I consorzi di urbanizzazione, quali aggregazioni di persone fisiche o giuridiche preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi, sono figure atipiche disciplinate principalmente dagli accordi tra le parti espressi nello statuto e, solo sussidiariamente, dalla normativa in tema di associazioni non riconosciute e di comunione.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4478-2018 proposto da:
IMA SRL, in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA MONTELEONE DI SPOLETO, 36, presso lo studio dell’avvocato EMILIANO CELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO GHEZZE;
– ricorrente –
contro
CONSORZIO PER GLI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI ED ARTIGIANALI LEVEGO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NICOLETTA STECCANELLA, MICHELE STECCANELLA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1999/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 18/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA ALDO ANGELO.
FATTO E DIRITTO
1.- La s.r.l. Ima (con la diversa denominazione di Ilesa) ha vocato avanti al Tribunale di Belluno il Consorzio per gli insediamenti produttivi e artigianali di Levego. Per quanto qui tuttora in interesse, l’attore ha chiesto l’accertamento dell’avvenuto scioglimento del consorzio alla data dell’1 gennaio 2000, con accertamento dell’inesistenza e/o nullità delle successive delibere consortili.
Con sentenza depositata il 29 dicembre 2011, il Tribunale ha rigettato le richieste attoree.
Rilevato che l’attore (socio del Consorzio dalla sua costituzione, avvenuta nel 1981) aveva chiesto l’accertamento dello scioglimento per scadenza del termine originariamente pattuito (31 dicembre 1999), il giudice ha ritenuto che “è ravvisabile una proroga tacita nel caso in cui, scaduto il termine iniziale, i consorziati continuino a svolgere le operazioni consortili” e che, perciò, il consorzio “era ancora esistente e operativo alla data del 19 febbraio 2003, quando venne deliberata dall’assemblea straordinaria la proroga della durata sino al 31 dicembre 2020”.
2.- Ima ha impugnato questa pronuncia avanti alla Corte di Appello di Venezia.
La Corte veneziana, con sentenza depositata 11 settembre 2017, ha rigettato l’appello (pure respingendo l’appello incidentale presentato dal Consorzio avverso la decisione del giudice di primo grado di compensare per intero le spese del relativo giudizio).
3.- Esclusa l’applicabilità della disciplina consortile alla figura del consorzio volontario di urbanizzazione, la Corte veneziana, richiamandosi alle decisioni n. 9568/2017 e n. 2877/2007 di questa Corte, ha affermato che, in tale fenomeno, “il richiamo alla volontà delle parti opera in deroga alla disciplina delle associazioni non riconosciute come criterio per individuare la soluzione più aderente alla volontà delle parti” e che “fonte primaria” della loro disciplina è, “specie per quel che riguarda l’ordinamento interno e l’amministrazione, l’accordo delle parti sancito nell’atto costitutivo”.
Fatta questa premessa, la sentenza ha proseguito rilevando che lo svolgimento di attività consortile dopo il dicembre 1999 e prima del febbraio 2003 non era stato contestato dall’appellante e che comunque era “dimostrato sia dai documenti prodotti, sia dalle risultanze delle prove testimoniali”. Per concludere, allora, che “appare chiaro che parte appellante travisa l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità”: “perchè trascura il richiamo alla disciplina delle associazioni non riconosciute che è alternativa a quella dell’art. 2611 c.c.” e “perchè, contraddittoriamente, privilegia una volontà remota a discapito di quella più recente e dinamica, tacitamente manifestata con la prosecuzione dell’attività oltre il termine del 31 dicembre 1999 ad opera degli organi del Consorzio” (pure segnalando, in proposito, la “maggior pertinenza dell’art. 2273 c.c.”).
4.- Avverso l’esposta decisione la s.r.l. Ima ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi.
Resiste, con controricorso, il Consorzio.
5.- Entrambe le parti hanno anche depositato memorie.
6.- I motivi di ricorso risultano intestati nei termini qui in appresso riportati.
Primo motivo: “art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo, con riferimento allo statuto del Consorzio, invocato dalla sentenza gravato quale fonte di diritto”.
Secondo motivo: “art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione di legge, art. 1362 c.c. – art. 1341 c.c.”.
7.- Ad avviso del ricorrente, la Corte veneziana ha omesso di “considerare lo statuto del Consorzio” ed è pure caduta in aperta contraddizione: essa, prima “assume che la fonte di diritto è lo statuto, ma poi, scorrettamente, lo ignora”.
Nei fatti, lo statuto del Consorzio contiene una norma atta a risolvere la questione: sotto la rubrica “modifiche del contratto”, l’art. 16 dispone che “le eventuali modifiche al presente contratto, la proroga della durata del Consorzio e il suo eventuale scioglimento prima della scadenza, dovranno essere deliberate dall’assemblea straordinaria dei soci e saranno iscritte nel registro delle imprese”.
“Quindi la proroga della durata” – così si prosegue – “è espressamente disciplinata dallo statuto e prevede una delibera dell’assemblea straordinaria. Non certo un comportamento degli organi del consorzio che hanno proseguito l’attività per loro iniziativa”.
La sentenza della Corte veneziana – si viene quindi a concludere – ha “omesso di considerare gli aspetti caratteristici e salienti del caso”: lo “statuto del Consorzio di Levego… non consente il ricorso all’istituto della proroga tacita, escludendolo per avere previsto la disciplina della proroga, rimessa alla decisione dell’assemblea”.
8.- A proposito della materia dei Consorzi di urbanizzazione, di cui fa pacificamente parte anche quello di Levego, la giurisprudenza di questa Corte è venuta a enucleare talune regole e principi che, per quanto qui in specifico interesse, possono compendiarsi nei termini che seguono (cfr., in specie, Cass., 13 aprile 2017, n. 9568; Cass., 14 maggio 2012, n. 7427; Cass., 1 giugno 2010, n. 13417).
Trattasi, dunque, di “figure atipiche”: strutturate in aggregazioni di soggetti e intese “alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi”. La circostanza che tale figura sia preordinata alla stipulazione di una convezione di lottizzazione con un ente pubblico “non comporta che siano assoggettati a disciplina pubblicistica i rapporti interni tra consorziati” e tra questi e il Consorzio. Sotto questi aspetti, il fenomeno “attiene”, quindi, a “interessi squisitamente privatistici”.
Da questi due profili cardine (atipicità della figura; carattere privatistico dei rapporti endoconsortili) la giurisprudenza di questa Corte ha fatto discendere il principio per cui “ai fini della ricostruzione della disciplina dei rapporti interni tra i consorziati” occorre fare riferimento prima di ogni altra cosa agli “accordi intervenuti tra le parti” ovvero alla “volontà manifestata dalle parti nello statuto” (nel rispetto, naturalmente, dei principi generali fissati dall’ordinamento in relazione ai punti volta a volta toccati).
Con l’ulteriore precisazione che “solo ove questa volontà statutaria non disponga” – ovvero, meglio, in relazione ai punti disciplinari non presi in considerazione dalla autonomia statutaria – viene a intervenire la “normativa delle associazioni non riconosciute o della comunione”. La normativa di legge (specifica alle figure appena citate) opera in via suppletiva, perciò, e con funzione propriamente sussidiaria; e a mezzo di un intervento orientato comunque in via sistematica, ma diretto, a seconda delle situazioni (di impronta più personale o invece reale), o verso la disciplina delle associazioni o invece verso quella della comunione.
9.- Ciò posto, va adesso osservato che la sentenza impugnata non ha in realtà mancato di prendere in considerazione la fonte statutaria che sta in capo al Consorzio in questione. La stessa indicazione sulla “volontà statica” del Consorzio sostanzia, in effetti, un richiamo diretto a tale atto di autonomia ovvero all’accordo a suo tempo intervenuto tra le parti.
Non può perciò ritenersi fondato il primo motivo che è stato formulato dal ricorrente.
10.- Fondato risulta, invece, il secondo motivo di ricorso.
Nel ricostruire la disciplina applicabile al Consorzio di Levego, la sentenza impugnata non ha infatti assegnato alla volontà statutaria il ruolo predominante che questa è per contro chiamata a svolgere (secondo quanto si è illustrato nel precedente n. 8).
Ritenendo di non potersi in ogni caso “trascurare” la disciplina delle associazioni non riconosciute, la sentenza ha invero assegnato a tale disciplina una funzione maggiore e qualitativamente diversa da quella solo sussidiaria che risponde all’orientamento di questa Corte.
Dando valore preminente alla “volontà più recente e dinamica, manifestata tacitamente”, poi, ha violato il principio della prevalenza della volontà dei consorziati così come espressa dallo statuto, nella sua stesura originaria ovvero in quella derivata da successive modifiche regolarmente assunte (oltre a dare, pur in presenza di specifica e diversa volontà statutaria, peso maggiore a una regola che discendere dalla disciplina scritta per le società di persone, quale per l’appunto è quella della proroga tacita dell’art. 2273 c.c.).
11.- In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, respinto il primo. Di conseguenza, va cassata la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di appello di Venezia, che regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Venezia che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 14 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019
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