Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza Interlocutoria n.15820 del 12/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 18404/2018 proposto da:

R.R., elettivamente domiciliato in Roma Viale Manzoni, 81 presso lo studio dell’avvocato Giudice Emanuele che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 238/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/05/2019 dal Dott. SCORDAMAGLIA IRENE.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza pubblicata il 17 gennaio 2018, ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano del 7 ottobre 2016, che aveva respinto il ricorso presentato da R.R., cittadino del Bangladesh, contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale, sub specie di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, e, in subordine, della protezione umanitaria.

A motivo della decisione la Corte territoriale ha rilevato come non ricorressero i presupposti di nessuna delle misure tutorie invocate. In particolare, quanto alla protezione umanitaria (la sola oggetto dei motivi di ricorso per cassazione), ha osservato che, pur a volere riconoscere la situazione allegata di significativa compromissione dei diritti umani nel Paese di origine, in ragione dell’assenza di un livello minimo di vita dignitosa, non fosse stata, comunque, raggiunta la prova di una proficua e strutturata integrazione sociale nel territorio dello Stato, posto che non poteva dirsi che il richiedente svolgesse un’effettiva e regolare attività lavorativa in Italia; paese del quale non si era neppure curato di apprendere la lingua.

2. Il ricorso per cassazione consta di due motivi, che denunciano:

I. il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, posto che l’estrema indigenza economica allegata dal ricorrente – che nel suo paese aveva subito, oltre alla distruzione della propria casa, la perdita dei più stretti congiunti e maltrattamenti da parte di familiari costituisce ragione tale da integrare i seri motivi umanitari, atteso che l’aspirazione ad un livello di vita dignitosa costituisce diritto umano fondamentale, il quale sarebbe certamente conculcato, in caso di rimpatrio del richiedente, anche a cagione dell’instabilità politico-sociale esistente in Bangladesh;

II. il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo la Corte territoriale omesso sostanzialmente di prendere in considerazione il profilo dell’integrazione socio-lavorativa proficuamente avviata dal richiedente la protezione umanitaria.

3. L’intimato Ministero dell’Interno non si è costituito in giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Occorre prendere atto che i motivi di ricorso sottopongono allo scrutinio della Corte la questione della rilevanza dell’integrazione socio-lavorativa dello straniero nel territorio dello Stato ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19: apprezzamento da compiersi anche attraverso una valutazione comparativa rispetto alla situazione esistente nel Paese di origine.

2. La questione indicata è stata, tuttavia, rimessa al Primo Presidente di questa Corte per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria n. 11749 del 12 aprile 2010, depositata in data 3 maggio 2019.

3. Ne viene che, considerato il ruolo nomofilattico della Corte di cassazione e l’interesse alla salvaguardia della stabilità giurisprudenziale di cui all’art. 374 codice di rito, si impone il rinvio a nuovo ruolo della trattazione del ricorso.

P.Q.M.

Rinvia a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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