LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10034/2018 proposto da:
O.T., elettivamente domiciliato in Roma Via Antonio Stoppani 34 presso lo studio dell’avvocato Silvagni Luca che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Colavincenzo Danilo;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1717/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 23/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/05/2019 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO.
FATTI DI CAUSA
1. O.T. ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di L’Aquila, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha confermato il diniego di protezione internazionale ed umanitaria decretato in primo grado e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3, 5, 6,7 e 8 ed D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 27,poichè, circoscrivendo la rilevanza della vicenda narrata dal ricorrente su un piano esclusivamente privato, il giudice territoriale sarebbe venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria, astenendosi segnatamente dall’approfondirne i risvolti pubblicistici in rapporto alla capacità delle istituzioni del paese di provenienza (Mali) di assicurare al ricorrente un’adeguata tutela giuridica; 2) della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6, in relazione all’art. 15, lett. c), Direttive qualifiche, come recepito dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e ai presupposti della protezione umanitaria, nonchè del D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 142, art. 27, comma 1, lett. f), poichè la corte territoriale avrebbe omesso di valutare la condizione soggettiva del richiedente in rapporto alle condizioni socio-politiche del paese di provenienza, apprezzate nel rispetto del principio di attualità; 3) del contraddittorio esame di un fatto decisivo, poichè la corte territoriale avrebbe escluso la sussistenza delle condizioni per far luogo alla concessione delle richieste misure incorrendo nel vizio di motivazione apparente e/o illogica, per essersi astenuta dal valutare le circostanze di cui al motivo precedente secondo il criterio della gradualità; 4) dell’omesso esame di un fatto decisivo, poichè la corte territoriale avrebbe omesso di valutare la relazione sociale afferente alla persona del ricorrente rilevante ai fini della concessione della misura atipica ed insieme della violazione del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma 1, lett. f), per non aver valutato la situazione interna del paese di provenienza nel rispetto del principio di attualità; 5) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, poichè la corte territoriale avrebbe negato l’accesso alla misura atipica, astenendosi dal valutare la condizione soggettiva del ricorrente, come risultante dalla predetta relazione sociale, in rapporto al godimento delle libertà e dei diritti politici fondamentali.
Non ha svolto attività difensiva l’amministrazione intimata. Memoria del ricorrente ex art. 380-bis1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo non ha fondamento, dal momento che l’insorgenza in capo al decidente del dovere qui pretesamente violato è ipotizzabile laddove la vicenda narrata dal richiedente porti a configurare la sussistenza di un pericolo persecutorio in ragione del quale sia prospettabile il riconoscimento dello status di rifugiato, di modo che la violazione di esso non è rappresentabile in relazione, come scrive il decidente, “ad una vicenda di natura esclusivamente privata e motivata… da interessi di natura puramente economica ed ereditaria piuttosto che da motivazioni di carattere religioso”, in ciò condensandosi propriamente l’espressione di un apprezzamento di fatto che non compete a questa Corte sindacare.
3. Fondato deve invece reputarsi il secondo motivo e, per quanto di ragione, anche il terzo ed il quarto motivo in cui si riporta la medesima doglianza – assorbite perciò le restanti, nonchè il quinto motivo – consistente nella violazione del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma, lett. f), sostitutivo del comma 9 del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, per non aver il decidente valutato la condizione soggettiva del richiedente in rapporto al pericolo di essere esposto al rischio di un danno grave in situazione di conflitto armato interno sulla base degli elementi risultanti al momento della decisione circa la situazione interna del paese di provenienza.
4. Ricordato, per vero, che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, prevede che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati” da apprezzarsi segnatamente, secondo quanto già precisato da questa Corte con riferimento alle specifiche circostanze di fatto rapportate dal richiedente, l’impugnata decisione si rivela sotto il denunciato profilo oggettivamente viziata, posto che il decidente ha inteso escludere che la situazione del paese di provenienza del ricorrente versasse nelle condizioni richieste dalla norma ai fini della concessione della protezione internazionale sul presupposto del “progressivo miglioramento delle condizioni di sicurezza del Paese”, facendo generico riferimento “ai più recenti rapporti informativi”, senza, tuttavia, null’altro aggiungere circa le fonti di provenienza, l’epoca di redazione, la specificità dei contenuti di essi, e quindi in difetto di ogni indicazione che ne permetta di verificarne l’attendibilità e l’afferenza rispetto ad una realtà locale caratterizzata, più in generale, da estrema instabilità politica e da crescenti manifestazioni di violenza diffusa, anche di matrice terroristica, tanto più che, come documenta il ricorrente, anche l’area da cui egli proviene, non pare del tutto immune da detti fenomeni.
5. Ne risulta perciò che lo sfavorevole giudizio enunciato al riguardo dal decidente non riposa su una valutazione debitamente motivata dal riscontro di elementi di concreta conferenza rispetto alla situazione esaminata e si pone, quindi, in urto con il criterio di attualità prescritto dalla norma di riferimento, giustificando perciò la cassazione di esso che andrà necessariamente pronunciata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di L’Aquila che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019