LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DEL CORE Sergio – Presidente –
Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. PERINU Renato – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21262-2012 proposto da:
OROMOBIL SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FISCHIONI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI FERRAJOLI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BERGAMO in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione –
avverso la sentenza n. 110/2011 della COMM. TRIB. REG. di MILANO, depositata il 02/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/01/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.
RILEVATO
che:
La Oromobil s.r.l. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 110/14/2011, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano il 2.12.2011, con cui, confermando la pronuncia di primo grado, era accolto solo in parte il ricorso introduttivo della contribuente.
Ha rappresentato di aver ricevuto notifica di tre avvisi di accertamento, relativi agli anni d’imposta 2004, 2005 e 2006, con i quali erano rideterminati i redditi ai fini Irpef, Irap ed Iva, rispettivamente per l’importo di Euro 20.952,64, Euro 66.059,58, Euro 17.786,80.
Gli atti impositivi trovavano origine nel processo verbale di constatazione redatto dalla GdF a seguito di verifica fiscale eseguita presso la società Siloma s.r.l., cui era imputata l’omessa contabilizzazione o la sottofatturazione di operazioni imponibili eseguite in favore della Oromobil. L’Agenzia delle Entrate aveva pertanto elevato anche nei confronti della cessionaria gli avvisi di accertamento per omessa autofatturazione di operazioni imponibili e per omessa contabilizzazione di ricavi, sull’assunto dell’acquisto e della vendita di merce “in nero”.
Nonostante la Siloma avesse definito con l’Agenzia la propria posizione, ottenendo la riduzione di circa il 75% dell’accertato con riguardo ai periodi 2004 e 2005, e l’integrale annullamento dell’atto impositivo relativo al 2006, l’Ufficio aveva insistito nelle pretese nei riguardi della Oromobil.
Introdotto il giudizio dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo, con sentenza n. 159/01/09 il giudice di primo grado aveva accolto solo parzialmente il ricorso.
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, adita dalla società, con la sentenza ora al vaglio della Corte aveva confermato la decisione appellata.
La contribuente censura la pronuncia con cinque motivi:
con il primo per nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver omesso la decisione sui vizi denunciati con l’atto d’appello;
con il secondo per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver violato le regole sul governo delle prove;
con il terzo per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., per non aver tenuto conto che l’accertamento era fondato su documentazione mai allegata agli atti del procedimento di accertamento e neppure versata agli atti del processo;
con il quarto per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ignorato le regole sull’onere della prova e sulla rilevanza della prova presuntiva;
con il quinto per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, mancando una pronuncia sulla richiesta di annullamento della pretesa fiscale relativa all’Iva, non dovuta.
Ha chiesto pertanto la cassazione della sentenza, con ogni conseguente statuizione.
L’Amministrazione si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
Il primo motivo, con il quale la società lamenta la nullità della sentenza per aver omesso di decidere sui vizi denunciati con l’atto d’appello, è fondato e trova accoglimento.
La pronuncia, dopo aver riportato i motivi d’appello e le difese dell’Ufficio, rigetta l’impugnazione con la seguente motivazione: “Dal processo verbale di constatazione risulta che sono stati reperiti atti comprovanti vendite da parte della Siloma Srl nei confronti della OROMOBIL SRL come risultano comprovate dal prospetto analitico delle cessioni (allegato n. 1) – piani di carico relativi alla gestione produttiva degli ordini conseguenti alle transazioni commerciali intercorse tra le parti (allegato n. 2) conferme d’ordine elaborate dalla verificata a seguito delle commesse pervenute dalla controparte (allegato n. 3) – stralcio del prospetto afferente ai documenti di trasporto emessi dalla SILOMA Srl (allegato n. 4).”.
Nella sentenza sono riportati i motivi d’appello, e tuttavia essa oblitera le ragioni d’impugnazione in ordine alle critiche sollevate dalla società sulle argomentazioni utilizzate dal giudice di primo grado, sulle omissioni motivazionali, sui denunciati vizi di motivazione e sulle nullità dell’atto impositivo, carente dei presupposti accertativi e privo dell’allegazione dei documenti posti a suo fondamento, che -secondo la prospettazione della ricorrente- non sono stati mai trasmessi alla contribuente, nè riportati almeno per stralcio nell’atto medesimo.
La decisione si presenta come solo apparentemente motivata.
Questa Corte ha affermato che la sentenza è nulla per mancanza, sotto il profilo sia formale che sostanziale, del requisito di cui all’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, quando la motivazione si limiti a dichiarare sufficienti tanto i motivi esposti nell’atto che ha veicolato la domanda accolta, quanto non meglio individuati documenti ed atti, senza neppure riprodurre le parti idonee a giustificare la valutazione espressa, nè indicare la ragione giuridica o fattuale che il giudice abbia ritenuto di condividere. Anche la mera acritica adesione ad un atto, sia esso quello d’impugnazione, sia la stessa sentenza appellata condivisa, senza indicazione nè della tesi in esso sostenuta, nè delle ragioni di condivisione, è affetta da nullità processuale (Cass., sent. n. 7402/2017; Cass., sent. n. 20648/2015).
Sussiste infatti l’apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonchè quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento (con riferimento all’ipotesi della conferma della sentenza impugnata, cfr. Cass., sent. 14786/2016).
Nel caso di specie la motivazione della sentenza si compone di sei righi, nei quali si afferma che sono statì reperiti (presso la cedente Siloma) atti comprovanti le vendite di beni alla Oromobil (cessionaria), elencando una serie di documenti da cui, senza alcuno specifico chiarimento, troverebbero conferma le risultanze dell’accertamento. Sennonchè tale elencazione non è seguita da alcun concreto riferimento agli specifici contenuti, e soprattutto non è data alcuna risposta ai motivi di appello. Tra questi in particolare vi erano censure sulla inadeguatezza della motivazione della decisione del giudice di primo grado, e contestazioni sui vizi dello stesso atto impositivo, in ordine alla violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, per mancata allegazione dei documenti cui l’avviso di accertamento faceva riferimento. Non emergono valutazioni in ordine alle suddette censure, così come la sentenza resta silente sulle critiche indirizzate dalla contribuente alla decisione di primo grado che si era limitata a ridurre l’importo della pretesa erariale semplicemente rinviando per relationem agli esiti dell’accordo per adesione intervenuto tra l’Amministrazione finanziaria e la società Siloma.
L’elencazione di documenti non altrimenti identificati, il cui contenuto resta del tutto ignoto, e l’assenza di argomentazioni atte anche solo formalmente a rispondere ai motivi d’appello, evidenziano la mera apparenza della motivazione, che impedisce in radice un controllo, sul piano logico e giuridico, del ragionamento seguito dal giudice del gravame.
In conclusione la sentenza impugnata è nulla ed il primo motivo di ricorso trova accoglimento.
L’accoglimento del primo motivo assorbe gli altri.
Considerato che:
La sentenza va cassata perchè nulla, e la causa va rinviata alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che, in diversa composizione, deciderà sulla controversia oltre che sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che deciderà in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019
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