LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19328/2018 proposto da:
T.V., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Giacci Giovanni, giusta procura in calce la ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Salerno, sezione di Campobasso;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il 10/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/03/2019 dal Consigliere Dott. Paola VELLA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto CARDINO, che ha chiesto dichiararsi improcedibile ovvero rigettarsi il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Campobasso ha rigettato il ricorso proposto dal cittadino nigeriano T.V. avverso il diniego della protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria da parte della competente Commissione Territoriale.
2. Avverso detto decreto il T. ha proposto due motivi di ricorso per cassazione; l’intimato Ministero non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Con il primo motivo si lamenta promiscuamente l’omessa pronuncia su un motivo di ricorso, l’omesso esame di un fatto decisivo, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, artt. 25 e 32, nonchè il vizio di motivazione sulla credibilità delle dichiarazioni del ricorrente e sulla omessa attivazione dei “doveri informativi officiosi”.
4. Con il secondo mezzo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, con riguardo ai presupposti della protezione umanitaria.
5. Prima ancora dei profili di inammissibilità che inficiano i motivi del ricorso – in quanto generici, promiscui e afferenti valutazioni di merito – va accolto il rilievo di improcedibilità del ricorso formulato nelle conclusioni scritte della Procura generale, per mancanza di una valida attestazione di conformità della copia analogica all’originale del ricorso notificato telematicamente, stante il difetto di sottoscrizione autografa del difensore del ricorrente, cui non è stato possibile sopperire aliunde, in mancanza di costituzione del Ministero intimato.
6. Invero, questa Corte ha affermato che, “in tema di giudizio per cassazione, ove il ricorso predisposto in originale digitale e sottoscritto con firma digitale sia notificato in via telematica, ai fini della prova della tempestività della notificazione del ricorso, è onere del controricorrente disconoscere, ai sensi della disciplina di cui al D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23, comma 2, la conformità agli originali dei messaggi di PEC e della relata di notificazione depositati in copia analogica non autenticata dal ricorrente” (Cass. Sez. U, 22438/2018; conf. Cass. 27480/2018); tale onere presuppone però la costituzione del controricorrente, nel caso di specie non avvenuta.
7. Ancor più recentemente, questa Corte ha avuto modo di precisare, in fattispecie analoghe, che: I) ai fini della verifica d’ufficio della tempestività del ricorso per cassazione il ricorrente è tenuto al deposito della decisione comunicatagli a mezzo PEC (nel suo testo integrale) a cura della cancelleria; II) ai diversi fini della procedibilità del ricorso è necessario che la decisione sia autenticata; III) tuttavia, il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata che sia stata: i) predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, della L. n. 53 del 1994; ii) sottoscritta con firma autografa e inserita nel fascicolo informatico, priva di attestazione di conformità del difensore; iii) redatta in formato elettronico, sottoscritta digitalmente e necessariamente inserita nel fascicolo informatico, priva di attestazione di conformità del difensore del D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16 bis, comma 9 bis, convertito dalla L. n. 221 del 2012 – oppure, in tutti i casi indicati, con attestazione priva di sottoscrizione autografa – non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca (D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2) la conformità della copia informale all’originale; IV) nell’ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in Camera di consiglio (Cass. Sez. U, 25/03/2019 n. 8312).
8. Dagli esposti rilievi segue la declaratoria di improcedibilità del ricorso, senza tuttavia alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese del Ministero intimato.
P.Q.M.
Dichiara improcedibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 29 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019