Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.15798 del 12/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15264/2017 proposto da:

J.D., elettivamente domiciliato in Roma Via Sardegna, 29 presso lo studio dell’avvocato Ferrara Alessandro che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, *****, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3145/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/05/2019 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO.

FATTI DI CAUSA

1. J.D. ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha confermato il diniego di protezione internazionale ed umanitaria decretato in primo grado e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, commi 1, 2, 3, 4 e 5, D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 ed art. 11, per aver il decidente denegato l’accesso alle misure reclamate, ritenendo che le vicende narrate dal ricorrente riguardassero la giustizia ordinaria quantunque ne fosse evidente la natura politica, senza adempiere al dovere di cooperazione istruttoria che, ove adempiuto, mediante l’esercizio dei poteri officiosi accordati dalle norme richiamate, avrebbe reso verificabile “la concomitanza accanto al profilo privatistico di natura penale ordinaria dell’ulteriore profilo politico”, tanto più che lo stesso decidente e prima di lui il giudice di primo grado avevano dato atto delle gravi violazioni umanitarie poste in essere dalle autorità governative del paese di origine (Gambia) in danno degli oppositori e delle minoranze; 2) della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 1, 2, 3, 4 e 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3 e 11, per aver il decidente pronunciato nei riferiti termini con motivazione arbitraria, irragionevole ed apparente ed in particolare astenendosi dall’indicare perchè le allegazioni del ricorrente “non si potessero ritenere sufficienti a provare l’effettiva ricorrenza dei seri motivi di persecuzione riferiti”, tanto più che nessun dubbio il decidente aveva palesato riguardo alla loro veridicità.

Al proposto ricorso, illustrato pure con memoria, resiste con controricorso l’amministrazione intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.

3. La Corte d’Appello, pur negando la ricorrenza nella specie tanto delle condizioni legittimanti l’accesso del richiedente alle misure della protezione internazionale – ravvisando, invero, che la vicenda dal medesimo narrata avesse rilevanza solo sul piano della giustizia ordinaria – quanto di quelle che consentono la concessione della minor misura della protezione sussidiaria – non essendo i fatti esposti riconducibili alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) e non ricorrendo il rischio di un danno grave rapportato ad una situazione di conflitto armato interno di cui alla lett. c) – ha tuttavia chiosato il giudizio espresso a questo riguardo con un affermazione dubitativa che ne scredita alla radice la persuasività ed incrina la fondatezza nel suo complesso del ragionamento decisorio svolto a supporto non solo del giudizio sul punto, ma anche di quello più generalmente sfavorevole formulato con riferimento alle altre fattispecie di rischio di un danno grave, e non solo riguardo ad esse.

4. Si legge infatti nel provvedimento impugnato che “lo Stato del Gambia… non risulta coinvolto in un conflitto armato internazionale, benchè dai siti internet di Amnesty International (rapporto 2015/2016) vi sia una grave situazione di violazione dei diritti umani (riconducibile alle autorità di governo) con riguardo a sparizioni forzate e detenzioni arbitrarie soprattutto nei confronti di persone accusate di coinvolgimento nel tentato colpo di stato del 2014, di giornalisti e difensori dei diritti umani e degli omossessuali;

questione questa della violazione dei diritti umani evidenziata anche nel rapporto annuale 2016/2017 ove si legge che difensori dei diritti umani, giornalisti e oppositori politivi hanno continuato a subire persecuzioni ed aggressioni”.

5. Ora, poichè nella specie, malgrado la Corte d’Appello abbia ridimensionato la portata degli eventi narrati dal ricorrente, questi aveva riferito – senza che l’asserzione avesse sollevato riserve di sorta in ordine alla credibilità del narrante – di essere un militante del partito politico di opposizione e di essere stato licenziato per motivi politici, risulta evidente che, allorchè sia lo stesso decidente a dare atto che gli oppositori politici in Gambia sono oggetto di persecuzione da parte delle autorità governativa, la decisione che pronunci il rigetto delle invocate misure, ancorchè gli eventi narrati abbiano quella connotazione e si collochino nella stessa cornice di giudizio, si riveli intrinsecamente viziata dall’inconciliabilità logica tra le due affermazioni, il che lascia intendere che il vaglio istruttorio, a cui le norme invocate chiamano il giudice della protezione internazionale, non sia stato condotto con l’approfondimento dovuto nel rispetto delle norme richiamate e del dovere di cooperazione istruttoria perciò gravante sul decidente.

6. L’impugnata decisione va per questo cassata e la causa va rimessa al giudice a quo per un nuovo giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata decisione e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Roma, che in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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