Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.18364 del 09/07/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4021-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C. STORE DI C.L. E C. SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 302/2011 della COMM. TRIB. REG. della Campania, depositata il 09/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/01/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.

RILEVATO

che:

Con ricorso in sede tributaria la C. Store di C.L. e & c.srl si opponeva all’invito a pagamento per l’importo di 68128,45 emesso dalla Agenzia Delle Dogane di *****.

La pretesa fiscale connessa all’invito di pagamento traeva origine, secondo l’Agenzia delle Dogane, dal fatto che vi era stata una distorta applicazione del meccanismo dell’Iva all’importazione, non essendo state le merci introdotte nel deposito Iva, in violazione della L. n. 427 del 1993, art. 50 bis.

La commissione provinciale di Napoli accoglieva il ricorso del contribuente.

La Commissione Tributaria Regionale di Napoli, con sentenza n. 302/52/11 su appello dell’Agenzia delle Dogane e nella contumacia dell’appellato, confermava tale decisione, in considerazione delle seguenti circostanze:

1- l’Agenzia delle dogane era incompetente in materia di Iva;

2- la prova circa la mancata introduzione delle merci non era stata in alcun modo data;

3- la semplice stipula del contratto di deposito equivaleva ad introduzione della merce nel deposito iva;

4- L’iva comunque era stata assolta con il sistema della autofatturazione.

Propone ricorso in Cassazione, tramite l’avvocatura dello Stato l’Agenzia delle Dogane, deducendo sei motivi.

Non si costituiva il contribuente.

CONSIDERATO

Che:

In via preliminare va esaminata la questione della ritualità della notifica avendo efficacia dirimente.

La notificazione del ricorso per cassazione alla parte rimasta contumace in appello, secondo la normativa vigente, va effettuata nella residenza o nel domicilio della parte.

Nella specie, la società contribuente non si è costituita in questo grado e nè la prima notifica nè la seconda tentata nella residenza o nel domicilio della parte è andata a buon fine, come si evince dalla documentazione depositata (nella ricevuta di ritorno vi è per la seconda tentata notifica la laconica affermazione “per irreperibilità del destinatario”).

Questa Corte ha precisato che “In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa” (v. Cass. n. 25329 del 2015; Cass. n. 14594 del 2016; Cass. n. 19059 del 2017).

Parte ricorrente non solo non ha dato prova di avere riattivato il processo notificatorio con immediatezza, una volta appreso l’esito negativo della notifica del ricorso per cassazione presso la sede legale della società C. Store di C.L. e & C. srl ma neppure è riuscito ad eseguire la seconda, tentata oltre il trentesimo giorno e cioè 8.3.2013.

Premesso che nel caso deve imputarsi al ricorrente l’errore sul domicilio, visto che neppure è indicata la ricerca tramite visure presso la Camera di Commercio, o tentata la notifica presso il legale rappresentante come prevede l’art. 145 c.p.c.. Era onere della parte interessata prima di eseguire la notifica accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dei pubblici registri, quale fosse l’attuale effettiva sede della società e il domicilio del suo legale rappresentante, con la conseguenza che non può ritenersi giustificato il comportamento tenuto e quindi, essendo il termine lungo scaduto il 24 gennaio 2013, e non potendo la parte conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, il ricorso va dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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