Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23770 del 24/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26950/2017 proposto da:

C.Y., elettivamente domiciliato in Roma, via Crescenzio n. 19, presso lo studio dell’avvocato Pamphili Luigi che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Lamorte Giuditta, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 221/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 03/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/05/2019 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- C.Y., cittadino ivoriano, ha presentato ricorso avanti alla Corte di Appello di Potenza avverso l’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c., del Tribunale di Crotone del 12 ottobre 2015 che, facendo seguito alla decisione assunta dalla Commissione territoriale di Crotone, ha respinto la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure quella relativa al riconoscimento del diritto al permesso per ragioni umanitarie.

Con sentenza depositata il 3 maggio 2017, la Corte territoriale ha respinto l’appello così presentato, rilevando, in particolare, che la narrazione dei fatti esposta dal richiedente si manifesta inverosimile, oltre che composta di enunciati solo generici; che manca l’indicazione di specifici atti di persecuzione riconducibili alla normativa conformativa dello status di rifugiato; che il richiedente è “in realtà fuggito dal proprio Paese per ragioni economiche e di sopravvivenza”; che, quanto alla protezione sussidiaria, le condizioni di cui D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e lett. b), presuppongono “una chiara misura di “individualizzazione”, laddove nulla è emerso in proposito circa la posizione del richiedente; che la situazione attuale del Paese di origine non integra gli estremi di cui all’art. 14, lett. c.); che, in punto di protezione umanitaria, non sono emersi peculiari profili di vulnerabilità del richiedente.

2.- Avverso questa sentenza C.Y. presenta ricorso, articolando sei motivi di cassazione.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese nella presente fase del giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.- Il ricorrente censura la decisione della Corte di Appello: (i) col primo motivo, per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere questa posto alla base della propria decisione (solo) i fatti rappresentati dal richiedente innanzi alla Commissione territoriale e non già quelli riportati nell’atto introduttivo del giudizio avanti al Tribunale; (ii) col secondo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, D.Lgs. n. 25 del 2009, artt. 8 e 27, per avere basato la valutazione di credibilità della narrazione del richiedente su quanto esposto innanzi alla Commissione e non su quanto riportato nell’atto introduttivo del giudizio; (iii), col terzo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8, D.Lgs. n. 25 del 2009, artt. 8 e 27, per non avere la pronuncia tenuto conto, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, degli atti di persecuzione indicati dal richiedente nei suoi atti di difesa giudiziale; (iv) col quarto motivo, per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, non avere esaminato la richiesta di protezione sussidiaria formulata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e lett. b); (v) col quinto motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, per non avere la decisione riconosciuto il diritto del richiedente alla protezione sussidiaria in ragione dell'”attuale situazione di generalizzata e conclamata violenza indiscriminata della Costa d’Avorio”; (vi) col sesto motivo, per violazione della normativa costituzionale, C.E.D.U. e di legge ordinaria vigente in tema di protezione umanitaria.

4.- Suscettibili di esame congiunto, perchè interconnessi, il primo e il secondo motivo di ricorso non possono essere accolti.

Riscontrato in termini generali che la valutazione di credibilità della narrazione compiuta dal ricorrente è sindacabile da questa Corte per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti o per mancanza assoluta di motivazione, ovvero per motivazione perplessa o incomprensibile o apparente (Cass., 5 febbraio 2019, n. 3340), va tuttavia rilevato che i motivi qui esaminati non risultano cogliere la ratio decidendi della pronuncia in questione.

Quest’ultima non ha trascurato la narrazione svolta dal ricorrente in sede di giudizio per considerare solo quella compiuta avanti la Commissione amministrativa, come afferma il ricorrente. L’ha per contro posta al centro del relativo esame di credibilità e verosimiglianza: tale non valutando la narrazione, sia per la misura dello “scostamento… rispetto alla versione originariamente fornita”, sia e soprattutto per l’assenza – in sede appunto di enunciative espresse nel ricorso – di precisazione di “fatti specifici e contesti temporali in cui collocare l’avvenuta conoscenza della religione cristiana e delle idee politiche riconducibili all’ex presidente Laurent Gbabo”.

5.- Il terzo motivo di ricorso non può essere accolto.

In punto di riconoscimento dello status di rifugiato, la Corte territoriale ha, tra l’altro, rilevato che il richiedente “non ha riferito di specifici atti di persecuzione” nei suoi propri confronti. Pur contestando la correttezza di tale affermazione, il motivo non risulta in realtà precisare in qualche modo quest’aspetto, che è in sè stesso dirimente, neppure indicando che tipo e grado di rischio persecutorio potenziale abbia in concreto corso il ricorrente.

Riportando il testo dell’atto di appello, il motivo si limita a segnalare che “quando nel paese sono iniziate esecuzioni extragiudiziali, uccisioni deliberate e arbitrarie, arresti per motivi politici e religiosi, torture, fondati su valutazioni sommarie e prive di un riscontro processuale equo, il richiedente asilo ha avuto paura…”.

6.- Tra loro intimamente collegati, e perciò suscettibili di esame unitario, il quarto e il quinto motivo non possono essere accolti.

In proposito va rilevato, prima di tutto, come non possa ritenersi corretta l’affermazione del ricorrente secondo cui la pronuncia impugnata non avrebbe motivato sulla presenza o assenza, nella fattispecie concreta, delle condizioni rispettivamente stabilite del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Nello svolgere la propria motivazione, la sentenza ha riscontrato la non credibilità della narrazione complessivamente svolta dal richiedente. Secondo il condivisibile orientamento della giurisprudenza di questa Corte, la valutazione di non credibilità della narrazione effettuata dal richiedente, compiuta dai giudizi di merito, costituisce “motivo sufficiente” per negare la protezione sussidiaria, che deve “poggiare su specifiche e plausibili ragioni di fatto, legate alla situazione concreta e individuale del richiedente”: la “riferibilità soggettiva e individuale del rischio di subire danno gravi rappresenta un elemento costitutivo della protezione sussidiaria dell’art. 14, ex lett. a) e b)” (cfr., tra le altre, Cass., 27 giugno 2018, n. 16925).

Quanto poi alla diversa ipotesi di cui dell’art. 14, lett. c) (diversa perchè per l’appunto assunta in una prospettiva focalizzata su una situazione “generalizzata” di indiscriminata violenza ovvero di conflitto armato), la sentenza ha specificamente riscontrato – sulla base di fonti circonstanziate e aggiornate (riferendo, in particolare, del report di Amnesty International 2015/2016) – come l’attuale situazione sociale e politica della Costa d’Avorio non sia sovrapponibile a quella delineata dalla norma in questione.

7.- Il sesto motivo di ricorso non può essere accolto.

Nel censurare la decisione della Corte di Potenza, che non ha riconosciuto il diritto del ricorrente alla protezione umanitaria, il motivo si esaurisce nell’assumere una prospettiva propriamente astratta del relativo istituto, senza venire a indicare una specifica situazione di vulnerabilità di cui sarebbe, nel concreto, afflitto il ricorrente.

8.- In conclusione, il ricorso va rigettato.

Essendo il ricorrente stato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, non vi è luogo all’applicazione del c.d. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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