LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2036-2014 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO e CARLA D’ALOISIO;
– ricorrenti –
contro
D.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE MEDAGLIE D’ORO 72, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO CIUFO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELE BRUNELLI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 863/2012 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 07/01/2013, R.G.N. 351/2007.
RILEVATO IN FATTO
che:
1. la Corte d’appello di Bologna confermava la sentenza del Tribunale di Parma che aveva accolto l’opposizione proposta da D.C. avverso la cartella esattoriale con la quale le veniva richiesta la contribuzione previdenziale relativa all’iscrizione alla gestione commercianti per gli anni dal 2002 al 2004.
2. La pretesa dell’Inps traeva origine dal verbale ispettivo del 3 febbraio 2003, che aveva accertato che la D., socia e vicepresidente di Kier s.r.l., società che svolgeva consulenza commerciale ed assicurativa in favore di varie imprese, come tale iscritta alla gestione separata, aveva svolto nella società attività di consulenza, in modo abituale e prevalente, insieme al marito, attesa l’assenza di dipendenti.
3. La Corte d’appello argomentava che per il cumulo di posizioni assicurative (iscrizione alla gestione separata e alla gestione commercianti) è necessario che la posizione contributiva in astratto cumulabile possegga i requisiti della disciplina generale ed in particolare, nel caso, l’abitualità e prevalenza richieste dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, nonchè dal successivo comma 208, e quindi che sussista un minimo di continuità ed apprezzabilità efficiente e temporale. Nella specie, ciò non si era verificato, in quanto la D. risiedeva a ***** e si recava a ***** presso la sede della società solo un giorno alla settimana. Aggiungeva che non potevano soccorrere le generiche dichiarazioni raccolte in sede amministrativa, delle quali peraltro in grado d’appello non era stata ribadita la richiesta di prova testimoniale, non emergendo dalle stesse il tipo di attività svolta, se gestoria, ivi inclusi gli aspetti attuativi di natura commerciale e amministrativa quanto ai rapporti con i clienti, o viceversa di natura sostanzialmente impiegatizia ed esecutiva.
4. Per la cassazione della sentenza l’Inps ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso D.C..
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
5. come primo motivo l’Inps deduce l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Lamenta che la Corte territoriale non abbia valorizzato gli accertamenti effettuati in sede ispettiva, che contenevano in particolare le dichiarazioni rese dalla D. e dal marito, costituenti elementi probatori idonei a dimostrare la sussistenza dei presupposti previsti per l’iscrizione alla gestione commercianti.
6. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, così come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. in L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 c.c..
Sostiene che la prevalenza dell’attività posta in essere debba essere valutata sulla base di un giudizio endogeno e non in relazione alla comparazione delle diverse attività iscrivibili alle diverse gestioni.
7. Il primo motivo è inammissibile. La Corte territoriale ha tenuto conto del contenuto del verbale ispettivo e delle dichiarazioni ivi riportate, ritenendole tuttavia insufficienti a fornire la prova dell’abitualità e della prevalenza dell’attività di natura commerciale. Non sussiste quindi l’omesso esame denunciabile in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, nel senso chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014, che deve riguardare un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un profilo giuridico) principale o primario (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria). Il motivo chiede piuttosto un diverso esame della valutazione degli elementi acquisiti, inammissibile in questa sede.
8. Il secondo motivo non è fondato.
Occorre premettere che qualora il socio amministratore di una società a responsabilità limitata partecipi al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, ha l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti, mentre, qualora si limiti ad esercitare l’attività di amministratore, deve essere iscritto alla sola gestione separata, operando le due attività su piani giuridici differenti, in quanto la prima è diretta alla concreta realizzazione dello scopo sociale, attraverso il concorso dell’opera prestata dai soci e dagli altri lavoratori, e la seconda alla esecuzione del contratto di società sulla base di una relazione di immedesimazione organica volta, a seconda della concreta delega, alla partecipazione alle attività di gestione, di impulso e di rappresentanza (v. da ultimo Cass. n. 10426 del 02/05/2018).
9. La Corte di merito non ha posto in dubbio la cumulabilità dell’iscrizione alla gestione commercianti con quella alla gestione separata, ribadendo tuttavia che per la prima occorre che l’attività di natura commerciale rivesta carattere abituale e prevalente.
10. La soluzione ha fatto corretta applicazione della normativa che disciplina la materia. Ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, infatti, l’iscrizione alla gestione commercianti è obbligatoria ove ricorrano congiuntamente i requisiti previsti dalla legge e cioè: la titolarità o gestione di imprese organizzate e/o dirette in prevalenza con il lavoro proprio e dei propri familiari; la piena responsabilità ed i rischi di gestione (unica eccezione proprio per i soci di s.r.l.); la partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; il possesso, ove richiesto da norme e regolamenti per l’esercizio dell’attività propria, di licenze e qualifiche professionali (in tal senso, Cass., n. 5444 del 2013);
11. L’onere di dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi della pretesa impositiva, e dunque dei requisiti congiunti di abitualità e prevalenza, è a carico dell’Inps (cfr. Cass. n. 5763 del 2002; Cass., n. 23600 del 2009). Tali requisiti devono risultare da una comparazione tra l’attività di natura commerciale svolta all’interno della società e le eventuali ulteriori personali attività lavorative svolte (senza considerare quella prestata come amministratore di s.r.l.) applicando un criterio non predeterminato di tempo e di reddito, e non già comparativamente con riferimento a tutti gli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali) dell’impresa (Cass. n. 4440 del 21/02/2017, conf. Cass. n. 19273 del 19/07/2018);
12. questa interpretazione risponde maggiormente alla logica della norma, volta a valorizzare l’elemento del lavoro personale, e, al contempo, ad evitare di restringere l’area di applicazione dell’assicurazione commercianti, lasciando fuori i casi in cui l’attività del socio di s.r.l., ancorchè rilevante ed abituale, non venga ritenuta preponderante rispetto agli altri fattori produttivi;
13. la decisione della Corte territoriale è coerente con i richiamati principi, in quanto l’obbligo contributivo dell’appellata è stato ancorato alla verifica in concreto dello svolgimento da parte di quest’ultima di compiti che esulavano da quelli propri dell’amministratore, ritenendosi poi che la prova dell’abitualità e prevalenza di tali compiti ulteriori non sia stata raggiunta, in ragione del limitato impegno temporale dagli stessi richiesto.
14. Segue coerente il rigetto del ricorso.
15. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
16. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019