Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.17322 del 27/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20677/2018 proposto da:

O.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Falconieri n. 55, presso lo studio dell’avvocato Cucina Augusta Massima che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno; Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Bologna – Sezione Forlì Cesena;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, del 29/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/03/2019 dal Consigliere Dott. Paola VELLA.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Bologna ha rigettato il ricorso del cittadino nigeriano O.F. contro il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o in subordine di quella umanitaria, in ragione, rispettivamente, della non attendibilità del richiedente in merito al denunziato conflitto tribale tra la propria comunità ***** e la comunità di *****, dell’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato nel Paese d’origine e del mancato riscontro di serie e gravi condizioni di vulnerabilità, non integrando lo studio della lingua italiana e lo svolgimento di attività di volontariato un radicamento sul territorio tale da sconsigliare il rientro nel Paese di origine.

2. Avverso detta decisione Famous ha proposto tre motivi di ricorso. Le parti intimate non hanno svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo – rubricato testualmente “illegittimità del provvedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e). I fatti narrati integrano il rischio di grave danno come definito dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b). Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio. Motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria” – si deduce che “risultano non sorrette da logico ragionamento le ragioni del rifiuto” quanto ad inattendibilità del richiedente e non credibilità del suo racconto.

4. Con il secondo mezzo – rubricato testualmente “illegittimità del decreto ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 10, 13 e 27 e all’art. 16 della direttiva Europea n. 2012/32UE. 8. Violazione di legge in riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed all’art. 46 della direttiva Europea n. 2013/32. Violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria” – si lamenta “la omessa considerazione e acquisizione di informazioni sulla situazione giudiziaria e carceraria del Sig. O. cui il ricorrente ha fatto riferimento e con riguardo alla sua vicenda personale” e si segnalano, in merito alla rilevata incapacità del ricorrente di dettagliare quanto asserito, la sua giovane età, la scarsa scolarizzazione, il contesto in cui è stato interrogato e il timore di rappresaglie da parte dei suoi connazionali presenti in Italia.

5. Il terzo motivo – rubricato testualmente “illegittimità del decreto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b)” – segnala alcune fonti che attesterebbero l’esistenza di conflitti, illeciti e soprusi derivanti da società segrete e culti presenti nel territorio nigeriano, a riscontro delle dichiarazioni rese dal ricorrente, unitamente alle cicatrici presenti sul suo tronco esibite nel corso dell’audizione da parte del tribunale.

6. Tutti i motivi sono affetti da inammissibilità perchè generici ed afferenti a questioni di merito.

7. Inoltre, le censure motivazionali – otre ad essere formulate promiscuamente con le denunziate violazioni di legge – non rispettano il paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (come riformulato ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis), il quale contempla l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo per l’esito della controversia, ai cui fini il ricorrente è onerato di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 07/04/2014 n. 8503; conf., ex plurimis, Cass. 29/10/2018 n. 27415).

8. Quanto poi al giudizio di inattendibilità del richiedente formulato dal tribunale, esso integra un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – chiamato a valutare se le sua dichiarazioni siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) – e tale valutazione è appunto censurabile in cassazione nei ristretti limiti del vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 05/02/2019, n. 3340), come detto non osservati nel caso di specie.

9. Sotto il profilo della cd. cooperazione istruttoria, tramite ricorso alle cd. COI (Country of Origin Informations), il giudice a quo ha chiaramente indicato numerosi fonti, “fra le più recenti ed accreditate”, in base alle quali ha escluso l’esistenza in Nigeria – ed in particolare nel Delta State, regione di provenienza del ricorrente di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, idonea a esporre la popolazione civile ad un grave pericolo per la vita o l’incolumità fisica per il solo fatto di essere presente sul territorio, restando circoscritta l’area critica, “sia sotto il profilo della sicurezza sia sotto quella dell’emergenza umanitaria, agli Stati di Norno, Yobe e Adamawa, oltre alle regioni limitrofe”.

10. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in mancanza di difese delle parti intimate.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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