Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.15795 del 12/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7561/2018 proposto da:

O.S., domiciliato in Roma, via Oslavia 28, presso lo studio dell’avvocato Alessandro Kusturin, rappresentato e difeso dall’avvocato Oriana Ottanelli, giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

Avverso sentenza della corte d’appello di Potenza, depositata l’11/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/05/2018 dal cons. MAURO DI MARZIO.

FATTI DI CAUSA

1. – O.S., cittadino *****, ricorre per due mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 3 maggio 2017 con cui la Corte d’appello di Potenza ha respinto il suo appello avverso la decisione del locale Tribunale che aveva disatteso l’opposizione al diniego, da parte della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – L’amministrazione resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g, artt. 3, 5, 6, 14 e 17 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver respinto la sua domanda di protezione sussidiaria nonostante la zona della Nigeria da cui il richiedente proveniva fosse caratterizzata da violenza generalizzata diffuse ed indiscriminata, a carattere endemico, derivante da conflitti interni etnico-politico-economico-religiosi, erroneamente ritenendo, altresì, che egli avesse rappresentato una situazione personale non collegata nè all’esistenza di un conflitto, nè alla situazione di violenza indiscriminata dell’area.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la sentenza impugnata per il negato riconoscimento della protezione umanitaria.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – La sentenza impugnata, quanto al diniego della protezione sussidiaria, che la Corte territoriale ha ritenuto chiesta ai sensi del D.lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) è sorretta da una duplice ratio decidendi: per un verso vi si esclude che l’area di provenienza del ricorrente sia afflitta da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale; per altro verso vi si afferma che il richiedente non abbia prospettato un danno grave, avendo dedotto una situazione personale che non era in alcun modo collegata nè all’esistenza del conflitto, nè alla situazione di violenza indiscriminata.

Orbene, è sufficiente osservare che la censura, nella parte volta a denunciare l’erroneità dell’esclusione nella zona di provenienza del ricorrente, di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, non ha nulla a che vedere con il denunciato vizio di violazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 giacchè, lungi dal misurarsi con il significato e la portata applicativa delle norme richiamate in rubrica, cerca di attaccare, per l’appunto inammissibilmente, l’accertamento di merito effettuato dalla Corte territoriale, sulla base della pertinente documentazione richiamata in sentenza, in ordine all’insussistenza della situazione menzionata.

Sicchè neppure occorre esaminare la censura rivolta alla seconda ratio decidendi.

2.2. – Anche il secondo motivo è inammissibile.

Deduce il ricorrente che, ove rimpatriato, si troverebbe esposto ad una situazione di concreta minaccia per la propria incolumità ad opera dei medesimi soggetti che lo avrebbero costretto alla fuga e che avrebbero già colpito la sua famiglia; il diritto alla protezione umanitaria dovrebbe essere altresì riconosciuto per il grave naufragio subito dallo stesso richiedente e per avere questi visto attorno a sè la morte di decine di persone, circostanza che aveva condotto al riconoscimento della protezione umanitaria ad un compagno di traversata.

Ma il ricorso è al riguardo totalmente carente del requisito dell’autosufficienza, non risultando in alcun modo dal ricorso dove le ragioni esposte a sostegno della domanda di protezione umanitaria sarebbero state rappresentate.

3. – Le spese seguono la soccombenza. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, risultando il ricorrente ha messo al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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