LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5806-2018 proposto da:
SVILUPPO 07 SAS DI B.G. & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 20, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO AURICCHIO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCA JEANTET, GIANCARLO VIGNA;
– ricorrente –
contro
UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2721/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 20/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 27/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA.
FATTI DI CAUSA
Sviluppo 07 s.a.s. di B.G. & C convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Cuneo, UnipolSai S.p.a. (già Fondiaria S.p.a.). L’attrice dedusse di aver stipulato in data 9 aprile 2011 una polizza contro il furto con la convenuta, per assicurare, in caso di furto, merci e mobili vari contenuti nei propri locali, di aver subito un furto in data 7 giugno 2011 e di averlo inutilmente denunciato alla predetta compagnia di assicurazioni; chiese, pertanto, la condanna della convenuta al pagamento della somma di Euro 250.000,00, quale indennizzo corrispondente al valore delle bottiglie di champagne oggetto del già indicato furto.
La società assicuratrice si costituì ed eccepì l’improponibilità della domanda, stante la clausola compromissoria, e l’omissione, da parte dell’assicurata, delle formalità cui era tenuta in caso di sinistro; contestò che fosse stata data prova del dedotto furto e della presenza nei locali dei beni predetti e invocò, in ogni caso, la colpa grave per mancata adozione di idonee difese dei locali assicurati.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 500/15, pubblicata in data 2 settembre 2015, accolse la domanda, affermando che, avendo la società convenuta contestato la sottrazione della merce, era irrilevante che la clausola arbitrale prevedesse una perizia contrattuale per la determinazione del valore dei beni “in quanto non vi è discordanza sul quantum”; ritenne altresì il primo Giudice che il furto fosse stato denunciato prbntamente, che la società assicuratrice avesse stipulato la polizza, pur essendo consapevole di un precedente furto, e che l’adozione delle cautele avrebbe dovuto essere valutata al momento della stipulazione della polizza.
Avverso tale decisione UnipolSai Assicurazioni S.p.a. propose appello, del quale chiese il rigetto Sviluppo 07 s.a.s. di B.G. & C., la quale propose, a sua volta, appello incidentale, volto ad ottenere il pagamento delle spese di primo grado, avendo il Giudice rigettato la richiesta di correzione di errore materiale al riguardo.
La Corte di appello di Torino, con sentenza n. 2721/2017, pubblicata il 20/12/2017, accolse l’appello principale e, in totale riforma della sentenza impugnata, rigettò la domanda proposta da Sviluppo 07 s.a.s. di B.G. & C., dichiarò assorbito l’appello incidentale, condannò l’appellata alle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e dispose la trasmissione della sentenza di secondo grado e del verbale del giudizio di primo grado alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cuneo, essendo emersi indizi di reato di cui all’art. 372 c.p. a carico di Roberto Romanzi.
Avverso la sentenza della Corte di merito Sviluppo 07 s.a.s. di B.G. & C. ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi.
L’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.
La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.
2. Con il primo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., 651 e ss. c.p.p. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia ex art. 360, n. 5, c.p.c.”.
La ricorrente censura i capi della sentenza impugnata con cui la Corte di merito ha affermato la mancanza di prova relativamente al furto subito ed al valore della merce sottratta. Sostiene al riguardo che quella Corte avrebbe omesso di tener in considerazione l’esito del procedimento penale R.G.N. R. n. 11323/11 instaurato presso la Procura della Repubblica di Cuneo, a seguito di denuncia presentata dalla Sviluppo 07 s.a.s. di B.G. & C., in relazione al quale sarebbe stata emessa ordinanza di archiviazione, stante la mancanza di identificazione degli autori del furto. Rappresenta, inoltre, di aver “addotto in giudizio tutte le prove necessarie a dimostrare l’accaduto e il valore oggettivo della merce rubata, per mezzo delle fatture prodotte in copia conforme all’originale”; di aver “anche dato prova inconfutabile che detta merce fosse collocata in magazzino al momento del furto, ciò risultando dai registri Iva di acquisto e vendita merce e dai registri inventario di magazzino al 31 dicembre 2009, al 31 dicembre 2010 ed al 7 giugno 2011” e di aver depositato in atti alcune riproduzioni fotografiche da cui sarebbe possibile verificare lo stato dei luoghi a seguito del furto. Contesta un’asserzione del teste C.M. e sostiene che quanto asserito nella denuncia del furto avrebbe trovato piena conferma nella testimonianza resa dal teste Romanzi (veritiera, ad avviso della ricorrente, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito) e nelle foto prodotte. Lamenta che la Corte territoriale abbia dato rilevanza al precedente furto subito della medesima società ricorrente nel dicembre 2018, senza che sussistesse al riguardo alcuna contestazione da parte della società assicuratrice. Rappresenta che sarebbero tuttora pendenti i procedimenti penali a carico dei sigg. B., Bo., R. e G. per i reati di concorso in simulazione di reato, in truffa assicurativa continuata, in tentata estorsione aggravata e “calunnia di calunnia”, nonchè il procedimento a carico del R. volto ad accertare la falsità o meno della testimonianza resa da quest’ultimo in primo grado e deduce che Bi., Bo., R. e G. avrebbero presentato denuncia-querela per calunnia nei confronti del Dott. P., procuratore di UnipolSai.
Conclusivamente (v. ricorso p. 27-28), la ricorrente sostiene che la Corte di merito non avrebbe “analizzato, nel dettaglio, tutti i singoli fatti noti portati alla sua attenzione dalle parti del processo – in particolare il provvedimento di archiviazione emesso nel procedimento penale R.G.N. R. n. 11323/111 – e non (avrebbe) verificato, previa valutazione della portata unitaria di ciascuno di essi all’esito di una loro comparazione globale attraverso un giudizio di sintesi, se essi fossero tali da far ritenere provato il furto, limitandosi pertanto ad “imporre” la propria interpretazione dei fatti, del tutto avulsa all’effettivo svolgersi degli eventi”.
2.1. Il motivo all’esame è inammissibile.
Ed invero, in relazione a vizi veicolati con l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, va evidenziato che: 1) la denuncia della violazione delle norme di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c. ed all’art. 2697 c.c. non risulta articolata secondo i criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 10/06/2016, n. 11892; Cass., ord., 28/02/2018, n. 4699; Cass. 29/05/2018, n. 13395; Cass., ord., 23/10/2018, n. 26769; v. anche Cass., sez. un., 5/08/2016, in particolare n. 16598 particolare p. 4 della motivazione); 2) la violazione delle norme di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c. non risulta prospettata secondo i criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. un., 24/01/2018, n. 1785, in particolare p. 4 della motivazione); 3) il motivo non contiene alcuna specifica denuncia del paradigma di cui all’art. 112 c.p.c., pur se tale ultima norma risulta indicata nella rubrica del mezzo all’esame; 4) neppure è prospettabile, nella specie, la dedotta violazione dell’art. 651 c.p.p., atteso che la ricorrente al riguardo fa riferimento ad un’ordinanza di archiviazione e non ad una sentenza penale di condanna.
Quanto ai lamentati vizi motivazionali, gli stessi sono stati veicolati secondo lo schema dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua formulazione previgente, inapplicabile nella specie, ratione temporis, e neppure risultano illustrati in conformità di quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimità (V. Cass., sez. un., 7/04/2014, n. 8053; Cass., ord., 25/09/2018 n. 22598; v., inoltre, con riferimento al lamentato omesso esame, Cass., ord., 29/10/2018, n. 27415).
Si osserva che il motivo in scrutinio difetta pure, almeno in parte, di specificità, non essendo stato precisato se e quando alcuni dei documenti indicati in ricorso siano stati prodotti nel giudizio di merito.
Infine, si evidenzia che, con il mezzo in parola, si tende, in sostanza, ad una rivalutazione del merito, non consentita in questa sede.
3. Il secondo motivo, relativo a “le spese di lite” e con il quale si auspica la caducazione della statuizione delle spese della Corte di merito come effetto dell’accoglimento del ricorso, è inammissibile, facendosi con lo stesso riferimento non al regolamento delle spese disposto con la sentenza impugnata ma a quello, in ipotesi, conseguente all’esito sperato della lite.
4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
5. Non vi è luogo a provvedere per le spese del presente giudizio di legittimità nei confronti dell’intimata, non avendo la stessa svolto attività difensiva in questa sede.
5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 27 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019
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