Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.17323 del 27/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20692/2018 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Carlo Dossi n. 45, presso lo studio dell’avvocato Facilla Giovanni Maria che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, del 18/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/03/2019 dal Cons. Dott. VELLA PAOLA;

lette le conclusioni scritte dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto che codesta Corte di Cassazione voglia rigettare il ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Napoli ha rigettato il ricorso del cittadino nigeriano A.F. avverso il diniego della Commissione territoriale di Caserta riguardo al riconoscimento “dello status di rifugiato ai sensi e per gli effetti della Convenzione di Ginevra del 1951 o quanto meno del permesso di soggiorno per diritti umanitari”, ritenendo non credibili le dichiarazioni del ricorrente, insussistente una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato nel Paese d’origine (ed in particolare nella regione di Edo State) ed assenti specifici elementi di vulnerabilità.

2. Avverso detta decisione l’ A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui il Ministero intimato ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11, con riguardo alla mancata fissazione dell’udienza di comparizione.

4. Con il secondo mezzo si lamenta la “erronea e parziale valutazione dei fatti dichiarati dal ricorrente”, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

5. Preliminarmente all’esame delle suddette censure, va rilevata la nullità della procura, per difetto di specificità.

6. Essa risulta infatti rilasciata su un modulo del tutto generico che contempla la difesa “in ogni stato e grado del presente giudizio, ivi compresa la fase dell’esecuzione” – spillato al ricorso e privo di qualsivoglia riferimento al provvedimento impugnato, oltre che dell’elezione di domicilio e, soprattutto, della data di sottoscrizione.

7. Invero, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13 (così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), nello stabilire che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”, pone un onere ancor più gravoso rispetto all’ordinario requisito di specialità della procura per il ricorso per cassazione, che ai sensi dell’art. 83 c.p.c., impone, a pena di inammissibilità, “che la procura sia conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso, che investa il difensore espressamente del potere di proporre quest’ultimo e che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell’impugnazione” (Cass. 7014/2017, 24422/2016);

8. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna alle spese in favore del controricorrente.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, art. 1, comma 17.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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