposizioni debitorie a carico della Regione.

2.11. In altri termini, con le Delib. Giunta regionale n. 62 del 2002 e Delib. n. 2082 del 2002 è stato soppresso il Consorzio trasferendone i compiti di servizio pubblico di bonifica ad altro Consorzio; è stata istituita la relativa gestione liquidatoria “al fine di definire tutti i rapporti debitori e passivi dell’Ente”, nominando un Commissario liquidatore; è stato istituito un apposito capitolo di spesa nel bilancio regionale intestato alla Gestione liquidatoria (con l’attribuzione alla Gestione, nel frattempo, delle risorse già destinate al Consorzio); è stato attribuito al Commissario liquidatore, insieme con la funzione di determinazione delle masse attiva e passiva e della liquidazione di questa, il compito di rendere conto periodicamente alla Regione e di proporre alla Giunta regionale la richiesta di “eventuali occorrenze finanziarie necessarie per la gestione liquidatoria”; è stato determinato, infine, che “la copertura finanziaria della gestione liquidatoria viene posta a carico della Regione, mediante costituzione di un apposito capitolo di spesa a destinazione specifica”, di cui è quantificato contestualmente lo stanziamento con la legge di bilancio del 2002, disponendo l’afflusso delle dette risorse finanziarie “in un conto di Tesoreria dal quale potranno essere eseguiti i prelevamenti per la sistemazione delle passività e per la copertura delle spese della gestione liquidatoria”.

Tale cornice, che disegna il rapporto della Regione con la Gestione liquidatoria del Consorzio soppresso, non consente di qualificare l’uno o l’altra come articolazioni organiche della Regione, nè di imputare a questa la responsabilità patrimoniale per i debiti della Gestione.

Secondo la normativa regionale dell’epoca, nei confronti del Consorzio la Regione esercita funzioni incidenti sull’attività dell’ente in sede di vigilanza e controllo, inclusi i bilanci e l’assunzione di mutui, fino alla possibilità del commissariamento per gravi irregolarità, nonchè attraverso il contributo finanziario per la realizzazione e manutenzione delle opere di competenza; tali funzioni non consentono però di imputare direttamente alla Regione l’attività del Consorzio e i relativi risultati e oneri, trattandosi di poteri non di amministrazione attiva o di ingerenza determinante nella formazione dell’organo amministrativo, ma di mero controllo esterno su di un soggetto e distinto e autonomo, dotato di propria personalità giuridica quale ente pubblico economico, capace di agire con organi propri in cui la rappresentanza della Regione è minoritaria e che esercitano in autonomia le funzioni di programmazione e di gestione dell’attività dell’ente.

Il finanziamento del Consorzio, a sua volta, non è assicurato in via totalitaria dalla Regione stante il contributo dei consorziati e la previsione di finanziamenti ulteriori rispetto a quelli regionali.

Quanto alla Gestione liquidatoria, l’intervenuta attribuzione della copertura finanziaria “a carico della Regione” non appare sufficiente a determinare l’accollo in capo alla stessa della massa intera delle passività accertate, con conseguente assunzione da parte della Regione dell’obbligazione di farvi integralmente fronte. Ciò non è statuito nelle deliberazioni citate, mentre la “copertura finanziaria” è posta a carico della Regione solo “mediante costituzione di un apposito capitolo di bilancio”, il che definisce inequivocabilmente il relativo stanziamento nella legge di bilancio quale limite dell’impegno regionale assunto annualmente per la copertura.

Parimenti, la previsione che il Commissario liquidatore possa richiedere alla Regione finanziamenti relativi a “eventuali occorrenze finanziarie” della Gestione, permette di comprendere come tali erogazioni non siano nè stabili nè preordinate all’intera copertura delle esigenze finanziarie della Gestione ma dipendano dalla decisione discrezionale della Regione di volta in volta, sia sull’an, sia sul quantum.

2.12. L’ispirazione interpretativa tratta dalla Corte distrettuale dalla normativa relativa alle gestioni liquidatorie delle ex unità Sanitarie Locali e alla giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto a seguito della sentenza delle Sezioni Unite del 20/06/2012, n. 10135 (vedi anche Sez.2, 1/7/2015 n. 13511, Sez.3, 28 /1/2014 n. 1768; Sez. 3, 12/3/2014 n. 5637) riposa su di un evidente fraintendimento.

E’ certo vero che secondo il richiamato orientamento giurisprudenziale, la legittimazione sostanziale e processuale concernente i rapporti creditori e debitori conseguenti alla soppressione delle disciolte Unità Sanitarie Locali spetta in via concorrente, alle Regioni, in quanto una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa esclude l’ammissibilità di una attribuzione esclusiva della legittimazione processuale in capo alle gestioni liquidatorie; tale ultima legittimazione, infatti, risponde soltanto a criteri amministrativo-contabili, intesi ad assicurare la distinzione delle passività già gravanti sugli enti soppressi rispetto alla corrente gestione economica degli enti successori.

Tuttavia questa Corte Suprema, nella sua più autorevole espressione, è pervenuta al citato approdo sulla base dell’analisi di una specifica norma di legge statuale, la L. n. 724 del 1994, art. 6 che allo specifico fine di non far gravare sulle neo-costituite Aziende Sanitarie le pesanti posizioni debitorie pregresse, aveva demandato alle Regioni l’istituzione di apposite gestioni stralcio per liquidare e regolare i rapporti che facevano capo alle soppresse Unità Sanitarie Locali.

2.13. Non è quindi possibile ricavare da tale giurisprudenza un principio generale della successione delle Regioni nelle esposizioni debitorie degli enti pubblici operanti nel loro territorio che prescinda dall’esistenza di specifiche norme di legge che ne dispongano il subentro in universum ius in caso di soppressione o prevedano l’accollo da parte loro delle esposizioni debitorie degli enti soppressi.

In quel caso infatti vi era una norma di legge statuale, che, interpretata in funzione del suo contenuto testuale e delle finalità perseguite, individuava le Regioni come i soggetti obbligati ad assumere a proprio carico i debiti degli enti soppressi, norma che invece non esiste affatto nella presente fattispecie.

2.14. Al contrario, la Delib. 17 maggio 2002, n. 2082 ha attribuito al Commissario Liquidatore il compito di proporre alla valutazione della Giunta regionale documentate richieste in ordine alle necessità finanziarie della gestione liquidatoria.

Non convince l’argomento speso dalla Astaldi che attribuisce valore ai pagamenti diretti eseguiti dalla Regione a favore di alcuni creditori; a prescindere dalla carenza di specificità e autosufficienza del riferimento, è assorbente il rilievo che la dimostrazione di finanziamenti specifici, o anche di pagamenti diretti da parte della Regione, non dimostra affatto che la Regione sia subentrata sic et simpliciter in tutti i rapporti debitori pregressi come coobbligato solidale, come sostenuto dalla sentenza impugnata.

2.15. La controricorrente sostiene, sul presupposto che il Consorzio svolgesse esclusivamente funzioni delegate dalla Regione Campania e di sua competenza istituzionale, e dall’esistenza di penetranti poteri di direzione, finanziamento e controllo da parte della Regione, la tesi di una profonda compenetrazione fra la Regione e l’ente pubblico economico, che non può però approdare, come sarebbe necessario, fino alla negazione della sua soggettività giuridica autonoma.

2.16. Validi argomenti in senso contrario non possono neppure ritrarsi dalla L.R. n. 4 del 2003, art. 37 peraltro successiva ai fatti di causa, con cui la Regione ha previsto una campagna di accertamento delle esposizioni debitorie degli Enti di bonifica e l’adozione di apposite misure di risanamento, nel caso in cui la massa passiva netta registrata risultasse di natura ed entità tali da non poter essere estinta con il solo gettito della contribuenza consortile, mediante adozione di un piano di intervento finanziario diretto al risanamento o alla riduzione della massa passiva gravante sul bilancio di ciascun Consorzio, articolato in più misure e graduato nel tempo. Previsioni queste che evidentemente contrastano e contraddicono la responsabilità solidale della Regione nel momento in cui contemplano da parte sua una attività di monitoraggio del debito e un finanziamento mirato e graduato.

2.17. Non convince infine la pur suggestiva evocazione da parte della controricorrente dell’istituto di cui all’art. 2497 c.c., in tema di società soggette all’altrui attività di direzione e coordinamento, di cui Astaldi propone un’applicazione analogica; anche a prescindere dalla non ravvisabile sussistenza di una lacuna normativa, tali disposizioni infatti sono dettate in materia completamente differente con riferimento alle imprese svolte in forma societaria, con il conseguente difetto dell’indispensabile presupposto della eadem ratio.

2.18. La controricorrente cerca di trarre argomenti anche dalla normativa comunitaria in tema di aiuti di stato, sostenendo che non potrebbe eludersi la seguente alternativa: o i Consorzi di bonifica sono enti strumentali della Regione, anche per quanto riguarda le implicazioni finanziarie attive e passive, e allora la Regione non potrebbe ritenersi patrimonialmente estranea al pagamento dei debiti contratti dal Consorzio.

Oppure il Consorzio è un ente patrimoniale del tutto autonomo ed allora si imporrebbe una più trasparente regolamentazione del suo finanziamento da parte della Regione, pena la violazione della disciplina dell’Unione in tema di aiuti di Stato nei confronti di soggetti pubblici o privati che svolgono attività di interesse pubblico ex art. 107 TFUE, che consente sovvenzioni pubbliche solo se catalogabili come compensazioni delle prestazioni rese dai soggetti beneficiari per adempiere agli obblighi di servizio pubblico, nel rispetto di precisi parametri (esistenza di un inequivoco conferimento di un servizio pubblico chiaro e individuato, previa definizione di parametri obiettivi e trasparenti per il calcolo della compensazione, commisurazione della compensazione negli esatti termini necessari per coprire solo i costi determinati dagli obblighi di servizio pubblico).

L’argomentazione non può essere condivisa.

Non è vero, in primo luogo, che non possano esistere enti che, pur perseguendo interessi governati dalla Regione, e in tal senso strumentali, siano dotati di soggettività giuridica e patrimonialità autonoma, sì da escludere che la Regione debba pur sempre rispondere jure privatorum delle obbligazioni da questi contratte.

Il secondo argomento speso dalla contricorrente, per contro, prova troppo, perchè, lungi dal dimostrare che la Regione dovrebbe rispondere delle obbligazioni degli enti svolgenti compiti di interesse pubblico, finisce con il bollare come contrario al diritto dell’Unione il sistema di finanziamento adottato in concreto per fornire e mantener loro la necessaria provvista economica.

In realtà, la costruzione criticata dalla controricorrente non presenta aspetti di attrito con la regolamentazione Eurounitaria degli aiuti di Stato, sia perchè si verte in materia sottratta alla concorrenza, visto che l’art. 107 TFUEconsidera incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza, sia perchè la Regione non interviene, se non parzialmente, a garantire i debiti degli enti che abbiano collassato economicamente.

2.19. In memoria 27/3/2019 la contro-ricorrente invoca a proprio favore le sentenze della Corte EDU del 24/9/2013 n. 43870 e 43892/2004 con riferimento all’art. 1 del Protocollo n. 1 e dell’att. 6 CEDU.

In tali occasioni la Corte Europea ha ritenuto che l’avvio della procedura di dissesto finanziario a carico di un ente locale e la nomina di un organo straordinario liquidatore, nonchè la successiva D.L. n. 80 del 2004 che impediva i pagamenti delle somme dovute fino al riequilibrio del bilancio dell’ente, non giustificassero il mancato pagamento dei debiti accertati in sede giudiziaria, poichè lesivo dei principi in materia di protezione della proprietà e di accesso alla giustizia riconosciuti dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo facendone conseguire l’obbligo per lo Stato di appartenenza di pagare le somme dovute dagli enti locali nei termini e secondo le modalità prescritte dalla Convenzione (Corte Europea diritti dell’uomo, sez. II, 24/09/2013, n. 43780).

Tale argomentazione non risulta spesa nel giudizio di merito, laddove la pretesa di Astaldi nei confronti della Regione era stata fondata, a quanto risulta dalla sentenza impugnata, sulla successione della Regione nei debiti pregressi per effetto di atti nomativi o comunque per accollo solidale dei debiti derivante dalle delibere regionali.

Con la memoria di replica si sostiene invece che in caso di dissesto di un ente pubblico regionale, incapace di far fronte alle proprie obbligazioni consacrate in accertamenti giurisdizionali, sorgerebbe comunque in forza della CEDU l’obbligo della Regione di far fronte al pagamento, traendo argomento da pronunce che riguardano gli enti pubblici locali e che fanno carico allo Stato di tale obbligo.

A prescindere dal fatto che l’applicazione del principio alla fattispecie di causa incontra il doppio ostacolo della trasposizione del soggetto responsabile dallo Stato alla Regione e del soggetto pubblico garantito dall’ente pubblico locale Comune all’ente pubblico economico Consorzio di bonifica, la pretesa di Astaldi nei confronti della Regione era stata fondata, a quanto risulta dalla sentenza impugnata, sulla successione in universum jus della Regione nei debiti pregressi per effetto di atti normativi o nella modificazione soggettiva del lato passivo del rapporto obbligatorio per effetto di accollo (volontario) solidale, cumulativo e non liberatorio, dei debiti pregressi del Consorzio scaturente dalle delibere regionali.

Con la memoria di replica in questione Astaldi sembra invece sostenere, per far valere la pronuncia CEDU, che in caso di dissesto di un ente pubblico regionale, incapace di far fronte alle proprie obbligazioni consacrate in accertamenti giurisdizionali, sorgerebbe comunque in forza della Convenzione l’obbligo della Regione di far fronte al pagamento, traendo argomento da pronunce che riguardano gli enti pubblici locali e che fanno carico allo Stato di tale obbligo.

Tale prospettazione si fonda su di una diversa causa petendi rispetto a quelle che avevano sorretto la domanda giudiziale di Astaldi, ed inoltre presuppone, alla stregua della stessa giurisprudenza Europea invocata, l’esaurimento degli strumenti di tutela del credito esperibili nell’ambito del nostro ordinamento, incluso l’esito negativo dell’azione surrogatoria, subordinatamente proposta da Astaldi – e sinora rimasta assorbita – per ottenere utendo juribus del debitore Gestione liquidatoria il finanziamento delle sue casse da parte del debitor debitoris Regione Campania.

Inoltre il nuovo tema d’indagine è stato illustrato inammissibilmente, per la prima volta, nel giudizio di legittimità in sede di memoria ex art. 378 c.p.c., e quindi senza possibilità di contraddittorio per le amministrazioni e non può perciò entrare a far parte del dibattito processuale, anche in riferimento ai principi contenuti negli art. 6 CEDU e art. 111 Cost.

2.20. Non pertinente appare il richiamo della sentenza della Corte Costituzionale 16/07/2014, n. 202, pure introdotto in memoria della Astaldi.

La Consulta infatti ha dichiarato con tale pronuncia inammissibile la questione di legittimità costituzionale della L.R. Campania 10 maggio 2012, n. 11, art. 3 censurato in riferimento agli art. 3 e 97 Cost. nella parte in cui disporrebbe il trasferimento del personale del disciolto Consorzio di bonifica della Valle Telesina, con conservazione dell’inquadramento giuridico e previdenziale nelle more acquisito, nell’organico del Consorzio di bonifica del Sannio Alifano, sotto comminatoria di scioglimento in caso di inadempimento. Il rimettente, muovendo dall’assunto che la norma censurata debba necessariamente essere interpretata come precetto di automatica applicazione di trasferimento nell’organico del Consorzio Sannio Alifano dei dipendenti del soppresso Consorzio di bonifica della Valle Telesina, omette di verificare la praticabilità di un’interpretazione alternativa costituzionalmente orientata, secondo il canone ermeneutico del buon andamento dell’attività amministrativa, in base alla quale detto trasferimento dovrebbe essere imputato all’amministrazione in sede attuativa della disposizione anzichè al legislatore regionale. La legge impugnata, non potendo per sua natura prevedere la specificazione del procedimento di incorporazione del personale nell’organico e nelle funzioni, elemento indispensabile per razionalizzare l’impiego delle risorse in relazione alle finalità istituzionali, si è, infatti, limitata a fissare una copertura temporanea attraverso una stima di massima degli oneri necessari per attivare detto processo. Essa non ha rimosso modalità e adempimenti già prescritti in sede amministrativa, ma, presupponendone l’indefettibile osservanza, si è limitata ad imporne l’attuazione, sollecitando il superamento della decennale situazione di stallo (sent. n. 123 del 1968, 192 del 2012, 241 del 2013).

2.21. V’è da aggiungere che la decisione impugnata presuppone comunque una norma di legge che invece non sussiste e appare ondivaga e incoerente, visto che essa approda in dispositivo all’affermazione di una concorrente responsabilità Gestione – Regione, apparentemente fondata su di un fenomeno successorio nel lato passivo del rapporto obbligatorio secondo lo schema dell’accollo, peraltro sorreggendo tale conclusione con una motivazione in larga parte incentrata sull’assunto di una successione della Regione all’Ente soppresso (come nella ricostruzione in chiave analogica svolta in motivazione con riferimento alle disciolte Unità Sanitarie Locali), intrinsecamente incompatibile con una responsabilità solidale.

I tre motivi connessi debbono quindi essere accolti con la conseguente cassazione sul punto della sentenza impugnata.

3. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1306 c.c.

Quand’anche la Regione Campania dovesse ritenersi obbligata in solido con la Gestione Liquidatoria la sentenza sarebbe comunque erronea per aver disposto la condanna della Regione in difetto di prova e, prima ancora, di allegazione riguardo all’effettiva esistenza delle ragioni di credito vantate, non potendo il lodo arbitrale del 10/6/2004 far stato nei confronti del condebitore solidale.

Il quinto motivo resta assorbito.

5. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, anche per l’esame delle domande rimaste assorbite in relazione alla pronuncia adottata nella sentenza impugnata.

Spetterà al Giudice del rinvio valutare se, in relazione a tali domande e alla loro esatta qualificazione giuridica, sussista la legittimazione attiva di Astaldi s.p.a., quale mandataria dell’associazione temporanea di imprese, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di associazione temporanea di imprese, il potere di rappresentanza, anche processuale, spetta all’impresa mandataria o “capogruppo” esclusivamente nei confronti della stazione appaltante, per le operazioni e gli atti dipendenti dall’appalto, e non si estende anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto, atteso che la presenza di tale mandato collettivo non determina un centro autonomo di imputazione giuridica, poichè il predetto potere è finalizzato ad agevolare l’amministrazione appaltante nella tenuta dei rapporti con le imprese appaltatrici (Sez. 3, 29/12/2011, n. 29737; Sez.3, 17/09/2005, n. 18441).

Il Giudice di rinvio provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE accoglie il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, respinto il primo e assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione prima civile, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2019

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