LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –
Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente di Sez. –
Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15512/2018 proposto da:
N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE BELLE ARTI 7, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE AMBROSIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO MARTUCCELLI;
– ricorrente –
contro
CREDIT SUISSE TRUST LIMITED, quale Trustee di Translux Financing Trust, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UMBRIA 7, presso lo studio dell’avvocato SERGIO LA VIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO DIANA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1603/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/03/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/04/2019 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Giuseppe Ambrosio e Sergio La Via.
FATTI DI CAUSA
N.G. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Roma il Credit Suisse Trust Limited, quale Trustee di Translux Financing Trust, con sede in ***** per ottenere il pagamento del compenso ai sensi degli artt. 1709 e 1720 c.c., nascente dal mandato di riorganizzazione del patrimonio conferitogli da H.R..
In precedenza, lo stesso N. aveva proposto innanzi allo stesso tribunale capitolino un altro giudizio, avente il medesimo oggetto nei confronti degli eredi dello H..
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 27705/2014, decidendo il procedimento promosso nei confronti del Trust, nel contraddittorio di tutte le parti costituite, dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Il giudice di primo grado, premesso che l’attore aveva inequivocabilmente evocato in giudizio il Credit Suisse Trust Limited, nella sua qualità di Trustee di Translux Financing Trust, senza chiamare i soggetti già convenuti nel giudizio pendente al n. R.g. 1296/2011, e che non occorreva disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei beneficiari del trust, non equivalendo la richiesta di riunione dei due giudizi ad una vocatio in ius delle anzidette persone nel giudizio esaminato, individuò l’oggetto del giudizio ritenendo che lo stesso avesse una duplice natura. Da un lato, la pretesa, fondandosi sull’esistenza di un incarico professionale per il quale aveva chiesto il compenso aveva natura contrattuale; dall’altro, la domanda era collegata all’asserita responsabilità precontrattuale di H.R. per il recesso ingiustificato dall’operazione ***** ed alla pretesa responsabilità risarcitoria per i danni patiti.
Il Tribunale, rilevando che attenesse al merito l’accertamento dell’effettiva riconducibilità fattuale e giuridica al trust sia del rapporto contrattuale che della culpa in contraendo ritenne decisivo, ai fini del difetto di giurisdizione rispetto a tutte le domande proposte, il contenuto della L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 2, che faceva rinvio ai criteri stabiliti dalle sezioni 2,3 e 4 del titolo II della Convenzione di Bruxelles firmata il 27 settembre 1968, non applicandosi il Reg. n. 44/2001, alla stregua dei principi affermati da questa Corte (Cass. n. 22239/2009). Il pacifico domicilio del convenuto fuori dall’Italia rendeva quindi applicabile, quanto alla domanda fondata sul preteso titolo contrattuale, l’art. 5, comma 1, della Convenzione di Bruxelles che rinviava alla competenza giurisdizionale del giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita.
Applicandosi poi alle obbligazioni contrattuali, in dipendenza della L. n. 218 del 1995, art. 57, ed in assenza di una scelta dei contraenti sulla legge applicabile, l’art. 4 della Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, che individua il collegamento più stretto del contratto al paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica aveva, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale, il Tribunale valutò che la presunzione di collegamento più stretto del contratto conduceva, quanto alla legge applicabile, alla residenza dell’attore – mandatario del contratto che avrebbe dovuto eseguire le prestazioni caratterizzanti il titolo – in Roma, peraltro supportata dal luogo di conclusione del contratto. Dal combinato disposto dell’art. 5, n. 1) della Convenzione di Bruxelles e art. 1182 c.c., u.c., il giudice di primo grado fece quindi derivare l’applicazione della disciplina sul luogo dell’adempimento dell’obbligazione coincidente, in relazione alla natura illiquida del preteso compenso, con il domicilio non italiano del debitore.
Quanto alla domanda di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale il Tribunale ritenne che, venendo in rilievo l’art. 5, n. 3) della Convenzione di Bruxelles e, dunque, il luogo in cui l’evento dannoso era avvenuto, parimenti difettava la giurisdizione italiana. Ciò perchè il pregiudizio dell’attore per la perdita di credibilità con i partners pubblici russi si era verificato in Russia, ove avrebbe dovuto concludersi l’operazione ***** e non in Italia. Non poteva, peraltro, essere preso in considerazione il luogo in cui si era manifestato il pregiudizio patrimoniale subito dalla parte danneggiata a causa del preteso lucro cessante.
Il Tribunale, infine, escluse che potesse venire in considerazione il criterio di collegamento previsto dall’art. 5, n. 6) della Convenzione di Bruxelles, non risultando il trust domiciliato in Italia nè, per le considerazioni già ricordate in tema di unicità del convenuto, l’art. 6 della stessa Convenzione.
Il N. propose appello innanzi alla Corte di appello di Roma che, con la sentenza n. 1603/2018 indicata in epigrafe respinse il gravame, condannando l’appellante al pagamento delle spese del giudizio.
Il giudice di appello richiamò per relationem e condivise integralmente la motivazione espressa dal Tribunale in ordine al difetto di giurisdizione del giudice italiano, affermando che l’impugnazione proposta integrava una mera riproposizione di argomenti già trattati in primo grado senza evidenziare reali aspetti di novità contrapposti alle ragioni esposte dal giudice di primo grado.
In ogni caso, la Corte ritenne l’inammissibilità del motivo di impugnazione proposto con riferimento alla richiesta di riunione del procedimento all’altro pendente nei confronti degli eredi dello H..
Osservò, ancora, che era inammissibile la pretesa dell’appellante di considerare oggetto del giudizio, ai fini della giurisdizione, la domanda relativa alla determinazione della persona del mandante, non essendo stata formulata al momento della proposizione del giudizio di primo grado.
Aggiunse, poi, che nemmeno poteva valere a radicare la giurisdizione del giudice italiano il già avvenuto adempimento del mandato ricevuto dal defunto H., non potendosi ritenere che l’interpretazione prospettata dall’appellante fosse compatibile con il dato normativo di riferimento, dovendosi ritenere che quando si agisce per ottenere l’adempimento dell’obbligazione rimasta inadempiuta, la domanda giudiziaria ha ad oggetto l’obbligazione non adempiuta, rappresentata nel caso di specie dal pagamento del compenso per l’asserito contratto di mandato.
Ritenne poi l’infondatezza del secondo motivo di appello in relazione a quanto espresso da queste Sezioni Unite con le sentenze nn. 21191/2009 e 22239/2009, non potendosi applicare il Reg. CE n. 44/2001. La censura, del resto, si fondava sull’indimostrata esistenza di un contratto di mandato con una specifica prestazione di servizi da effettuare in Italia.
Evidenziò, ancora, l’infondatezza del terzo motivo di appello, mancando la prova circa l’asserito incarico al N. ricevuto dal defunto H., pure osservando che il luogo dove si era verificata la rottura delle trattative e del partenariato con la società a partecipazione pubblica ***** coincideva con quello in cui l’appellante avrebbe dovuto ottenere la cessione della quota di capitale della società russa Genesis New Moscow, rientrante nell’operazione *****.
Sostenne, inoltre, che con riguardo alle azioni fondate sulla responsabilità precontrattuale del convenuto il criterio di collegamento posto dall’art. 5, par. 3, della Convenzione di Bruxelles si riferiva tanto al luogo in cui era avvenuto il comportamento illecito nel caso concreto la rottura delle trattative – quanto al luogo di verificazione del danno causato, sicchè il pregiudizio che inizialmente il N. avrebbe potuto sopportare era quello connesso al venir meno del partenariato con la società a partecipazione pubblica e non quello economico che avrebbe poi inciso sul patrimonio italiano dell’appellante.
Il N. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, al quale ha resistito con controricorso il Credit Suisse Trust Limited. Il N. ha depositato memoria.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
La causa è stata posta in decisione all’udienza del 16.4.2019.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il N. deduce la violazione della L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 2 e dell’art. 5, n. 1, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968. Avrebbe errato il giudice di appello nell’escludere la giurisdizione italiana che doveva radicarsi, per contro, in relazione al criterio del luogo dove l’obbligazione contrattuale era stata eseguita, rappresentata dall’esecuzione del mandato alla riorganizzazione del patrimonio mobiliare e immobiliare situato in Italia, nel territorio italiano, essendo sempre stato in contestazione, fin dal giudizio di primo grado, nei confronti di quale soggetto fosse stata eseguita la prestazione e cioè in favore dello H. o del Trust. La sentenza impugnata, nel ritenere che ai fini del radicamento della giurisdizione italiana avesse unicamente rilievo il luogo dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo al mandatario, non avrebbe considerato l’alternativo criterio del luogo di già avvenuta prestazione dell’obbligazione nascente dal mandato eseguito in Italia.
1.1. Secondo il ricorrente, d’altra parte, il petitum originariamente posto a base dell’azione giudiziaria avrebbe riguardato la determinazione della persona del mandante, essendo in contestazione il rapporto contrattuale nella sua interezza e l’individuazione del soggetto mandante, tant’è che era stato proposto dallo stesso appellante un precedente giudizio nei confronti di altri soggetti. Peraltro, quel che rileverebbe, ai fini dell’individuazione del locus solutionis, secondo accreditata dottrina, sarebbe l’obbligazione che è alla base dell’azione giudiziaria, nel caso concreto rappresentata dall’obbligazione adempiuta dal mandatario, risultando invece meramente accessoria l’ulteriore obbligazione di adempiere al pagamento del compenso.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione della L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 2 e dell’art. 5, n. 1, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, nonchè dell’art. 5, n. 1, lett. b), secondo par. del Regolamento n. 44/2001/CE. Secondo il ricorrente il giudice di appello avrebbe errato nel ritenere inapplicabile il Reg. CE n. 44/2001 con riferimento alla prestazione di servizi, richiamato dalla L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 2, il quale rinviava ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione di Bruxelles e successive modifiche, non assumendo pertanto rilievo il fatto che il Trust fosse domiciliato nel territorio del *****, applicandosi comunque detto Regolamento anche in caso di convenuto non domiciliato nel territorio di uno Stato contraente quando la materia esorbitava da quelle esplicitamente escluse dal campo di applicazione della Convenzione.
3. Con il terzo motivo è stato dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione. Il giudice di appello avrebbe ritenuto indimostrato il contratto di mandato, senza considerare che il Credit Suisse Trust Ltd., fin dalla comparsa di costituzione, aveva dato atto dell’esistenza di rapporti riguardanti beni di esclusiva proprietà dei trust conclusi. Il giudice di appello non avrebbe nemmeno considerato che l’attività di riordino del patrimonio era stata pacificamente realizzata in Italia, tanto emergendo dall’atto di citazione, risultando tali circostanze decisive.
4. Con il quarto motivo è stata infine prospettata la violazione della L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 2 e dell’art. 5, n. 2 della Convenzione di Bruxelles, nonchè l’erronea individuazione del luogo di verificazione del danno ai fini della domanda sulla responsabilità precontrattuale. Secondo il ricorrente, l’azione intrapresa per la rottura ingiustificata delle trattative nell’operazione immobiliare che il ricorrente aveva curato nella Federazione russa, in forza del rapporto di mandato, era collegata ad un accordo intercorso fra lo stesso ed il defunto H. in ordine alla ripartizione degli utili. Ciò posto, avrebbe errato la Corte di appello nel non considerare che il danno economico da lucro cessante derivante dalla rottura delle trattative si sarebbe verificato in Italia ove il ricorrente aveva la sede principale dei suoi affari, differenziandosi dall’evento prodottosi in Russia in esito alla mancata realizzazione del compendio immobiliare, non potendosi in alcun modo ritenere che il pregiudizio si sarebbe prodotto in Russia o nel *****.
5. Il Credit Suisse Trust Ltd., nel controricorso, ha sostenuto l’inammissibilità e/o l’infondatezza di tutti i motivi di ricorso proposti in particolare rilevando, quanto al primo motivo, che non era mai stata oggetto dell’atto di citazione la questione dell’esecuzione di mandati o dell’individuazione del soggetto tenuto al pagamento, non potendosi la giurisdizione determinare in relazione al contenuto delle difese del convenuto, peraltro svolte in via meramente subordinata.
5.1 Ha aggiunto che l’unica questione trattata nell’atto di citazione atteneva al pagamento del compenso e che era estranea ogni altra vicenda relativa alla determinazione della persona del mandante, come già chiarito dalla Corte di appello che, sul punto, aveva dichiarato inammissibile la doglianza sollevata in fase di gravame.
5.2 Quanto al secondo motivo, il controricorrente ha dedotto che il Reg. CE n. 44/2001 non potrebbe considerarsi come una modificazione in vigore della Convenzione di Bruxelles e che il ricorrente avrebbe omesso di impugnare le statuizioni rese dal giudice di primo grado, richiamate per relationem dalla Corte di appello, a proposito dell’inapplicabilità del Regolamento n. 44/2001 a soggetto convenuto non domiciliato nel territorio di uno Stato membro, rendendo inammissibile il motivo di impugnazione. Senza dire che il detto Reg. n. 44/2001 non avrebbe potuto applicarsi ad esso controricorrente, in quanto residente nel *****.
5.3 Quanto al terzo motivo, lo stesso sarebbe inammissibile, involgendo l’omesso esame di domande dedotte non dall’attore nel corso del giudizio di merito, ma quelle asseritamente esposte dal convenuto, in via subordinata, per di più ancora ribadendo che ai fini della giurisdizione non avrebbero potuto rilevare le difese svolte in via subordinata dal convenuto, rilevando unicamente l’azione introdotta con l’atto di citazione.
5.4 In ordine al quarto motivo la controricorrente ha dedotto che la censura non avrebbe adeguatamente contrastato le decisioni dei giudici di merito, nella parte in cui avevano individuato il luogo del pregiudizio in quello in cui gli immobili si trovavano, coincidente con la Russia, senza peraltro considerare che secondo la Corte di appello non vi era alcuna prova dell’esistenza dell’incarico ricevuto dal defunto H. Senior ed alle prestazioni stabilite.
6. Ciò posto, i primi tre motivi di ricorso sono infondati nei termini di seguito esposti.
6.1 Giova premettere che la decisione impugnata ha ritenuto che, ai fini della determinazione della giurisdizione rispetto all’azione promossa dall’attore nei confronti del Credit Suisse Trust Limited, venisse in rilievo – una volta acclarato che il convenuto non era residente in Italia – la L. n. 218 del 1995, art. 3 e, segnatamente, il comma 2, nella parte in cui rinvia alla Convenzione di Bruxelles del 1968. Tale affermazione è sicuramente corretta.
6.2 Ed invero, queste Sezioni Unite hanno già con orientamento costante affermato che al fine di determinare l’ambito della giurisdizione italiana la L. 31 maggio 1995, n. 218, dopo aver enunciato, nell’art. 3, comma 1, il criterio di collegamento costituito dal domicilio o dalla residenza del convenuto – “La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77 c.p.c. e negli altri casi in cui è prevista dalla legge” – detta, nel comma 2, due distinte disposizioni di rinvio ad altre norme regolatrici della competenza. Ai fini del presente giudizio rileva la prima di queste, a tenore della quale “La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle Sezioni 2, 3 e 4 del Titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la L. 21 giugno 1971, n. 804 e successive modificazioni in vigore per l’Italia, anche allorchè il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione (…)”.
6.2 Ne consegue che, quando si verte in materie comprese nella Convenzione di Bruxelles, vigono le speciali regole di competenza previste dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo 2 di tale Convenzione, anche nei confronti del convenuto che non sia domiciliato o residente in Italia, nè appartenga ad uno Stato contraente, essendo il rinvio a dette regole destinato ad operare oltre la sfera dell’efficacia personale della Convenzione medesima (cfr. Cass., S.U., n. 2060/2003; Cass., S.U., n. 22239/2009; Cass., S.U., n. 5765/2012; Cass., S.U., n. 17866/2013; Cass., S.U., n. 26937 del 2013).
6.3 Appurato pacificamente che il Credit Suisse Trust Ltd. non ha domicilio o residenza in Italia e che nel caso di specie trova applicazione la Convenzione di Bruxelles per effetto del ricordato art. 3, comma 2, cit., non ricadendo la domanda di pagamento del compenso nascente dall’esecuzione di un contratto di mandato conferito dal Sig. H. al N., senz’altro attinente alla materia civile, nelle esclusioni previste dall’art. 1 della stessa Convezione – “La presente convenzione si applica in materia civile e commerciale e indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale. Essa non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale ed amministrativa. Sono esclusi dal campo di applicazione della presente convenzione: 1) lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le successioni; 2) i fallimenti, concordati ed altre procedure affini; 3) la sicurezza sociale; 4) l’arbitrato” – assumono dunque rilievo i criteri di collegamento previsti dall’anzidetta Convenzione di Bruxelles e dalle sue modifiche.
6.4 In definitiva, non venendo in considerazione una delle materie escluse dall’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles, deve tenersi conto, ai fini della competenza giurisdizionale, del rinvio compiuto nella L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 2, prima parte, con conseguente applicabilità, in Italia, oltre la sfera dell’efficacia personale della Convenzione, delle regole di competenza dettate dall’art. 5 all’art. 15, compresi nelle sezioni 2, 3 e 4 del titolo secondo della Convenzione, e non dei criteri di competenza per territorio stabiliti dal codice di rito italiano, i quali, ai sensi dell’art. 3, comma 2, seconda parte, sono utilizzabili per le sole materie escluse (Cass., S. U., 11/02/2003, n. 2060).
6.5 Sul punto occorre preliminarmente sgombrare il campo dalla censura, esposta nel secondo motivo, con la quale il N. ha contestato la decisione impugnata per avere escluso dall’ambito di applicazione della vicenda processuale il Reg. CE n. 44/2001 che, nella prospettiva del ricorrente, costituendo una modifica della Convenzione di Bruxelles, dovrebbe trovare applicazione.
6.6 Tale censura è infondata.
6.7 Ed invero, come già chiarito da questa Corte a Sezioni Unite “il rinvio operato dalla L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 2, attiene esclusivamente alla Convenzione di Bruxelles, e non si estende al Regolamento CE n. 44/2001. Nè può ritenersi che la Convenzione sia stata definitivamente sostituita (e quindi implicitamente abrogata) dal sopravvenuto regolamento, come parrebbe ritenere la resistente: la convenzione, infatti, continua ad operare relativamente ai rapporti con soggetti non domiciliati in uno degli Stati dell’Unione ovvero che non hanno adottato il predetto regolamento, pur facendo parte dell’Unione (ad esempio la Danimarca). Essa opera altresì, come si è detto e come è rilevante per la fattispecie, in relazione a specifiche norme espressamente recepite dalla L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 2, che rinvia appunto alla convenzione di Bruxelles del 1968 (ed ovviamente non al reg. CE n. 44/2001)” – cfr. Cass., S.U., n. 22239/2009, richiamata tanto dalla sentenza della Corte di appello di Roma qui impugnata che dal giudice di prima istanza -.
6.8 In effetti, non può revocarsi in dubbio che il Reg. CE n. 44/2011 abbia effettivamente preso il posto della Convenzione di Bruxelles all’atto della sua entrata in vigore, ma ciò con esclusivo riferimento agli Stati membri dell’UE.
6.9 In questa direzione milita univocamente l’art. 68 dello stesso Regolamento n. 44/01, a tenore del quale “Il presente regolamento sostituisce, tra gli Stati membri, le disposizioni della convenzione di Bruxelles salvo per quanto riguarda i territori degli Stati membri che rientrano nel campo di applicazione territoriale di tale convenzione e che sono esclusi dal presente regolamento ai sensi dell’art. 299 del Trattato. 2. Nella misura in cui il presente regolamento sostituisce, tra gli Stati membri, le disposizioni della convenzione di Bruxelles ogni riferimento a tale convenzione si intende fatto al presente regolamento.” Ed è appena il caso di osservare che il territorio del ***** non ha mai fatto parte della Comunità Europea, nè dell’Unione Europea, nè è stato specificamente considerato dal Regno Unito all’atto dell’adesione agli strumenti di cooperazione civile di cui qui si è detto. La sentenza impugnata è pertanto immune dal vizio prospettato dal ricorrente.
6.10 Passando all’esame delle ulteriori censure, prospettate nel primo e nel terzo motivo, quanto all’interpretazione del criterio di collegamento previsto dal ricordato n. 1 dell’art. 5 della Convezione ed all’omesso esame della questione concernente il mandato conferito al N. da parte del Credit Suisse Trust Ltd., le stesse, ritualmente proposte ed ammissibili, sono parimenti destituite di fondamento, dovendosi ritenere corretta la decisione impugnata, con le opportune integrazioni alla motivazione del giudice di appello.
6.11 I ricorrente ha, anzitutto, prospettato l’erroneità della decisione impugnata, nella parte in cui avrebbe omesso di considerare che la domanda atteneva all’esecuzione del contratto di mandato e all’individuazione della responsabilità del mandante, una volta che era stato proposto altro giudizio, richiamato nell’atto introduttivo notificato al Credit Suisse Trust Ltd., nel quale le medesime domande erano state proposte nei confronti degli eredi del Sig. H..
6.12 Sottesa a tale prospettiva vi è, poi, secondo il ricorrente, l’erroneità dell’interpretazione dell’art. 5, n. 1) della Convenzione di Bruxelles operata dal giudice di merito che avrebbe valorizzato unicamente il criterio di collegamento rappresentato dal luogo in cui l’obbligazione del pagamento del compenso doveva essere eseguita, tralasciando quella del già eseguito contratto di mandato che, se considerato dal giudice di merito, avrebbe dovuto condurre al radicamento della giurisdizione del giudice italiano, essendo pacifico che il luogo di esecuzione del mandato conferito al N. dal Sig. H. era coincidente con il territorio italiano ove erano state operate le complesse operazioni di riorganizzazione aziendali e societarie demandate al predetto.
6.13 Orbene, la decisione impugnata che, confermando la pronunzia di primo grado, ha declinato la giurisdizione del giudice italiano rispetto alla domanda di pagamento del compenso nascente dal mandato conferito all’attore dal Sig. H. è, diversamente da quanto prospettato dal N., immune da vizi, avendo il giudice di merito applicato correttamente la disciplina prevista dall’art. 5, n. 1) della Convenzione di Bruxelles – richiamata dalla L. n. 218 del 1995, art. 3, comma 2 – e non quella del Regolamento n. 44/01.
6.14 Va anzitutto ricordato che la Convenzione di Bruxelles sancisce, all’art. 2, il principio generale secondo il quale la competenza del giudice è determinata dal luogo di residenza del convenuto aggiungendo tuttavia, all’art. 5, n. 1, che il convenuto, in materia di contratti, può essere altresì citato dinanzi al giudice del luogo nel quale l’obbligazione è stata o dev’essere adempiuta. Tale libertà di scelta è stata introdotta considerando che, in determinati casi, esiste un nesso particolarmente stretto, ai fini dell’economia processuale, fra una controversia ed il giudice che può doverla dirimere – Corte giust. 6 ottobre 1976, Tessili, C-12/76 -.
6.15 Ciò posto, ai fini del decidere viene quindi in evidenza, risultando il convenuto Credit Suisse Trust Ltd. residente in *****, la portata dell’art. 5, n. 1) della Convenzione di Bruxelles nel significato che ne ha dato la Corte di Giustizia, competente a pronunziarsi sulla Convenzione di Bruxelles, ai sensi dell’art. 1 del Protocollo adottato a Lussemburgo il 3 giugno 1971 e ratificato dall’Italia con la L. 19 maggio 1975, n. 180.
6.16 La Corte di giustizia ha esplicitato il significato della nozione di “luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita” in due pronunce del 1976, – sentenze De Bloos e Tessili – chiarendo quale obbligazione debba essere presa in considerazione per determinare la competenza ai sensi di tale norma e sulla base di quali criteri di collegamento debba stabilirsi il luogo di adempimento dell’obbligazione stessa.
6.17 In particolare, Corte giust., 6 ottobre 1976, C-14/76, De Bloos, ha stabilito che il termine “obbligazione” di cui alla disposizione suddetta si riferisce all’obbligazione corrispondente al diritto contrattuale su cui si fonda l’azione dell’attore che costituisce l’oggetto della causa insorta tra le parti del contratto.
6.18 Corte giust., 6 ottobre 1976, C-12/76, Industrie tessili italiana, ha poi dichiarato che il luogo di adempimento dell’obbligazione contrattuale controversa si stabilisce in base alla legge che risulta applicabile al rapporto giuridico in questione in forza delle norme di diritto internazionale privato del giudice investito della causa (cfr. punto 13 sent. ult. cit.; v. anche Corte giust., 29 giugno 1994, C-288/92, Custom Made Commerciai, p. 26; Corte giust., 28 settembre 1999, C-440/97, Groupe Concorde e a., p. 32).
6.19 Ed è stata ancora la Corte di giustizia a ricordare che, secondo la sua stessa giurisprudenza, il luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stato o deve essere eseguito va determinato conformemente al diritto sostanziale disciplinante l’obbligazione controversa secondo le norme di rinvio del giudice adito (Corte giust., 6 ottobre 1976, C-12/76, Industrie tessili italiana/Dunlop AG, cit., punto 13; Corte giust., 29 giugno 1994, C-288/92, Custom Made Commercia/, punto 26, e Corte giust., 28 settembre 1999, C-440/97, Groupe Concorde e a., punto 32).
6.20 In definitiva, per stabilire la competenza giurisdizionale, il giudice investito di una controversia è tenuto ad effettuare un’analisi articolata in tre fasi, dovendo: a) accertare quale obbligazione contrattuale costituisca l’oggetto della controversia tra le parti; b) determinare, sulla base delle norme di diritto internazionale privato del suo ordinamento, la legge sostanziale applicabile al rapporto giuridico tra le parti (lex causae); c) stabilire, sulla base di tale legge sostanziale, dove si trovi il luogo di adempimento dell’obbligazione contrattuale controversa.
6.21 Orbene, calando i principi come sopra esposti nella vicenda qui in esame e andando al fondo della questione posta a base della prima domanda azionata dal N., non può revocarsi in dubbio che sia stata azionata una richiesta di pagamento del compenso nascente da un mandato conferito dal Sig. H. al primo. Domanda che il N. aveva in separato giudizio rivolto nei confronti degli eredi dello H. e che, a fronte della difese da questi ultimi esposte nel procedimento dal medesimo incoato – riferibilità dell’attività svolta dal N. al trust istituto dallo H. – sono state indirizzate nei confronti del trustee Credit Suisse Ltd.
6.22 Orbene, ai fini della individuazione dell’obbligazione dedotta in giudizio, occorre necessariamente fare applicazione della disciplina della Convenzione di Bruxelles per come interpretata dalla Corte di giustizia che, come si è visto, reputa essere rilevante l’obbligazione corrispondente al diritto contrattuale su cui si fonda l’azione dell’attore.
6.23 Peraltro, appare utile evidenziare che la Corte di Giustizia, con sentenza 15.1.1987, C-266/85, Shenavai, nel ribadire che ai sensi dell’art. 5, n. 1, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, si deve tener conto, nella lite vertente sul pagamento degli onorari dell’architetto incaricato di elaborare un progetto per la costruzione di edifici, è l’obbligazione contrattuale che costituisce concretamente il fondamento dell’azione giurisdizionale, non ha mancato di precisare che l’idea pure espressa dallo stesso giudice Europeo a proposito della valorizzazione dell’obbligazione “caratterizzante il contratto” ai fini del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguite – a proposito del contratto di lavoro (Corte giust., 6 maggio 1982, Ivenel/Schwab”, C133/81), non trova applicazione “(…) per la generalità dei contratti, qualora si prenda unicamente in considerazione l’obbligazione pattuita mediante il contratto e della quale si persegue in giudizio l’adempimento. Infatti, il luogo in cui questa dev’essere adempiuta costituisce normalmente il luogo di collegamento più immediato fra la lite e il giudice competente, collegamento che ha indotto a scegliere il foro del luogo dell’adempimento dell’obbligazione in materia contrattuale”.
6.24 In definitiva, quel che rileva ai fini del radicamento della giurisdizione è il luogo di esecuzione della obbligazione dedotta in giudizio che è quello di più agevole determinazione e, dunque, capace di offrire elementi di prevedibilità e di armonizzazione rispetto ai criteri espressi dalla Convezione stessa.
6.25 Orbene, l’obbligazione del pagamento del compenso, pur indubbiamente collegata all’adempimento ed all’esecuzione del mandato conferito dal Sig. H. al N., non poteva che consentire l’individuazione del luogo dell’obbligazione in quello da individuare per l’esecuzione della stessa, rappresentato dunque dal pagamento del compenso e non dal rapporto contrattuale nel suo complesso nè, tanto meno, dalla questione relativa alla riferibilità del contratto al soggetto convenuto che l’attore non aveva nemmeno prospettato in modo esplicito nell’atto introduttivo, come già ritenuto dal giudice di appello.
6.26 Nell’atto di citazione, invero, l’attore aveva dato atto dell’eccezione esposta dagli eredi dello H. circa il fatto che le attività svolte dall’attore “sarebbero state realizzate nell’interesse di un’altra entità riconducibile al Signor H., tale Transulx Financing Trust, gestito dal Trustee Credit Suisse Trust Limited”, evidenziando che “in relazione a tale difesa dei convenuti (…) e per l’ipotesi che possa condividersi simile difesa, il Signor N. cita, anche in vista di una possibile riunione con il giudizio già pendente, il Credit Suisse Trust Limited al fine di sentire accogliere, anche nei suoi confronti, le medesime conclusioni di cui al giudizio promosso nei confronti dei Signori (….)” – cfr. pag. 38 atto di citazione -.
6.27 Passando ora – secondo le scansioni di cui si è detto al punto 6.20 – all’individuazione del luogo in cui l’obbligazione deve essere eseguita, esso va determinato in conformità alla legge che disciplina l’obbligazione controversa secondo le norme di conflitto del giudice adito (Corte giust., 28 settembre 1999, C-440/97).
6.28 Trattandosi di una obbligazione contrattuale trova applicazione l’art. 4 della Convenzione di Roma del 1980, richiamata dalla L. n. 218 del 1995, art. 57, secondo il quale deve farsi riferimento alla legge del Paese “con il quale il contratto presenta il collegamento più stretto (comma 1), dovendosi presumere che è più stretto il “collegamento col Paese in cui la parte (che deve fornire la prestazione caratteristica) ha, al momento della conclusione del contratto, la sua residenza abituale” (comma 2).
6.29 Ora, nel caso di specie il giudice di appello, rinviando alla decisione del tribunale, ha correttamente ritenuto applicabile la legge italiana valorizzando la residenza dell’attore quale mandatario che avrebbe dovuto eseguire le prestazioni oggetto del mandato.
6.30 Da questa determinazione, immune da vizi, parimenti corretto è stata la determinazione del terzo step di cui si è detto stabilire, sulla base della legge sostanziale applicabile, dove si trovi il luogo di adempimento dell’obbligazione contrattuale controversa venendo in considerazione i criteri di cui all’art. 1182 c.c..
6.31 Il compenso oggetto della domanda, infatti, non era, per stessa ammissione dell’attore, determinabile se non in via equitativa sicchè non avrebbe potuto considerarsi il criterio contemplato dall’art. 1182 c.c., comma 1, che rimanda al luogo nel quale deve essere eseguita la prestazione ove questo è determinato dalla convenzione o dagli usi o possa desumersi dalla natura della prestazione o da altre circostanze.
6.32 Peraltro, l’obbligazione dedotta non aveva ad oggetto l’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata (art. 1182 c.c., comma 2), nè una somma di danaro già determinata nel suo ammontare ovvero quando il credito in denaro sia determinabile solo in base ad un semplice calcolo aritmetico e non si renda necessario procedere ad ulteriori accertamenti (art. 1182 c.c., comma 3) – cfr. Cass., n. 3528/1995 -.
6.33 Deve quindi trovare applicazione, con riguardo al all’obbligazione avente ad oggetto il pagamento del compenso relativo al mandato che non sia stato determinato all’atto del conferimento dell’incarico, integrante un credito illiquido, dell’art. 1182 c.c., il comma 4, secondo cui “negli altri casi l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza” – cfr. Cass., n. 118/2017,Cass. n. 30287/2017 -.
6.34 Nel caso in esame, pertanto, luogo in cui l’obbligazione avrebbe dovuto essere eseguita è quello in cui il debitore aveva domicilio, come detto, collocato all’estero.
6.35 Alla luce delle superiori argomentazioni, nessuna delle censure esposte dal ricorrente nel primo e nel terzo motivo – poi ribadite nella memoria del ricorrente – coglie dunque nel segno, avendo il giudice di appello fatto corretta applicazione del quadro normativo di riferimento che lo ha condotto ad escludere la giurisdizione del giudice italiano rispetto ai capi di domanda concernenti il pagamento del compenso nascente dal mandato asseritamente conferitogli dal Sig. H..
6.36 Irrilevante risulta, infatti, ai fini della giurisdizione il comportamento difensivo del soggetto convenuto, essendo questa Corte a Sezioni Unite ferma nel ritenere che l’applicazione del principio del c.d. petitum sostanziale non comporta che la giurisdizione possa essere determinata secundum eventus litis, ma impone che essa sia stabilita con riguardo ai fatti allegati dall’attore, irrilevanti essendo in contrario le difese del convenuto, delle quali dovrà tenersi conto nel momento logicamente successivo della valutazione delle risultanze istruttorie per la decisione del merito della controversia – cfr. Cass., S.U., n. 22643/2009, Cass., S.U., n. 1470/94; Cass., S.U., n. 10966/2003; Cass., S.U., n. 10226/200 -.
6.37 Nemmeno fondato risulta il quarto motivo, afferente al capo di domanda con il quale l’attore aveva prospettato la responsabilità precontrattuale per recesso ingiustificato dalle trattative dello H. nell’operazione immobiliare *****, tesa alla realizzazione di un complesso immobiliare in ***** nell’ambito di intese intercorse con il N., alle quali non era poi seguito il finanziamento della quota di capitale nella società Genesis New Moscow appositamente costituita, con conseguente rottura del partenariato con la società a partecipazione pubblica *****.
6.38 Anche in questo caso il giudice di appello, facendo corretta applicazione della disciplina prevista dal combinato disposto della L. n. 218 del 1995, art. 3 e 5 della Convezione di Bruxelles del 1968, ha escluso la giurisdizione del giudice italiano.
6.39 Giova sul punto premettere che Corte giust., 17 settembre 2002, C-334/00, Fonderie Officine Meccaniche Tacconi s.p.a., decidendo un rinvio pregiudiziale proposto da questa Corte di Cassazione, ritenne che in un contesto come quello della causa principale, caratterizzato dalla mancanza di impegni liberamente assunti da una parte nei confronti di un’altra in sede di trattative dirette alla formazione di un contratto e dall’eventuale violazione della regola che impone alle parti di comportarsi secondo buona fede nell’ambito di tali trattative, l’azione con cui si fa valere la responsabilità precontrattuale del convenuto rientra nella materia dei delitti o quasi delitti, ai sensi dell’art. 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles.
6.40 In tale occasione la Corte Europea ha chiarito che la nozione di delitti o quasi delitti prevista in via derogatoria dall’art. 5, n. 3 della Convenzione riguarda qualsiasi domanda che mira a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e che non si ricollega alla materia contrattuale di cui all’art. 5, punto 1, in tal modo confermando che i fori alternativi di cui all’art. 5, nn. 1 e 3 non possono mai operare congiuntamente, nel senso che, operando l’uno, va automaticamente esclusa l’efficacia dell’altro.
6.41 Quanto alle modalità di individuazione del luogo in cui si è verificato l’evento dannoso che consente di individuare il foro alternativo nell’art. 5, n. 3 della Convenzione, i problemi interpretativi concernenti l’individuazione della competenza giurisdizionale in siffatte ipotesi hanno ruotano attorno alla possibilità che il luogo del fatto generatore dell’illecito sia in tutto o in parte diverso da quello in cui l’evento dannoso propaghi i propri effetti.
6.42 A tal proposito, Cass., S.U., n. 10896/2003 ha ricordato che nelle ipotesi in cui il luogo in cui è insorto il danno causato da atto illecito non coincide con quello ove si è verificato l’evento, la giurisprudenza della Corte di Giustizia – Corte giust., 30 novembre 1976, causa 21/76, Bier – ha riconosciuto ad entrambi l’idoneità a costituire un significativo collegamento per la competenza giurisdizionale. Ciò non solo in un’ottica protettiva della vittima dell’illecito, ma anche per preservare il radicamento del giudizio presso il giudice del luogo ove va raccolta la prova.
6.43 Il principio della ubiquità del fatto illecito cui ha fatto riferimento questa Corte è stato completato con la precisazione, mutuata anch’essa dalla giurisprudenza Eurounitaria, che nella nozione di luogo ove si è verificato l’evento dannoso non può ricomprendersi qualsiasi luogo in cui possano essere risentite le conseguenze dannose di un evento che abbia già provocato un danno effettivamente verificatosi in un altro luogo – cfr. Cass., S.U., n. 10896/2003 -.
6.44 Per tal motivo, Cass., S.U. n. 10896/2003 ha ricordato che secondo la Corte di giustizia – Corte giust., 19 settembre 1995, C364/93, Marinari – la nozione di luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto deve essere interpretata nel senso che essa non si riferisce al luogo in cui la parte lesa sostiene di aver patito un pregiudizio patrimoniale in conseguenza di un danno iniziale verificatosi e da essa subito in un altro Stato contraente.
6.45 Orbene, sulla base dei principi espressi dalla Corte di giustizia e da queste Sezioni Unite, non può dubitarsi della correttezza della decisione impugnata, laddove ha escluso il radicamento della giurisdizione innanzi al giudice italiano in relazione alla domanda fondata sulla responsabilità precontrattatuale correlata al mancato finanziamento dell’operazione ***** da parte dello H. che, per stessa ammissione del ricorrente espressa nell’atto di citazione, aveva comportato un pregiudizio verificatosi in territorio russo – cfr. pag. 19 atto di citazione: “Il Sig. N., a causa di questo comportamento è stato ingiustamente privato dell’opportunità favorevole di procedere con atri soggetti (qualsiasi finanziatore) all’operazione *****, valorizzando così i contatti creati pazientemente nella Federazione Russa”; cfr., altresì, pag. 23 atto di citazione: “Al riguardo si fa presente che il danno da lucro cessante arrecato al Sig. N. deriva dal fatto di non aver potuto realizzare con qualsiasi altro finanziatore l’operazione che, all’ultimo momento, il Sig. H. si è rifiutato di completare. Essendo stato il rifiuto del Sig. H. estremamente tardivo, esso ha comportato la perdita di credibilità del Sig. N. nei confronti del partner pubblico e l’impossibilità di riproporre ad esso un nuovo potenziale finanziatore, tenuto conto della presenza di un gruppo concorrente che, approfittando del mancato tempestivo finanziamento del Sig. H., subentrò immediatamente nell’operazione”; cfr., altresì, pag. 27 atto di citazione: “I suoi eredi, pertanto, dovranno risarcire al Sig. N. il danno arrecato a causa dell’affidamento creato, per la mancata indviduazione tempestiva di un diverso partner che avesse consentito al Sig. N. di non perdere la propria credibilità davanti alla *****, vanificando così tutti gli sforzi profusi in precedenza” -.
6.46 Tanto è sufficiente per confermare la piena legittimità della statuizione adottata dalla Corte di appello di Roma e per disattendere la censura esposta con il motivo qui esaminato nel quale il ricorrente ha peraltro tentato di modificare l’originaria impostazione della domanda come esposta nell’atto di citazione, facendo riferimento ad un accordo con lo H. teso ad ottenere la ripartizione degli utili del quale non vi è traccia alcuna nell’atto introduttivo del giudizio sul quale, invece, occorre valutare l’esistenza della giurisdizione del giudice nazionale.
6.47 Se, infatti, non può dubitarsi che, in ordine alle questioni di giurisdizione, queste Sezioni Unite sono anche giudice del fatto e pertanto hanno il potere di procedere direttamente all’apprezzamento delle risultanze istruttorie, traendone conseguenze in piena autonomia e indipendenza, sia dalle deduzioni delle parti, sia dalle valutazioni del giudice del merito (v. ad es. Cass., S.U., ord. 2.4.2007 n. 8095, e Cass., S.U., n. 13900/2013), non può del pari disconoscersi che nel caso di specie il ricorrente non si sia limitato ad introdurre con il ricorso per cassazione profili giuridici e normativi che involgono la questione di giurisdizione sottoposta alla Corte di legittimità, avendo semmai operato nuove prospettazioni in sede di ricorso per cassazione che non possono in alcun modo essere vagliate in questa sede.
6.48 Resta solo da aggiungere che la sentenza di merito qui impugnata merita di essere corretta in motivazione laddove ha delibato incidentalmente, per giungere alla declaratoria di giurisdizione del giudice straniero, sulla infondatezza della domanda proposta dall’attore. E’ noto, infatti, che la giurisdizione nei confronti dello straniero deve essere riscontrata in base alla prospettazione della domanda, indipendentemente da ogni questione circa il suo fondamento nel merito, non operando tale principio soltanto nel caso in cui la prospettazione della domanda sia artificiosamente finalizzata a sottrarre la controversia al giudice precostituito per legge (Cass., S.U., 12.4.2012 n. 5765; Cass., S.U., 2.4.2009 n. 7991; Cass., S.U., n. 12.3.2009 n. 5965; Cass., S.U., 27.2.2008 n. 5090; Cass., S.U., 21.3.2006 n. 6217; Cass., S.U., 3.4.2000 n. 86). Evenienza, quest’ultima, non riscontrabile nel caso di specie.
6.49 Il ricorso va quindi rigettato.
6.50 Le spese seguono la soccombenza, dando atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del .P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis e comma 1 quater.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore del Credit Suisse Limited in Euro 20.000, per compensi, oltre 200,00 per esborsi.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis e comma 1 quater.
Così deciso in Roma, a Sezioni Unite, nella Camera di consiglio, il 16 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019