Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.15118 del 03/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20988/2014 proposto da:

P.N., S.M.B., L.S.P., C.A., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO n. 6, presso lo studio dell’avvocato GRAZIELLA RUSSO, rappresentati e difesi dall’avvocato COSTANTINO TINDARO SCAFFIDI LALLARO;

– ricorrenti –

contro

ASSESSORATO AGRICOLTURA E FORESTE DELLA REGIONE SICILIANA Aziende Foreste Demaniali di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 454/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 13/05/2014 R.G.N. 228/2011.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Messina, previa riunione dei giudizi, ha accolto gli appelli proposti dall’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana – Azienda Foreste Demaniali di Messina avverso le sentenze del Tribunale della stessa sede che avevano ritenuto fondate le domande proposte da P.N., L.S.P., S.M.B. e C.A. e condannato l’Assessorato al pagamento di differenze retributive, asseritamente maturate nel periodo 2004/2008, nonchè di un’ulteriore somma per i giorni lavorativi non riconosciuti nell’anno 2006, in violazione del diritto alla garanzia occupazionale;

2. i ricorrenti, tutti assunti con contratti a termine, avevano lamentato di essere stati retribuiti in misura inferiore al dovuto, perchè il datore di lavoro non aveva applicato i minimi retributivi previsti dal c.c.n.l. 1/8/2002 – accordo di rinnovo parte economica del 12/5/2004 – e dal c.c.n.l. 2/8/2006 – ipotesi di accordo per il rinnovo retributivo del 19/6/2008 – per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria, dei quali avevano chiesto l’applicazione anche ai sensi dell’art. 36 Cost.;

2.1. avevano, inoltre, invocato la garanzia occupazionale prevista dalla L.R. Sicilia n. 14 del 2006, art. 44, comma 7, che, a loro dire, imponeva di utilizzare il lavoratore “per un turno di 78 giornate lavorative annue ai fini previdenziali”;

3. la Corte territoriale ha premesso che la Regione Sicilia in virtù dell’art. 14 dello Statuto regionale del 10.6.1946 gode di potestà legislativa esclusiva nel settore agricoltura e foreste e che la L.R. 10 aprile 1978, n. 2, conferiva alla Giunta il potere di esprimere parere vincolante sull’adozione di atti comportanti modifiche allo stato giuridico ed economico del personale in servizio presso i diversi assessorati;

4. ha aggiunto che, essendo la Regione Sicilia parte del solo contratto integrativo regionale, non di quello collettivo nazionale, quest’ultimo doveva essere recepito mediante l’adozione di un atto formale, anche perchè il contratto integrativo conteneva all’art. 54 la clausola di rinnovo tacito e rinviava a quello nazionale solo per la disciplina degli istituti non espressamente previsti;

5. ha precisato al riguardo che la richiamata L.R. n. 2 del 1978, già valorizzata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2169/2004 per escludere l’immediata applicabilità della contrattazione nazionale, non è divenuta inapplicabile a seguito della contrattualizzazione dell’impiego pubblico, perchè la Regione Sicilia, nel recepire con la L.R. n. 10 del 2000 i principi fondamentali dettati dalla Legge Delega n. 421 del 1992, da ritenersi norme fondamentali di riforma economica-sociale, all’art. 22, comma 3, aveva fatto salve le norme regionali vigenti, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro non regolati dalla stessa legge;

6. quanto al rapporto fra contratto collettivo nazionale e contratto integrativo regionale, la Corte territoriale ha evidenziato che il principio di parità di trattamento fra dipendenti delle pubbliche amministrazioni va coordinato con quello, di pari rango, del rispetto dei limiti di spesa del personale e di necessaria copertura finanziaria, che trova il suo fondamento costituzionale nell’art. 81 Cost., comma 4, sicchè va esclusa la diretta applicabilità ai dipendenti regionali dei trattamenti economici riconosciuti dalla contrattazione nazionale, in quanto la stessa precluderebbe la fondamentale esigenza di verifica da parte dell’amministrazione regionale della compatibilità dei trattamenti retributivi nazionali con i vincoli di spesa;

7. ad avviso della Corte territoriale il rapporto fra contrattazione collettiva nazionale e contrattazione integrativa non è mutato a seguito dell’entrata in vigore della L.R. Sicilia 14 aprile 2006, n. 14, art. 49, con il quale si è previsto che il contratto collettivo nazionale di lavoro è recepito, quanto alla parte normativa, dall’Assessore regionale per l’agricoltura e le foreste entro trenta giorni dalla sottoscrizione e nei successivi sessanta giorni dalla Giunta Regionale in relazione agli aspetti economici;

7.1. detta norma, infatti, richiede pur sempre il recepimento formale che, in quanto volto ad assicurare la necessaria copertura finanziaria, non si può ritenere automatico, sicchè prima del recepimento non sorge il diritto soggettivo del lavoratore a vedersi applicare la normativa economica nazionale con le decorrenze previste dalla stessa;

8. infine il giudice d’appello ha ritenuto che gli originari ricorrenti non potessero invocare l’art. 36 Cost., in quanto non era stata fornita alcuna prova della non conformità al precetto costituzionale del trattamento economico previsto nel contratto applicato dalla regione;

9. in relazione alla pretesa garanzia occupazionale la Corte messinese ha osservato che la L.R. n. 14 del 2006, art. 44, comma 7, nel prevedere che il personale compreso nel contingente ad esaurimento doveva essere “di norma” utilizzato per un turno di 78 giornate lavorative, non attribuisce un diritto soggettivo pieno ed assoluto, perchè la norma va interpretata tenendo conto delle modalità di formazione del contingente distrettuale, in base alle quali solo dopo avere assicurato le garanzie occupazionali ai dipendenti ricompresi nelle fasce previste dagli artt. 46 e 56 della L.R., si provvede al completamento del contingente con “operai fuori fascia”, la cui utilizzazione è eventuale e subordinata alle effettive necessità del servizio;

10. per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso i litisconsorti indicati in epigrafe sulla base di quattro motivi, ai quali l’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana – Azienda Foreste Demaniale di Messina ha replicato con tempestivo controricorso, illustrato da memoria.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano “violazione e/o falsa applicazione degli articoli: art. 1, comma 3, art. 40, comma 3 (nel testo previgente alla riforma del 2009) art. 45, commi 10 e 20 (nel testo previgente alla riforma del 2009), D.Lgs. n. 165 del 2001; L. n. 421 del 1992, art. 2, comma 10, lett. d) e comma 20; R.D.Lgs. n. 455 del 1946, art. 14 (statuto della Regione Siciliana); L.R. n. 10 del 2000, art. 1, comma 10, lett. c) e comma 20; L.R. n. 66 del 1981, art. 8; L.R. n. 16 del 1996, art. 45 ter, commi 40 e 50; L.R. n. 145 del 1980, art. 66” e assumono, in sintesi, che ha errato la Corte territoriale nel ritenere che l’applicazione del c.c.n.l. per il personale addetto ad attività di sistemazione idraulico forestale e idraulico agraria richiedesse un atto formale di recepimento e fosse subordinata alla stipula del contratto integrativo regionale;

1.1. deducono che il rapporto di lavoro che lega gli operai forestali alla Regione Siciliana è sempre stato qualificato di natura privatistica ed il legislatore regionale ha espressamente rinviato per la disciplina economica e normativa alla contrattazione nazionale (L.R. n. 66 del 1981, art. 8 e L.R. n. 16 del 1996, art. 45 ter), sicchè è a quest’ultima che occorreva fare riferimento per stabilire quali fossero i limiti della contrattazione integrativa, nella specie autorizzata a determinare non il trattamento stipendiale ordinario bensì solo quello accessorio e integrativo;

1.2. sostengono l’inapplicabilità alla fattispecie del principio di diritto affermato da Cass. n. 2169/2004, sia perchè in quel caso si discuteva di pretese avanzate in epoca antecedente alla contrattualizzazione dell’impiego pubblico, sia perchè la decisione aveva valorizzato i poteri conferiti alla Giunta regionale dalla L.R. n. 2 del 1978, art. 3, norma, questa, abrogata dalla L.R. n. 145 del 1980, art. 66;

1.3. aggiungono che nell’impiego pubblico contrattualizzato la contrattazione collettiva integrativa si svolge solo sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali perchè deve essere salvaguardata l’esigenza di assicurare parità di trattamento ai dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, con la conseguenza che la Regione non può far valere esigenze finanziarie e di bilancio per sottrarsi all’adempimento di obblighi fissati dalla contrattazione nazionale;

2. la seconda censura addebita alla sentenza impugnata “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 36 Cost.; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio già oggetto di discussione tra le parti” ed insiste nel sostenere che “nulla avrebbe potuto e dovuto impedire l’applicazione immediata e diretta della contrattazione collettiva nazionale sul territorio regionale”;

2.1. i ricorrenti asseriscono che i minimi del trattamento economico collettivo nazionale consentono di assicurare al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato, sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa, sicchè la Corte territoriale non poteva ritenere insussistente la violazione dell’art. 36 Cost., sulla base di una motivazione “così scarna da rasentare l’omissione d’esame” in una fattispecie in cui pacificamente la Regione aveva omesso di corrispondere gli aumenti salariali previsti dal c.c.n.l., continuando ad applicare il trattamento retributivo fissato dal C.I.R.L. del 2001, con il quale era stata recepita la disciplina economica e giuridica del c.c.n.l. 1998/2001;

2.2. aggiungono che l’insufficienza della retribuzione emergeva già dalla semplice comparazione fra i due parametri economici ed evidenziano che, ove venga in rilievo l’adeguatezza del trattamento retributivo, grava sul lavoratore l’onere di provare solo l’entità del corrispettivo, del quale il giudice deve comunque valutare la conformità all’art. 36 Cost., eventualmente previa attivazione dei poteri istruttori d’ufficio;

3. con il terzo motivo i ricorrenti lamentano “violazione e/o falsa applicazione degli articoli: L.R. n. 66 del 1981, art. 8; L.R. n. 16 del 1996, art. 45 ter, commi 40 e 50; L.R. n. 14 del 2006, art. 49; art. 2043 c.c.” nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio già costituente oggetto di discussione fra le parti, perchè la Corte territoriale non avrebbe tenuto in alcun conto le leggi regionali richiamate in rubrica, con le quali il legislatore ha sempre rinviato per la disciplina economica del rapporto alla contrattazione collettiva di settore, della quale ha previsto l’obbligatorio recepimento;

3.1. il ritardo con il quale la Regione aveva adempiuto gli obblighi da essa stessa assunti in sede legislativa doveva essere ritenuto quantomeno fonte di responsabilità risarcitoria per attività antigiuridica e legittimava la richiesta, anche a titolo di risarcimento del danno, delle differenze retributive;

4. infine con la quarta critica è denunciata la violazione dell’art. 345 c.p.c., L.R. n. 14 del 2006, art. 44, commi 7 e 8, L.R. n. 16 del 1996, art. 45 ter, art. 3 C.I.R.L. 27.4.2001 innanzitutto perchè l’Assessorato nulla aveva dedotto in merito alle garanzie occupazionali e pertanto, a fronte di un’implicita acquiescenza alla domanda giudiziale, il giudice di appello non poteva ritenerla infondata introducendo nuovi temi di indagine, preclusi dal divieto sancito dall’art. 345 c.p.c.;

4.1. ricostruito il quadro normativo e la successione degli interventi succedutisi nel tempo, i ricorrenti sostengono, in sintesi, che ha errato la Corte territoriale nel presupporre una loro collocazione “fuori fascia” perchè, al contrario, fino al 2005 avevano goduto della garanzia nei limiti di 51 giornate lavorative, garanzia che l’intervento del 2006 aveva esteso a 78 giornate annue con la finalità di stabilizzare il personale impiegato nelle lavorazioni forestali;

5. i primi tre motivi di ricorso, da trattare unitariamente in considerazione della loro connessione logico-giuridica, sono infondati alla luce dell’orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che, pronunciando in fattispecie analoghe, ha disatteso la tesi, prospettata dai ricorrenti, secondo cui, ai fini della disciplina economica e normativa del rapporto intercorrente fra la Regione Sicilia e gli operai addetti a lavori idraulico-forestali e idraulico-agrari, il contratto collettivo nazionale si imporrebbe in ambito regionale per il solo fatto della sua sottoscrizione, prevalendo su quello integrativo regionale, a prescindere da un suo espresso recepimento ed in ragione di una sorta di prevalenza gerarchica (Cass. nn. 356/2016, da 26973 a 26975 del 2016, 27396/2016, 27398/2016, 20231/2017, 20987/2017, 20988/2017, 16839/2018, 18165/2018, 17421/2018 e 17966/2018 queste ultime pronunciate in fattispecie sovrapponibili a quella oggetto di causa);

5.1. con le richiamate pronunce, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., si è ritenuto necessario il recepimento della contrattazione collettiva nazionale mediante Delibera di giunta e decreto assessoriale, conclusione, questa, alla quale la Corte era già pervenuta, sia pure sulla base di un diverso percorso motivazionale, con la sentenza n. 2169/2004, con la quale si era evidenziato che la Regione Sicilia non partecipa alla stipula del contratto nazionale, ma solo a quella del contratto integrativo regionale, la cui sottoscrizione presuppone la necessaria previa valutazione da parte degli organi regionali della compatibilità della disciplina contrattuale nazionale con le disponibilità finanziarie dell’ente;

5.2. il ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a rimeditare l’orientamento già espresso, perchè la natura cogente della contrattazione collettiva nazionale di diritto privato non può essere desunta nè dalla L.R. Sicilia n. 66 del 1981, art. 8, nè dalla L.R. Sicilia n. 16 del 1996, art. 45 ter , come modificato dalla L.R. n. 14 del 2006;

5.3. la L.R. n. 66 del 1981, art. 8, nel prevedere che “Ai lavoratori previsti dalla presente legge si applica il trattamento economico e normativo previsto dal contratto collettivo nazionale 3 maggio 1979 per gli operai avventizi addetti ai lavori di sistemazione idraulico – forestale e idraulico – agraria eseguiti in amministrazione diretta dai consorzi di bonifica, nonchè dal relativo contratto integrativo regionale stipulato in Palermo l’11 gennaio 1980 e successive modificazioni.” richiamava contestualmente il contratto collettivo nazionale e quello integrativo di recepimento del primo, senza introdurre alcun criterio di prevalenza dell’uno sull’altro;

5.4. la L.R. n. 16 del 1996, art. 45 ter, come modificato dalla L.R. n. 14 del 2006, secondo cui “la gestione giuridica ed economica del personale forestale assunto in attuazione delle presenti disposizioni avviene in base alla contrattazione collettiva per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale ed idraulico-agraria” deve essere coordinato con la stessa L.R. n. 14 del 2006, art. 49, che disciplina tempi e modi del recepimento della contrattazione collettiva nazionale di diritto privato stabilendo che “Al recepimento della parte normativa del Contratto collettivo nazionale di lavoro di cui alla L.R. 6 aprile 1996, n. 16, art. 45 ter, comma 5 e successive modifiche ed integrazioni, come introdotto dall’art. 43 della presente legge, provvede l’Assessore regionale per l’agricoltura e le foreste con proprio decreto, entro trenta giorni dalla sottoscrizione. Entro sessanta giorni dall’emanazione del decreto di cui al comma 1, la Giunta regionale Delibera sul recepimento della parte economica del contratto.”;

5.5. la disposizione invocata dai ricorrenti smentisce la tesi dell’immediata diretta applicabilità della contrattazione nazionale perchè, pur prevedendo termini sollecitatori, richiede comunque un atto deliberativo dell’amministrazione regionale, evidentemente finalizzato a consentire la valutazione della compatibilità della contrattazione nazionale, alla quale la Regione Sicilia è rimasta estranea, con le disponibilità economiche e finanziarie dell’ente;

5.6. diversamente interpretata la norma risulterebbe priva di senso logico, perchè non ci sarebbe stato bisogno alcuno di prevedere un intervento degli organi regionali ove il legislatore avesse voluto operare un rinvio dinamico alla contrattazione collettiva nazionale e prescindere da qualsiasi intervento della Regione nella negoziazione della disciplina contrattuale del rapporto intercorrente con il personale addetto ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria;

5.7. l’interpretazione della L.R. n. 16 del 1996, va condotta considerando che, in ragione dello statuto speciale del quale la Regione Sicilia gode, neppure i contratti collettivi nazionali stipulati dall’ARAN si impongono con efficacia cogente sulla contrattazione regionale, perchè del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 46, ha previsto che le regioni a statuto speciale possano avvalersi per la contrattazione collettiva di loro competenza di agenzie tecniche istituite con legge regionale;

5.8. della L.R. Sicilia n. 10 del 2000, artt. 24 e segg., con i quali è stata istituita l’ARAN Sicilia ed è stato disciplinato il procedimento di contrattazione regionale, pongono precisi oneri finalizzati a garantire la compatibilità dei costi della contrattazione collettiva con i vincoli di bilancio e significativamente l’art. 28, comma 3, stabilisce che “I contratti collettivi sono corredati da prospetti contenenti la quantificazione degli oneri nonchè l’indicazione della copertura complessiva per l’intero periodo di validità contrattuale, prevedendo con apposite clausole la possibilità di prorogare l’efficacia temporale del contratto ovvero di sospenderne l’esecuzione parziale o totale in caso di accertata esorbitanza dai limiti di spesa”;

5.9. seppure dette norme non vengano direttamente in rilievo nella fattispecie, nella quale non rilevano neppure del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 40 e 45, erroneamente richiamati dalla Corte territoriale e dai ricorrenti, va detto che sia la L.R. n. 10 del 2000, che il D.Lgs. n. 165 del 2001, pongono quale requisito imprescindibile la previa individuazione da parte delle amministrazioni pubbliche dei criteri e dei limiti finanziari entro i quali deve svolgersi la contrattazione, principio che deve orientare anche nella soluzione della questione qui controversa e che esclude l’invocata forza cogente della contrattazione collettiva nazionale di diritto privato, rispetto alla quale la Regione Sicilia, in quanto estranea alla conclusione del contratto, non è stata posta in condizione di verificare la compatibilità con i vincoli di bilancio;

6. anche la prospettata violazione dell’art. 36 Cost., è stata già esclusa da questa Corte (cfr. Cass. nn. 17966 e 17421 del 2018) sul rilievo che non è sufficiente a fondare la denunciata violazione del principio costituzionale la comparazione con il trattamento retributivo corrisposto ad altri lavoratori impegnati nel medesimo settore, ma in ambiti territoriali diversi;

7. infine il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui afferma che andava comunque riconosciuto il diritto al risarcimento del danno in relazione al ritardo con il quale la Regione Sicilia aveva provveduto a recepire la contrattazione nazionale;

7.1. la sentenza impugnata non fa cenno alla pretesa risarcitoria che i ricorrenti assumono di aver fatto valere, sicchè trova applicazione il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, alla stregua del quale qualora una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione in entrambi i gradi del giudizio di merito, ma anche di specificare in quale atto e con quale modalità l’allegazione sia avvenuta, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr. fra le più recenti Cass. n. 2038/2019 e Cass. n. 15430/2018);

7.2. gli oneri richiamati nel punto che precede non sono stati assolti dai ricorrenti, i quali si sono limitati ad argomentare sul diritto al risarcimento del danno, senza neppure allegare di avere formulato in via subordinata la domanda risarcitoria e di averla riproposta in sede di appello;

8. la decisione gravata, che ha escluso la diretta applicabilità della contrattazione collettiva nazionale ed ha ritenuto requisito imprescindibile l’espresso recepimento da parte degli organi regionali, va, pertanto, confermata;

8. il quarto motivo di ricorso è inammissibile, nella parte in cui denuncia la violazione dell’art. 345 c.p.c., perchè formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4;

8.1. i ricorrenti, infatti, nel denunciare la violazione del codice di rito commessa dalla Corte territoriale, non riportano il contenuto degli atti processuali, con i quali, a loro dire, l’Assessorato avrebbe prestato “acquiescenza” alla domanda, nè forniscono indicazioni finalizzati a consentire a questa Corte il pronto reperimento di detti atti;

8.2. occorre rammentare al riguardo che, anche qualora venga dedotto un error in procedendo, rispetto al quale la Corte è giudice del “fatto processuale”, l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012);

8.3. la parte, quindi, non è dispensata dall’onere imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, non essendo consentito il rinvio per relationem agli atti del giudizio di merito, perchè la Corte di Cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (Cass. n. 15367/2014; Cass. n. 21226/2010);

8.4. occorre, inoltre, che il ricorrente assolva al distinto onere previsto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., n. 4, indicando la sede nella quale l’atto processuale è reperibile, perchè l’art. 366 c.p.c., come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 5, richiede che al giudice di legittimità vengano forniti tutti gli elementi necessari per avere la completa cognizione della controversia, senza necessità di accedere a fonti esterne, mentre la produzione è finalizzata a permettere l’agevole reperibilità del documento o dell’atto la cui rilevanza è invocata ai fini dell’accoglimento del ricorso (fra le tante, sulla non sovrapponibilità dei due requisiti, Cass. 28.9.2016 n. 19048);

9. per il resto la censura è infondata perchè la Corte territoriale, quanto alle garanzie occupazionali, ha correttamente interpretato della L.R. n. 14 del 2006, art. 44, secondo cui “E’ istituito, per ogni distretto forestale, un contingente ad esaurimento formato dai lavoratori inclusi nell’elenco speciale di cui alla L.R. 6 aprile 1996, n. 16, art. 45 ter, come introdotto dall’art. 43 della presente legge, e non appartenenti ai contingenti previsti della L.R. 6 aprile 1996, n. 16, artt. 46 e 56 e successive modifiche ed integrazioni, i quali di norma vengono avviati al lavoro per un turno di settantotto giornate lavorative annue ai fini previdenziali.

L’Azienda regionale delle foreste demaniali ed il dipartimento regionale delle foreste utilizzano, di norma, in modo continuativo i lavoratori fino al completamento delle garanzie occupazionali del contingente di appartenenza.”;

9.1. la disposizione richiama il complesso meccanismo di formazione dei contingenti disciplinato dalla L.R. n. 16 del 1996 e prevede che debbano essere innanzitutto salvaguardate le garanzie occupazionali dei lavoratori inclusi nelle fasce b) e c) della L.R. n. 16 del 1996, art. 46 (operai con garanzie occupazionali di 151 e 101 giornate lavorative annue) sicchè è possibile ricorrere al restante personale compreso nell’elenco speciale solo dopo che siano stati avviati i lavoratori ricompresi nelle fasce di garanzie di cui al richiamato art. 46;

9.2. ciò spiega perchè il legislatore regionale abbia utilizzato l’espressione “di norma”, quanto alle giornate lavorative da richiedere ai lavoratori non ricompresi nelle due fasce sopra indicate, espressione con la quale ha voluto escludere un diritto soggettivo pieno ed assoluto all’avviamento per 78 giornate lavorative, avviamento che resta condizionato dalle effettive esigenze del settore;

9.3. il ricorso si incentra sull’asserita estensione da 51 a 78 delle garanzie occupazionali previste in favore dei lavoratori menzionati dalla L.R. n. 16 del 1996, art. 48, commi 4 e 5, argomento, questo, non decisivo, innanzitutto perchè la norma è chiara nel rinviare alle sole modalità di formazione del contingente di cui alla L.R. n. 16 del 1996, art. 46, ed inoltre perchè la Corte territoriale, con accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, se non nei ristretti limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ha escluso l’appartenenza dei ricorrenti alla fascia dei cinquantunisti;

10. in via conclusiva il ricorso deve essere rigettato con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;

10.1. sussistono le condizioni al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2019

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