LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16459/2018 proposto da:
K.S., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Lombardo Odovilio, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 803/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, del 20/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2019 dal cons. Dott. TRIA LUCIA.
RILEVATO
CHE:
1. la Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 20 marzo 2018, rigetta l’appello del cittadino del ***** K.S. avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna di rigetto dell’opposizione dell’interessato avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la sua domanda di protezione internazionale escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);
2. la Corte d’appello, per quel che qui interessa, precisa che:
a) davanti alla Commissione territoriale il richiedente ha narrato di essere muratore e che nel 2013 un signore di ***** gli aveva chiesto di costruire una casa, ma durante la costruzione una parte dell’edificio era crollato a causa del terreno paludoso pertanto egli aveva proposto al committente di pagare il 50% dei lavori di bonifica e, al suo rifiuto, era iniziata una rissa che era stata sedata dai passanti, ma il committente aveva minacciato di farlo arrestare in quanto era potente, cioè responsabile nel villaggio di *****. Alle sette di mattina del giorno successivo era arrivata la polizia che lo aveva arrestato accusandolo di aver preso soldi per costruire una casa senza portarla a termine; dopo due settimane era stato rilasciato su cauzione pagata da un vicino di casa e, una volta libero, era scappato. Temeva però che in caso di rientro nel Paese d’origine potesse essere imprigionato a vita;
b) la Commissione ha negato la protezione considerando inverosimile che un costruttore avesse accettato di costruire un edificio su un terreno paludoso e che il committente avesse potuto fare arrestare K.S. in una diversa città il giorno seguente a quello del riferito litigio;
c) in giudizio, il ricorrente ha modificato il suo racconto sul punto dicendo che gli era stata commissionata la sistemazione di una casa che, però, con l’arrivo della stagione delle piogge, aveva subito un allagamento;
d) le due versioni narrate sono tra loro molto diverse anche con riguardo alle ipotetiche responsabilità ascrivibili al richiedente e, riferendosi al fulcro del suo racconto, concernono circostanze destinate a rimanere impresse nella memoria cosa che, nella specie, non si è riscontrata;
e) anche per tali contraddizioni il primo Giudice ha ritenuto inattendibili le dichiarazioni del ricorrente;
f) nell’atto d’appello si sostiene che tale valutazione sarebbe basata su considerazioni erronee, perchè invece dalle suindicate dichiarazioni emergerebbe il reale il rischio per il ricorrente di essere incarcerato per le accuse del committente ed anche per essersi allontanato dopo aver ottenuto la libertà dietro cauzione;
g) a ciò si aggiunge che il COI Report 2013-2014 descrive come corrotto, violento e arbitrario il comportamento della polizia del *****, sicchè il paventato rischio che il ricorrente potrebbe correre in caso di rientro in ***** sarebbe reale e giustificherebbe il riconoscimento della protezione sussidiaria o quanto meno l’affermazione dei presupposti per la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari anche per la provenienza dalla ***** e per il lungo periodo trascorso fuori dal *****;
h) peraltro, sulla base dello scrutinio fondato sui criteri tipizzati dalla normativa che impongono una valutazione d’insieme della credibilità del richiedente, fondata su un esame comparativo e complessivo degli elementi di affidabilità e di quelli critici (Cass. n. 8282/2013), il suddetto giudizio di inattendibilità deve essere confermato in quanto non risulta che il richiedente – di cui non può dirsi accertata neppure la provenienza – abbia fatto il prescritto “ragionevole sforzo” per circostanziare la propria domanda e presentare, appena disponibili, tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la richiesta;
i) ne risulta che non sono emersi gli elementi richiesti per lo status di rifugiato e neppure per la protezione sussidiaria;
I) d’altra parte, la provenienza dalla ***** non può giustificare ex se la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari;
m) infine, essendo emersa la mancanza del requisito di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 126, comma 1, u.p., con separato decreto si provvederà a revocare l’ammissione di K.S. al patrocinio a spese dello Stato, deliberata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna;
n) di conseguenza il ricorrente va condannato alle spese dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
3. il ricorso di K.S. domanda la cassazione della suddetta sentenza per due motivi; il Ministero dell’Interno non svolge attività difensiva in questa sede.
CONSIDERATO
CHE:
Sintesi dei motivi.
1. il ricorso è articolato in due motivi;
2. con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, in special modo del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e dell’art. 5 stesso decreto, contenenti la disciplina sul riconoscimento del diritto al permesso per ragioni umanitarie, in applicazione del diritto di asilo previsto dall’art. 10 Cost., comma 3;
2.1. si sostiene che viola “un principio di diritto” il giudice che riconosce irrilevante ai fini della concessione di un permesso umanitario la sussistenza di una situazione di vulnerabilità, seppur temporanea, causata dal pericolo di rimpatrio di fronte ad emergenze umanitarie, anche di carattere socio-economico, considerando anche che, nel caso di specie, le condizioni individuali e soggettive di vulnerabilità riguardano la possibile perdita di garanzie costituzionali relative a diritti umani come il diritto al soggiorno e altri diritti da esso derivati di rilevanza costituzionale;
2.2. sostanzialmente la Corte d’appello non ha concesso la protezione umanitaria interpretando male la situazione di vulnerabilità di K., che pur emergeva dai fatti riferiti dal ricorrente, ritenendo irrilevante dal punto di vista costituzionale – e quindi non meritevole di protezione – una situazione che per qualsiasi causa costringa ragionevolmente una persona umana a rientrare nel proprio Paese, mentre obbiettivamente la persona corre un grave pericolo alla propria incolumità o per malattia o tutela dell’unità familiare o perchè discriminato o perchè comunque per qualsiasi situazione anche personale corre il pericolo di vedere compromessi i diritti della persona umana;
3. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame del fatto decisivo rappresentato dalla situazione creatasi in ***** e quindi l’omessa considerazione della situazione di vulnerabilità evincibile dalle dichiarazioni del ricorrente che verrebbe ad acuirsi nel caso di immediato rimpatrio, con difficoltà di sopravvivenza, dovuta al fatto non contestabile che si troverebbe senza lavoro e senza mezzi di sussistenza;
Esame dei motivi.
4. l’esame dei motivi di censura porta al rigetto del primo motivo e alla dichiarazione di inammissibilità del secondo motivo;
5. il primo motivo è infondato in quanto con esso si sostiene che – diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello – il ricorrente avrebbe pieno diritto ad ottenere almeno la protezione umanitaria, perchè tale forma di protezione sarebbe costituzionalmente riconosciuta per la tutela della vulnerabilità economica o personale degli immigrati per qualsiasi causa, onde garantire la sopravvivenza dell’individuo sia per motivi economici sia per la propria incolumità o per malattia o a tutela dell’unità familiare o perchè discriminato;
5.1. tuttavia, da un lato, non si contestano efficacemente – e nel rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione – le argomentazioni della Corte territoriale poste a base del rigetto della protezione umanitaria e della conseguente esclusione di una condizione di vulnerabilità per motivi personali o di salute e anche con riguardo alla situazione tranquilla della città di origine, nè si dimostra che tali argomentazioni non trovino riscontro nelle allegazioni del ricorrente al riguardo e neppure si sostiene che al medesimo fine siano stati allegati elementi di integrazione sociale;
5.2. dall’altro lato, non si considera che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, – oggi regolato dalla nuova disciplina introdotta dal D.L. n. 113 del 2018 – al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, presuppone una specifica valutazione della situazione soggettiva ed oggettiva con riguardo al livello di integrazione raggiunto nel Paese di accoglienza in rapporto al livello di privazione nella tutela dei diritti umani che potrebbe subire in caso di rimpatrio;
5.3. perchè il giudice possa procedere ad una simile verifica, eventualmente anche esercitando i propri poteri istruttori officiosi, è necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei allo scopo riferiti specificamente alla singola fattispecie concreta;
5.4. nè, d’altra parte, l’allegazione da parte del richiedente di essere transitato per un Paese (nella specie la *****) nel quale si consuma un’incisiva e ampia violazione dei diritti umani può, di per sè, rilevare ai fini della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari (così come per la protezione internazionale), se non sia evidenziato quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese ed il contenuto della domanda (vedi, per tutte: Cass. n. 2861/2018);
5.5. infatti, ai fini della protezione internazionale (e della protezione umanitaria) le diverse valutazioni – rispettivamente, di rischio persecutorio o del danno grave oppure di vulnerabilità individuale – vanno riferite alla situazione del richiedente in caso di rimpatrio nel Paese di origine ovvero nella dimora abituale (per gli apolidi), mentre il Paese di transito può rilevare (ai sensi dell’art. 4 della direttiva 2008/115/CE) per effetto di eventuali accordi UE o bilaterali tra uno Stato membro UE e lo Stato terzo interessato (Cass. n. 31676/2018);
5.6. nella specie dalla sentenza impugnata non risulta che il richiedente abbia proceduto alle indicate allegazioni e certamente le generiche affermazioni contenute nel ricorso, a proposito della “tutela della vulnerabilità economica o personale degli immigrati per qualsiasi causa”, risultano del tutto inadeguate ai suddetti fini;
5.7. di qui il rigetto del primo motivo;
6. il secondo motivo va, invece, dichiarato inammissibile perchè in base all’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis – la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). Evenienze che qui non si verificano;
Conclusioni:
7. in sintesi il primo motivo di ricorso non è fondato e il secondo è inammissibile, sicchè il ricorso va nel complesso respinto;
8. nulla si deve disporre per le spese del presente giudizio di cassazione, essendo il Ministero dell’Interno rimasto intimato;
9. si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 2 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 10 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019