LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29104/2014 proposto da:
Livingston S.p.a. in Amministrazione Straordinaria, in persona del commissario straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via XX Settembre n. 98/G, presso lo studio dell’avvocato Guidi Buffarini Guido, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Eni S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Emilio De Cavalieri n. 10, presso lo studio dell’avvocato Cardia Marco, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1530/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/01/2019 dal cons. Dott. FEDERICO GUIDO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI ANNA MARIA che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 17 aprile 2014 la Corte d’Appello di Milano, confermando la sentenza emessa dal Tribunale di Busto Arsizio, ha rigettato la domanda revocatoria proposta da Livingston spa in amministrazione straordinaria nei confronti di ENI spa avente ad oggetto pagamenti effettuati in favore della convenuta per l’importo di 9.654.373,64 Euro, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria.
La Corte territoriale, premesso che l’appellante si era in sostanza limitato a riproporre le tesi puntualmente esaminate e disattese dal Tribunale, rilevava che, come già argomentato dal giudice di prime cure, era agevole verificare che nel semestre che aveva preceduto l’apertura della procedura non si evidenziavano anomalie particolari nei pagamenti;
in generale, il rapporto intercorso tra le parti, di durata pluriennale, era rimasto sempre, fin dalla sua costituzione, con le medesime caratteristiche qualificanti, senza alcuna significativa differenza tra il periodo sospetto e quelli precedenti: si trattava cioè di un rapporto connotato da una costante propensione a ritardare (talvolta anche di pochi giorni) i pagamenti alla fine eseguiti nonchè da una altrettanto costante pressione al fine di vincere la resistenza solutoria dell’acquirente.
Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso la procedura con quattro motivi.
Resiste con controricorso ENI spa.
Il P.G. Nella persona della Dott. Anna Maria Soldi ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso, svolto per violazione di legge, denuncia il fatto che la Corte territoriale non abbia adeguatamente valutato le risultanze probatorie, il cui esame gli avrebbe consentito di escludere l’operatività dell’esenzione di cui all’art. 67, lett. a) L. Fall..
La ricorrente, in particolare, rileva che la debitrice non aveva quasi mai rispettato le modalità di pagamento contrattualmente previste per la somministrazione di carburante ed inoltre che numerosi pagamenti presentavano causali di versamento non conformi a quanto indicato in precedenza ed ai termini contrattuali.
Il motivo è inammissibile per diversi profili: premesso che non viene censurato il difetto di specificità dell’impugnazione avverso la sentenza di primo grado affermata dalla sentenza della Corte territoriale, il motivo non coglie la ratio della sentenza impugnata e tende a sollecitare un sindacato sulla valutazione delle risultanze istruttorie da parte del giudice di merito, inammissibile nel presente giudizio.
La Corte territoriale ha infatti affermato la configurabilità dell’esenzione di cui alla L. Fall., art. 67, comma 2, lett. a) rilevando l’assenza di modifiche nelle modalità di pagamento concretamente eseguite dal vettore aereo: secondo la valutazione della Corte, le concrete modalità di esecuzione delle rispettive prestazioni ed in generale l’andamento del rapporto intercorso tra le parti era rimasto sostanzialmente invariato, indipendentemente dalle formae; pattuizioni negoziali; era stata infatti accertata la costante presenza di pagamenti in ritardo da parte del vettore durante tutto l’andamento del rapporto e l’assenza di modifiche nelle modalità di pagamento.
Tale ratio non risulta specificamente censurata dalla ricorrente, la quale sottolinea la difformità tra modalità di pagamento e pattuizioni contrattuali, elemento che la sentenza impugnata ha ritenuto non rilevante ai fini della configurabilità dell’esenzione di cui alla L. Fall., art. 67, comma 2, lett. a).
Tale statuizione è conforme a diritto.
Ed invero, premesso che, come questa Corte ha già affermato, il rinvio dell’art. 67, comma 3, lett. a), L. Fall. ai “termini d’uso”, ai fini dell’esenzione dalla revocatoria fallimentare per i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa, attiene alle modalità di pagamento proprie del rapporto tra le parti e non già alla prassi del settore economico di riferimento (Cass. n. 25162 del 7/12/2016), deve ritenersi che l’esenzione in oggetto attenga non già al contenuto del contratto, ma all’ambito “fattuale” dell’andamento del rapporto e della esecuzione del negozio avuto riguardo alle concrete modalità di adempimento della prestazione, piuttosto che al contenuto delle clausole negoziali, dovendo attribuirsi rilevanza al “mutamento dei termini”, da intendersi come modifica delle modalità di pagamento invalse tra le parti.
Deve infatti ritenersi che seppure la fonte dell’uso vada ricercata in primo luogo nella convenzione, se gli accordi originari sono stati nella prassi contrattuale tacitamente modificati, come accertato nel caso di specie, debba farsi riferimento al concreto atteggiarsi dell’esecuzione del rapporto.
Di conseguenza, se il ritardo rispetto alla scadenza pattiziamente convenuta sia divenuto una consuetudine, senza determinare una specifica reazione della controparte, a parte l’intimazione di solleciti, tale prassi deve ritenersi prevalente rispetto al regolamento negoziale.
Poichè dunque, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a) occorre fare riferimento alla prassi, sia pure fondata sulla tolleranza, ciò che rileva è l’eventuale difformità dei tempi e dei modi dei pagamenti non già rispetto a quanto pattuito ma a quanto verificatosi in precedenza tra le parti.
Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale ha accertato che non vi era stato alcun apprezzabile mutamento nei termini e modalità di pagamento, rilevando come il rapporto tra le parti, di durata pluriennale, fosse sempre rimasto con le medesime caratteristiche qualificanti, connotato da una continua propensione della debitrice a ritardare i pagamenti.
La Corte territoriale in particolare ha accertato, sulla base del complessivo esame delle acquisizioni processuali, che l’obbligo di pre-pagamento settimanale non era mai stato rispettato dalla compagnia area, costantemente e regolarmente in ritardo nel saldo del dovuto ed ha altresì escluso, con adeguato apprezzamento di merito, la rilevanza del c.d. saldo sottobordo in quanto da un lato esso era stato esercitato in poche occasioni e dall’altro era stato esercitato per la prima volta già il 20/3/2009, con ciò emergendo la sua risalenza rispetto al periodo sospetto e l’impossibilità di ritenerlo indice della non usualità dei pagamenti oggetto di causa.
Tale accertamento non risulta adeguatamente censurato dal motivo di ricorso, che rileva la difformità dei pagamenti effettuati nel “periodo sospetto” dalle modalità e termini previsti contrattualmente, limitandosi a lamentare, in via del tutto generica, un’errata valutazione degli elementi istruttori in relazione alla dedotta anomalia dei pagamenti medesimi.
Il secondo motivo denuncia violazione della L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a) e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), nonchè dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), lamentando che la Corte territoriale abbia omesso di esaminare compiutamente tutte le evidenze documentali.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), deducendo l’errata od omessa valutazione delle prove da parte del giudice e la nullità del giudizio e della sentenza, lamentando che la decisione impugnata non abbia tenuto conto della documentazione prodotta dalle parti: in particolare, ad avviso del ricorrente non sarebbe possibile riscontrare in sentenza un preciso riferimento alla chiara valenza probatoria attribuibile ai documenti contabili relativi a ciascun bonifico ed alla diffida del 28 settembre 2010, dal cui contenuto era univocamente desumibile la conoscenza in capo ad ENI dello stato di insolvenza della Livingstone.
Il quarto motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, n. 5), lamentando che la Corte territoriale abbia effettuato una valutazione generale, soffermandosi soltanto su determinati aspetti ed individuando, in particolare, il fatto decisivo non esaminato nella mancata valutazione dei singoli pagamenti, per constatarne la loro non assimilabilità a quelli d’uso.
I motivi che, in quanto strettamente connessi, vanno unitariamente esaminati, sono inammissibili.
Premesso che neppure i motivi che precedono contestano il difetto di specificità dell’appello affermato dalla Corte ambrosiana, essi, nonostante l’indicazione di violazione di legge sostanziale e processuale enunciata in rubrica, tendono ad un sindacato di merito sulla valutazione degli elementi istruttori, effettuata in modo adeguato nella sentenza impugnata, inammissibile nel presente giudizio.
In particolare, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non osservare la regola contenuta nella norma, ovvero, che ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa al di fuori dei poteri officiosi riconosciutigli;
tale violazione non si può invece ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività connaturata allo stesso paradigma dell’art. 116 c.p.c., rubricato appunto alla “valutazione delle prove” (Cass. Ss. Uu. 19485/2017).
Considerato poi che la statuizione impugnata è pienamente confermativa della decisione di primo grado si rileva l’inammissibilità delle censure di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5), ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, applicabile ratione temporis al caso di specie, in quanto l’appello è stato introdotto successivamente all’11 settembre 2012.
Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio che liquida in 15.200,00 Euro di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre a rimborso forfettario per spese generali, in misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2019