LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21598/2018 proposto da:
O.K.N., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Perozzi Cristina, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi 12, Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, del 13/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/03/2019 dal Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con decreto n. 7294/2018 pubblicato il 13-6-2018, il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso di O.K.N., cittadino del Ghana, avente ad oggetto, in via gradata, il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione internazionale, sussidiaria o, in subordine, umanitaria. Esaminando nel merito le domande, il Tribunale ha ritenuto che i fatti narrati dal richiedente, anche laddove credibili, riguardassero vicende di vita privata e di giustizia comune, avendo egli rappresentato il timore, privo di riscontri, delle conseguenze derivanti dal non avere onorato un debito contratto per l’apertura di un negozio di telefoni cellulari. Il Tribunale ha quindi escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria. Neppure ha ritenuto sussistere i presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, avuto riguardo anche alla situazione generale e politico-economica del Ghana, descritta dettagliatamente nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DIIECISIONE 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “Violazione art. 112 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, comma 4. Difetto di motivazione” e lamenta la mancata traduzione della decisione della Commissione Territoriale e del decreto del Tribunale, incomprensibile al ricorrente e dovuta per legge.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “Violazione art. 112 D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 11-17, art. 2 Cost., art. 10 Cost., comma 3. Difetto di motivazione” e lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “Violazione art. 353 c.p.c., art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11-17. Violazione D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Difetto di motivazione” e lamenta la mancata concessione della protezione umanitaria.
4. Con il quarto motivo (indicato in ricorso come primo) lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e del principio convenzionale internazionale del divieto di non refoulement, oltre che la violazione delle norme costituzionali e CEDU in ordine al diritto ad un processo giusto ed effettivo.
5. Col quinto motivo (indicato in ricorso come secondo) il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del provvedimento impugnato per omessa pronuncia e, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa od insufficiente motivazione, attesa la natura meramente apparente e tautologica di quella versata nel provvedimento impugnato.
6. Con il sesto motivo (indicato in ricorso come terzo) il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione lamentando che erroneamente il Tribunale ha ritenuto insussistenti le condizioni per la concessione del permesso umanitario.
Nell’illustrare congiuntamente i motivi di ricorso, osserva il ricorrente che compete all’autorità giudiziaria, adita con l’opposizione D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, riesaminare integralmente la domanda presentata in via amministrativa e vagliare la sussistenza della reale situazione esistente in Ghana, dove permane una condizione di grave lesione dei diritti umani, come da rapporto dell’Unità Coi datato 20-9-2017. Deduce di aver subito violenze e torture in Libia, come mostrato dalle foto in atti. Ad avviso del ricorrente la ricostruzione del Tribunale è contraddittoria e non corrispondente al vero, atteso che come riconosciuto da vari tribunali italiani l’e attuali condizioni sociali, politiche ed economiche del Ghana sono rappresentate come gravemente preoccupanti, anche in riferimento alle condizioni carcerarie deplorevoli ed all’organizzazione, del tutto carente, del sistema giudiziario e sanitario. Richiama il rapporto del dipartimento di Stato americano sulla condizione dei diritti umani in Ghana nel 2016, nonchè numerose sentenze di merito con le quali è stata riconosciuta la protezione umanitaria a cittadini del Ghana e l’ordinanza di questa Corte n. 14700/2017 in tema di centralità del dovere di cooperazione istruttoria del giudice. Rimarca il ricorrente che la sua condizione attuale è di particolare fragilità, data la sua giovane età, e lamenta la mancata considerazione, da parte del Tribunale, del percorso sociale intrapreso apprendendo la lingua italiana, della sua dedizione al lavoro e del suo titolo di studio di ingegnere.
7. In via preliminare rileva questa Corte che il primo motivo è inammissibile poichè non è illustrata nel ricorso la corrispondente censura, concernente la mancata traduzione della decisione della Commissione Territoriale e del decreto del Tribunale.
8. Anche tutti gli altri motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.
8.1. Questa Corte ha chiarito che “il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (Cass. ord. n. 3340/2019). Inoltre, anche in tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018). La giurisprudenza di questa Corte ha infine precisato che “La protezione umanitaria, nel regime vigente “ratione temporis”, tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di ” estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico” (Cass. ord. N. 3681/2019).
8.2. Il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, avuto riguardo alla situazione generaie del Ghana, attraverso il richiamo alle disposizioni disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto all’insicurezza del Paese di origine ed alla compromissione di diritti fondamentali, difforme da quella accertata dal Collegio di primo grado.
Il Tribunale, richiamando specifiche fonti di conoscenza (COI del 2912-2016 e del settembre 2017, report EASO del 18-5-2017 e vari siti internet – pag. 5, 6 e 7 decreto impugnato), ha escluso che la zona di provenienza del ricorrente sia caratterizzata da violenza diffusa e indiscriminata o da conflitti armati e il ricorrente non censura specificamente la descrizione della situazione del Ghana di cui al decreto impugnato e neppure la valutazione di irrilevanza complessiva, ai fini del riconoscimento delle misure di protezione richieste, delle vicende narrate.
Le suddette valutazioni costituiscono apprezzamenti di fatto rimessi al giudice del merito e sono sindacabili solo mediante il paradigma del vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti o come anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante.
Per quanto si è detto la motivazione del decreto impugnato è sorretta da un contenuto non inferiore al minimo costituzionale, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. n. 8053/2014 e tra le tante da ultimo Cass. n. 22598/2018), così da sottrarsi al sindacato di legittimità della stessa ed alla conseguente valutazione di “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante”.
8.3. Quanto alla doglianza sul mancato esercizio dei poteri istruttori officiosi, il Tribunale ha compiutamente esercitato il suo potere-dovere di cooperazione istruttoria, richiamando le fonti di conoscenza che hanno escluso che la zona di provenienza del ricorrente sia caratterizzata da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.
8.4. In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono, l’esistenza di una situazione di particolare vulnerabilità del ricorrente, il quale si è limitato a dedurre che giustificano il riconoscimento della suddetta protezione la sua giovane età, le sofferenze psicologiche subite per arrivare in Italia, la sua dedizione al lavoro ed il suo titolo di studio di ingegnere. All’accertamento compiuto dal Tribunale viene inammissibilmente contrapposta una diversa e del tutto generica interpretazione delle risultanze di causa.
9. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
10. Poichè il ricorrente non è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.
Dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.
Così deciso in Roma, il 29 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019