Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.17326 del 27/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 800/2018 proposto da:

I.F. alias D.F., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Fraternale Antonio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1529/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, del 19/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/04/2019 dal Cons. Dott. PAOLA GHINOY.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Ancona accoglieva il ricorso proposto da D.F. avverso il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale di *****, sede di ***** e riconosceva al richiedente, di origine nigeriana, la protezione sussidiaria, considerandone integrati i presupposti per la riferita persecuzione subita nel paese di provenienza da parte di un soggetto privato.

2. La Corte d’appello di Ancona riformava l’ordinanza del Tribunale e rigettava la domanda di D.F..

3. La Corte argomentava che, anche ritenendo veri i fatti narrati dall’appellato, tuttavia non risultavano integrati i presupposti per l’ottenimento della protezione sussidiaria, in quanto secondo la stessa narrazione del richiedente la polizia locale in riferimento alla subita aggressione gli aveva assicurato protezione.

4. Neppure sussistevano i presupposti per la richiesta protezione umanitaria, non essendo neppure dedotta un’ avvenuta parziale integrazione od uno stabile rapporto di lavoro, nè la situazione di provenienza dell’istante risultava caratterizzata da violenza diffusa ed indiscriminata, nè sussistevano specifiche situazioni di vulnerabilità tali da giustificare la concessione di detta misura.

5. Per la cassazione della sentenza I.F., alias D.F., ha proposto ricorso, affidato ad un unico articolato motivo, cui il Ministero dell’Interno non ha opposto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Il richiedente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 1, lett. c) e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c), con conseguente omesso esame in relazione all’insufficiente protezione da parte dello Stato, nonchè in relazione al fatto che l’operazione chirurgica subita dal ricorrente fosse la conseguenza della grave violazione dei diritti umani (aggressione ed insufficiente protezione da parte delle forze dell’ordine) subita in Nigeria.

7. Sostiene che la protezione fornita dalle forze di polizia – che si erano trattenute nell’ospedale in cui egli era ricoverato per soli quattro giorni – era del tutto inadeguata a fronte della grave aggressione e delle numerose minacce di morte da lui ricevute, considerato anche che il paese di provenienza è caratterizzato da una fortissima corruzione esistente ad ogni livello socio istituzionale.

8. Sostiene che gli eventi così come rappresentati avrebbero dovuto essere sussunti nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 1, lett. c).

9. Inoltre, la Corte territoriale avrebbe errato nell’escludere la presenza di una situazione di vulnerabilità ai fini della protezione umanitaria, in quanto la subita operazione alla gamba presso il nosocomio di Bologna era la diretta conseguenza della grave violazione dei diritti umani subita in Nigeria.

10. Il ricorso è inammissibile.

La Corte territoriale ha escluso la sussistenza della fattispecie prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c) – a mente del quale un grave danno alla vita o alla persona ipotizzabile in danno del richiedente nel caso di rientro nel paese di origine determina il riconoscimento della protezione sussidiaria anche quando responsabili ne siano soggetti non statuali, ma lo Stato o i partiti e le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del loro territorio o le organizzazioni internazionali non possono o non vogliono fornire protezione – sul presupposto che la Polizia locale avesse in concreto fornito protezione.

11. Ha in tal modo compiuto un apprezzamento di fatto in ordine alle condizioni di sicurezza esistenti nella zona di provenienza del richiedente asilo, con motivazione censurabile solo nei limiti delineati dal vigente art. 360 c.p.c., n. 5, ovvero nel caso – qui non ipotizzabile – di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (e cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia, v. Cass. S.U. 07/04/2014, n. 8053 e 8054 e successive conformi). La Corte di merito ha infatti valutato tutte le emergenze valorizzate nel ricorso, in cui si allega, al più, la compatibilità del racconto con la situazione protetta.

12. Nè a diverso risultato può giungersi con riguardo alla lamentata ritenuta insussistenza di una situazione di vulnerabilità idonea a determinare il riconoscimento della protezione umanitaria.

13. A tale proposito, infatti, la Corte di merito ha ritenuto che il fatti narrati dal richiedente non fossero tali da configurare una grave violazione dei diritti umani nel Paese di provenienza, nè che sussistesse una specifica situazione di vulnerabilità, non risultandone i presupposti nè con riguardo alla regione di provenienza dell’istante, nè all’integrazione nel nostro Paese, neppure dedotta.

14. Il motivo si pone dunque ancora in funzione contrappositiva rispetto a tale valutazione, senza indicare circostanze di fatto non valutate determinanti in senso contrario emerse in sede di merito, posto che neppure risulta che la riferita operazione alla gamba presso il nosocomio di ***** abbia determinato perduranti problemi di salute.

15. Risulta peraltro irrilevante lo ius superveniens costituito dal D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito nella L. 1 dicembre 2018, n. 132 (Cass. 4890/2019).

16. Segue la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

17. Non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo svolto l’intimato attività difensiva.

18. Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, risultando il richiedente ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto dell’insussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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